Strano ma nero

 

Strano ma nero

Una mia vecchia rubrica in una esperienza editoriale locale che ha fatto da apripista al progetto de “Il Pensiero Forte” si intitolava “Strano ma Nero” storpiando la celebre pagina di curiosità della settimana enigmistica.  Una raccolta di personaggi del mondo del cinema, della musica, dello sport e della cultura in qualche modo riconducibili alla galassia di “Destra”. Con quel materiale facemmo anche una mostra raggruppando più di 100 schede. Partendo da questa idea di fondo vorrei istigare il dubbio su alcuni temi oggi in primo piano nella narrazione “politicamente corretta”, femminismo, diritti delle donne, mondo “lgbt” ed ecologia.

Diritti delle donne: – Settembre 1919, il Vate Gabriele D’Annunzio, a capo dei suoi “Mille” dopo aver conquistato militarmente la città di Fiume in sfregio ai trattati internazionali che l’avevano concessa formalmente al regno di Serbi, Croati e Sloveni, promulga un documento che passerà alla storia come “la costituzione più bella del mondo”, la carta del Carnaro. La Carta del Carnaro prevedeva fra l’altro il suffragio universale maschile e femminile, la libertà di opinione, religione e orientamento sessuale, e la depenalizzazione dell’omosessualità e del nudismo. Prima di allora un parziale suffragio femminile era stato riconosciuto solo dalla Repubblica Corsa nel 1755, e dal Granducato di Toscana e Repubblica Romana nel 1849. Sviluppando l’essenza del socialismo radicale europeo, la carta dannunziana fa impallidire molti testi costituzionali vigenti, per l’apertura democratica e per l’avanzata spregiudicatezza di molti suoi assunti. Nella destra italiana postbellica, dove spiccavano figure di dirigenti maschili, si guardava alle ausiliarie della Rsi come illustri “antenate” del settore femminile del partito. Celebri le figure di Fede Arnaud Pocek (che comandava le ausiliarie della Decima) e di Piera Gatteschi, la ‘generalessa’ delle ragazze in grigioverde. A Trieste era attivissima Ida De Vecchi, che si adoperava per dare sepoltura ai soldati uccisi dai partigiani a Codevigo. Un’eroina era Maria Pasquinelli, la maestra istriana che aveva ucciso a colpi di pistola il generale inglese Robert De Winton il 10 febbraio del 1947, durante la cerimonia di passaggio dei poteri sul capoluogo istriano alle autorità jugoslave. Ma per una via di destra più articolata, al femminismo, bisognerà attendere il mensile Eowyn, che, ai diritti delle donne oppone una lettura tradizionalista della liberazione femminile: “il processo di emancipazione ha condotto la donna a non essere più sottomessa all’uomo, ma alle leggi di mercato”. Una delle battaglie della rivista fu quella per l’abolizione del settore femminile del partito, per consegnare le militanti alla politica a tutto campo (l’opposto delle tanto decantate quote rosa). Una missione realizzata con il Fronte della Gioventù che fu palestra per donne che poi faranno capolino nella destra di governo: da Isabella Rauti, a Flavia Perina da Viviana Beccalossi a Giorgia Meloni.

