Pandemia e complottismo – l’occasione perduta
Un anno e qualcosa di più di pandemia, vera o presunta, un anno di restrizioni, di privazioni, la ruota della storia che si accelera di nuovo. Un’enorme possibilità ci si poneva davanti un anno fa, di fronte allo stravolgimento globale conseguente all’evento Covid. La possibilità di attaccare frontalmente la globalizzazione, conseguenza dialettica del capitalismo, come entità metasociale e metapolitica direttamente responsabile della pandemia, la possibilità di diffondere finalmente una critica edificante, alternativa, verso questo fenomeno antiumano e assolutamente innaturale. E invece, ancora una volta siamo rimasti al palo.
Un anno intero perso a cercare di capire se il virus fosse naturale o artificiale, e nella seconda ipotesi, se fosse stato lanciato dagli ebrei, dagli americani, dai cinesi o dai marziani. Un anno a barcamenarsi tra complotti di tutti i tipi; dal covid come arma di distrazione di massa per facilitare l’approvazione del MES, fino al microchip impiantato con la scusa del vaccino, passando per altre mille teorie.
La legge spietata del marketing ha conquistato già da tempo anche il mondo nazionalrivoluzionario, di fronte all’avanzare del nuovo “homo social”, sembrano contare più le condivisioni e i like che i contenuti, ci si lascia conquistare allora dal brivido dei followers, lasciando nel dimenticatoio visioni del mondo più alte ed altre, teorie, sistemi, analisi tecniche puntuali ed esaustive, con le quali avremmo dovuto smontare punto per punto questa nuova “grande menzogna” e la globalizzazione a seguito. Avremmo dovuto, ma abbiamo preferito rimanere nel ghetto del complottismo, neutralizzando le grandi menti di cui disponiamo, e incanalando le energie di un mondo politico tutto, verso il sentiero che porta a quella torre d’avorio tanto avversata, che da sempre è patria dei radical chic, di chi con le chiacchiere e le frivolezze ha costruito il telaio ideologico di questa debole visione del mondo che ci opprime.
Tuttavia, non è mai tardi per ritornare ai posti di combattimento. Di fronte alla riorganizzazione spietata dell’assetto globale, è nostro dovere fare Politica, con la P maiuscola. Poiché se è vero che l’economia, quella finanziaria ovviamente, dirige l’orchestra del riassestamento degli equilibri globali, è pur vero che nella variegata contrapposizione tra gli alti gruppi finanziari, ci sono fratture irreparabili, che porteranno appunto alla riorganizzazione della congiuntura internazionale. I segnali ci sono; dalle fluttuazioni tedesche in politica estera, alle prese di posizioni nei confronti della recente vicenda israelo-palestinese, sta a noi comprendere dove sta andando questo nostro mondo e offrire al popolo una risposta che sia politica!
Dobbiamo avere il coraggio di farlo, abbiamo le menti per farlo, dobbiamo creare lo strumento politico adeguato, che certamente non è più il partito, ma è qualcosa di diverso, che dobbiamo iniziare a costruire. Abbandoniamo gli strilloni del web, i falsi maestri e i mercanti prestati alla filosofia, non abbiamo bisogno di complotti per agire nei confronti della spietata realtà del capitalismo.