Era un celeberrimo marchio discografico inglese finito in soffitta nel ‘67 assieme al grammofono a tromba stanco di gracchiare al Jack Russel Terrier musica e vocalizi di qua e di là dalla Manica. Oggi è avvenuto il contrario Nipper ha abbaiato dentro il padiglione del grammofono o, in linea coi tempi, dentro uno smartphone e il Decreto sostegni bis del “Governo ammucchio”, voilà è cambiato. La voce del padrone è quella di Confindustria, come rilevato dal politologo Marco Revelli, perciò dal 1° di luglio si licenzia! Aaah finalmente si licenzia! I datori di lavoro potranno spedire lettere di… buona fortuna ai propri dipendenti però solo se non ricorrono ancora alla CIG per COVID-19.
Il paletto invece è al 31 di ottobre per gli imprenditori che si avvalgoono del FIS (Fondo d’Integrazione Salariale), CIGD (Cassa Integrazione Guadagni in Deroga), FSBA (Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato), ciambelle gonfiate a tempo poi…pufff!
Resta infine la possibilità, per le aziende che lo rilevino necessario ricorrere alla Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO), senza esborso di addizionali , purché si impegnino a non licenziare le maestranze fino al 31 dicembre, poi a Capodanno potranno stappare lo spumante “Benservitp”.
L’Orlando addormentato l’aveva buttata giù la proroghina fino al 28 agosto, ma rien a faire il neoliberista Capo yes-euro l’ha stralciata riportando il termine al 30 giugno con gridolini di giubilo trasversale nella grande ammucchiata dove la sinistra è concentrata su ddl Zan, ius soli, aumento della tassa zecca di successione (l’usura sui morti), dimentica del vanto, tanto tempo fa, d’essere baluardo per i diritti dei lavoratori.
Riavvolgendo il nastro della cronaca politica in un Paese smemorato, chi non rammenta che l’allora ministro del Mef del Gov. giallorosso R. Gualtieri, ora sulla giostrina per acchiappare la farfalla Raggi, poco più d’un anno or sono ebbe a dichiarar pomposo: “nessuno perderà il proprio lavoro per colpa del coronavirus” in linea col suo grigio mèntore Conte: “Nessuno resterà indietro”(sic!), promesse di comparse catapultate sul Piave, ora nel giro circense del riciclaggio politico. Da febbraio 2020 a febbraio 2021 l’ISTAT ha certificato la perdita di 945.000 posti di lavoro, 1.300.000 dalla fine del ‘19, con tutto il blocco dei licenziamenti più i miliardi annunciati dall’azzeccagarbugli del popolo a sostegno di imprese e lavoratori.
Nel paese reale lievita la povertà centrifugando ai margini i più deboli e tagliando la torta in tre parti, ai ricchi la fetta grossa, grossa, ai protetti (pubblici dipendenti e pensionati) la sicurezza delle porzioni restanti, ai precipitati all’Inferno (Partite IVA, dipendenti con contratto a termine, dipendenti di aziende fallite, apprendisti, ecc…) le briciole di Lazzaro, una mancetta in tasca con una pacca sulle spalle.
Le voci dei disoccupati soffocate dalla coperta della disinformazione, studiata con rigore sovietico, si fanno sempre più flebili, il sole picchia si apre la stagione vacanziera, quel pigolio si fa sempre più tenue perché la dignità o quel che ne resta ha un costo, il silenzio, la fila per mangiare e l’orgoglio di sé cede al cascame di inutili speranze.
La ricerca d’un lavoro è affanno d’utopia quando età e/o formazione pregressa sono un Himalaya da scalare, chiodi e cordame gli inutili corsi di riconversione, le competenze archiviate, concorsi e colloqui un miraggio dentro un mercato turboliberista, “la mano invisibile” che riequilibra domanda e offerta è l’abito del re nudo di Andersen solo adulatori e stupidi ci credono in più l’Italia ormai + un Paese da un pezzo deindustrializzato.
Il 28 la trimurti è scesa in piazza, slogan datati, no ai licenziamenti, sicurezza sul posto di lavoro (muoiono in media tre lavoratori al giorno), vecchi tamburi rullati per vertenze sempre bollenti (Whirlpool, Alitalia, ecc…) ma ormai l’era Renzi ha spappolato il potere sindacale, il cuneo rivoluzionario di matrice socialista (penso a Filippo Corridoni o a Georges Sorel) si è spezzato proprio con i governi della sinistra dem-progressista. Restano ai lavoratori le buste paga dimezzate o le prossime lettere di licenziamento per altri 500.000 dipendenti (fonte Bankitalia) con zero prospettive di rioccupazione. A destra e sinistra converrebbe leggere la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta del barone J. M. Keynes edita nel 1936 quando l’Italia sposava, nei fatti, una politica di bilancio espansivo keynesiano per stimolare economia ed occupazione col settore pubblico, c’era lo Stato! Il drago ci proverà col decreto semplificazioni sugli appalti a far rigirare betoniere sbloccando le grandi opere, ci proverà ma attento ai grilli parlanti per tacitarli servirà una scarpata.