Mondo Lgbt: – L’ acronimo tanto caro ad Alessandro Zan fautore dell’omonimo DDL in italiano significa “Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender”, praticamente una codificazione Lombrosiana di esseri umani divisi per “Preferenze sessuali”. Il concetto di “omosessualità”, non sono né sconosciuti ne osteggiati da una cosiddetta  cultura di destra. La riscoperta della cultura greco Romana nell’accezione superomistica riscopre la pratica omosessuale degli imperatori romani almeno della dinastia giulio-claudia, Cesare era soprannominato dagli oppositori “Regina di Bitinia”, si conoscono relazioni “bisessuali” a Ottaviano, Tiberio, Caligola, Nerone, Domiziano, sino ad arrivare ad Adriano, che ha fatto assurgere un suo giovane amante Antinoo a divinità. L’italia Fascista era uno dei pochi paesi europei, dove di fatto non esistevano leggi “omofobe”. L’Ebreo tedesco naturalizzato Statunitense George Mosse nel suo “La nazionalizzazione delle masse” afferma che esiste una precisa continuità nel paradigma di bellezza e mascolinità che parte dal critico d’arte tedesco Johann Joachim Winckelmann per giungere ad Arno Breker, o all’architetto prediletto da Hitler, Albert Speer. Il corpo virile greco, diverrà immediatamente l’ideale normativo sbandierato dai nazionalismi europei. Per i primi tre decenni del ‘900 Berlino era stata una delle capitali mondiali della vita omosessuale, con 130 locali aperti. Le prime iniziative a tutela degli omosessuali hanno avuto origine proprio in terra tedesca, meta ideale per il giovane scrittore inglese Christopher Isherwood che nell’autobiografico “Addio a Berlino” del 1939 (da cui è stato tratto il film Cabaret), scrive che l’accettazione della propria sessualità fu determinante nella sua scelta di abbandonare la moralista Inghilterra e trasferirsi nella capitale tedesca. In Germania l’origine della cultura omosessuale viene individuata nei Wandervogel, movimento giovanile tedesco sorto nel 1896; tra i primi a indossare camicie brune, contrari all’urbanizzazione, si rifacevano all’idea medioevale del borgo, dedicandosi alla riproposizione dei miti e riti pagani, antimodernisti e antiborghesi.  Ispirati dall’antica Grecia, diffonderanno in tutta la Germania l’usanza del campeggio, del nudismo, della ginnastica e del culto del corpo; consigliavano anche di essere astemi e vegetariani. Durante la notte dei lunghi coltelli del 1934 una delle vittime fu Karl-Günther Heimsoth, medico, astrologo e politico tedesco, inventore del termine omofilia, (utilizzata nell’ambito del primo movimento omosessuale come sinonimo o indicatore di omosessualità). Con la definizione di “omofilo” ci si riferisce anche a un individuo che “accetta gli omosessuali”, in pratica l’opposto di “Omofobo”

Ecologia: – L’amore per la natura, dei paesi dell’Asse, non ha pari nella storia del ventesimo secolo, nota la tutela dell’ambiente nel paese dei Samurai, in Italia si parte dall’attivismo di Strapaese di Maccari, Longanesi e Malaparte, che già nel 1924 aspiravano alla riscoperta del “genius loci”, alle campagne per il rimboschimento da parte della G.I.L., sino alle prime vere e proprie raccolte differenziate, nelle grandi città italiane documentate dal “cinegiornale” del 1939 “Nulla si distrugge” (disponibile su youtube). Alla Germania Hitleriana si deve la prima vera legislazione sulla difesa degli animali. Il cancelliere Tedesco, il 24 novembre 1933 firmò la legge “Tierschutgesetz”, sulla protezione degli animali”. Il testo affronta tematiche ancor oggi sul tappeto. Nel paragrafo uno, si legge: «È proibito tormentare o maltrattare un animale (..)». Alla sezione due: «È proibito: trascurare un animale di cui si è proprietari, trattarlo o dargli una sistemazione che gli provochi dolore o danno; utilizzare un animale per mostre, film, spettacoli, o altri pubblici eventi, abbandonare un animale domestico per liberarsi di lui, nella sezione tre si proibisce la vivisezione.  Le pene per i seguenti reati variavano da una ammenda, a 2 anni di reclusione. Il 3 luglio 1934, la «Reichsjagdgesetz» legge sulla caccia, introdusse la licenza obbligatoria (previo esame), l’abolizione della caccia alla volpe e severe restrizioni annuali per l’esercizio venatorio. Il primo luglio 1935, fu varata la «Reichsnaturschutzgesetz», legge sulla protezione della natura, che imponeva vincoli a tutela del paesaggio. Lo storico dell’ambiente Michael E. Zimmerman specialista di Martin Heidegger definisce: “un governo totalitario che richiede che gli individui sacrifichino i loro interessi personali per il benestare e per la gloria della ‘terra (..) “Ecofascismo”.Nel dopoguerra principali divulgatori di questi temi sono stati Savitri Devi, di cui abbiamo già parlato in passato, importante sostenitrice dell’ecologia profonda, ed il movimento europeo della Nouvelle Droite, creato da Alain de Benoist   che combina il movimento ecologista con l’etnonazionalismo. Si può essere “Femministe” senza sfociare nella Misandria, “Omosessuali” senza aspirare all’etichettatura per decreto, o “ecologisti” senza credere alle fregnacce di Greta Thunberg. “Strano ma Nero”, anche in questi temi che oggi paiono esclusivo appannaggio della narrazione liberista, abbiamo fatto la storia, solo che nessuno a parte noi ve la racconta.

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