Ddl Zan: il diavolo si nasconde nei dettagli e nelle parole
Una nuova ed esilarante campagna politically correct sta prendendo piede a gran velocità. La troviamo su siti e giornali. I paladini di tale battaglia sono i ‘buoni’, senza possibilità di appello alcuno. L’immagine in cui si identificano è quella di un palmo della mano aperto- a monito- su cui campeggia la scritta: “DDL ZAN”. I visi sono contriti e rassicuranti poiché rappresentano con orgoglio il policromatico coro del mondo dello spettacolo, di cui fanno parte a pieno titolo anche i politici della nuova era: attori e registi senza arte né parte.
Cosa sostengono questi ‘giusti-doc’?
La definitiva approvazione del disegno di legge Zan dal nome del deputato presentatore Alessandro Zan. Ala buonista del PD. A ben leggere non sembra una vera e propria legge, semmai un dittatoriale ammonimento ingentilito dalle apparenze, che impone come reato d’opinione, qualsiasi forma di pensiero non promulghi la fluidità di genere. Intendiamoci, tale aspetto: la punibilità di atti violenti contro persone che hanno relazioni con individui dello stesso sesso – già sanzionati dalla vigente legge italiana – non è qui neanche preso in considerazione, ed infatti non è questo l’oggetto centrale di questo disegno di legge. Il problema è semmai l’ambiguità con cui le parole sono ivi elaborate. Vi regna una genericità pericolosissima che parla di ‘prevenzione e contrasto alle discriminazioni’ che ripetiamo confluisce nel più generale reato d’opinione. Gli organi di potere possono plasmare tale aspetto in base al loro piacimento. E quindi c’è da chiedersi: nel tempo in cui la libertà di espressione pare essere messa a tacere ed il pensiero unico dilaga, si potrà affermare da individuo libero che la famiglia è composta da un padre e una madre o sarà discriminatorio?
La linea di demarcazione è sottilissima. Ed è qui che sta l’inganno. Se si reputa immorale che due uomini paghino una donna indigente per partorirgli un figlio, e crescerlo al suo posto, sarà reato? Se si dirà che quei soldi sarebbero spettati alla madre, dandogli così possibilità di allevare la sua creature e che quel gesto sarebbe stato l’unico atto d’amore possibile, sarà reato? E lo sarà affermare che l’egoismo di diventare padre e padre ha creato sofferenza? Il libero pensiero rispetto a certi argomenti sarà punibile per legge?
In una società dove i sacri termini Padre e Madre dovranno essere sostituiti con quelli spersonalizzanti di genitore 1 e genitore 2 non ci sarà più nulla di sano e naturale. Tali modifiche linguistiche apparentemente inclusive offendono tradizione e cultura. Sono i cardini, le colonne portanti di ogni gruppo umano che rispetti le leggi naturali. Ma come si sa, il diavolo si nasconde nei dettagli. E le parole sono macigni. Perché? Poiché sono le radici del pensiero; hanno la stessa qualità dei simboli. Su di loro si fondano le umane credenze. La lingua è per questo madre suprema. Allatta e cresce il pensiero da un seme: la parola. Solo dando nome alle cose e più misticamente ai nuovi nati che gli si conferisce realtà e potere d’essere rispetto alla realtà. Ciò che non è definito in tal senso, non è. Gli apolidi nel linguaggio, sono coloro che generano dalle loro menti robotiche la neo-lingua. La valigia errante dei neologismi è pronta per distruggere la tradizione. Per seppellire il senso delle cose. I miti o meglio le storie sacre insegnano. Nel caos nulla ha valore. Solo quando la chiarezza e l’ordine prendono forma grazie al Verbo, la luce penetra ed il cosmo appare in tutta la sua bellezza. Parrebbe discriminatorio verso i non credenti dire che è per il volere di Dio che solo un uomo ed una donna possono generare la vita? Probabilmente lo sarà.
Ed il nuovo linguaggio lo dimostra. Sulla scia di un entusiasmo emotivo progressista che rivela incompetenza antropologica e quindi sfocata visione del mondo, definirsi non binario, bi-qualcosa o trans- sostanziale…e chi più ne ha più ne metta, sarà sintomatico di una nuova fluida realtà transumana. Ma si sa, lo sradicamento, l’indefinito serve al potere. Dobbiamo diventare sfumature senza senso e senza sostanza. Apparizioni diàfane che non incidono sulla realtà. Una mente unico-inclusiva, incastrata in un computer centrale dove amebe mutanti corrono come criceti in gabbia, felici dello zuccherino avvelenato ed a mio parere offensivo che li libera della catena del genere per incastrarli nel nulla fluttuante. Tale scenario che già si sta delineando abbisogna di neologismi e nuovi riti.
Il Ddl Zan all’articolo 6 prevede giustappunto l’istituzione di una giornata di lotta contro l’omofobia la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Il 17 maggio di ogni anno, pubbliche amministrazioni e scuole, saranno chiamate ad organizzare eventi, cerimonie, dibattiti atti a promuovere l’inclusione ed il rispetto verso le discriminazioni di genere.
È proprio necessario inzozzare la mente dei bambini con i problemi ideologici degli adulti?
Poiché di ideologia si tratta e non dell’elargire diritti. Come verranno tutelati i più piccoli in questo bailamme? Lo scenario pare ridurli a soldatini da imbeccare cui verrà imposto di accettare l’ego autoreferenziale di adulti che gli imporranno giochi neutri e vestiti unisex… Il diavolo si nasconde nei dettagli. La strategia è chiara. In un paese allo sbando, dove i diritti primari sono pressoché annullati, l’anestetico è sempre pronto, ma non sarà dose unica, poiché quando si eradicano le radici, si corre bendati verso il vuoto.
Ed una frase, erroneamente attribuita a Maria Antonietta, regina consorte di Francia, pare riassumere la questione: “se non hanno più pane che mangino brioche”. Ebbene il popolo ha fame, quindi dategli una legge contro le discriminazioni di genere. Già c’è ma fa colore e li distrarrà dalla rivoluzione. Dategli bandiere arcobaleno e scorderanno di essere schiavi. Ma questa è solo una delle tappe del ‘Nuovo Mondo’ che ci attende poiché questo tempo è e sarà ricordato come ‘l’innominabile attuale’, titolo di un testo di Roberto Calasso che magistralmente scrive nell’incipit:
«La sensazione più precisa e più acuta, per chi vive in questo momento, è di non sapere dove ogni giorno sta mettendo i piedi. Il terreno è friabile, le linee si sdoppiano, i tessuti si sfilacciano, le prospettive oscillano. Allora si avverte con maggior evidenza che ci si trova nell’ «innominabile attuale».