Lo stato che non c’è e i suoi seguaci

 

Lo stato che non c’è e i suoi seguaci

Mi piange il cuore a vedere le tristi condizioni in cui è ridotto il popolo italiano. Soprattutto i giovani sono quelli che mi preoccupano di più, sia per il loro esiguo numero che si va sempre più riducendo, di anno in anno, sia perché, venendo meno alla loro funzione, li vedo troppo acquiescenti alla volontà perversa di chi pare conduca la cosa pubblica.

Lo spettacolo di giovani liceali e maturandi che fanno la fila e si affollano per fare da cavie ad un siero, che tutti chiamano vaccino, è una cosa veramente deprimente. Vuol dire chiaramente iniettarsi un qualcosa i cui effetti, non essendo noti nella loro realtà, né in positivo, né in negativo, potrebbero danneggiare la loro efficienza futura.

Che la mancanza di una classe politica e di una classe dirigente non possa dare indicazioni a tutela soprattutto dei più giovani, è un dato di fatto, purtroppo, ma che i giovani non abbiano in sé stessi i germi per ribellarsi è troppo. Questo probabilmente è dettato dalla mancanza degli stimoli necessari a sviluppare il proprio senso critico o dalla suggestione che, bruciare le proprie esistenze nelle varie forme di “sballo” che la vita di oggi offre, sia quanto di più anticonformista si possa immaginare.

D’altra parte, con una scuola che non forma e non informa, con la famiglia che si è dissolta, con la chiesa cattolica che ha rinunciato al proprio ruolo educativo, chi sta trasferendo nei giovani valori e principi che ne possano diventare il perno per far loro affrontare la vita a viso aperto e con la schiena dritta? Quali sono gli esempi cui dovrebbero fare riferimento?

Gli esempi che la società offre sono veramente improponibili. Il denaro ed il profitto, in qualunque modo si siano ottenuti, sono l’unica misura del valore. Quelli che un tempo erano i riferimenti che ci facevano gioire o che ci rendevano felici oggi non contano più nulla. Calciatori e ballerine sono gli unici eroi dei tempi moderni: A noi hanno insegnato ad ammirare uomini come Enrico Toti ed a fremere con i sentimenti che emanavano dal libro Cuore nel nome di una parola che, purtroppo, non esprime più nulla, perché nessuno lo insegna più, grazie anche ai programmi ministeriali fatti da nemici e da venduti al nemico: la Patria.

Oggi, in questa società decadente insegnano a piangere per il povero nero ucciso negli USA da poliziotti bianchi, che poi nella maggior parte dei casi sono neri pure loro dimenticando volutamente che gli Italiani non sono mai stati razzisti. Ci stanno, piano piano, facendo convincere che siamo razzisti per costringerci a sentirci in colpa per cose che non appartengono alla nostra cultura e che non hanno mai fatto parte della nostra formazione. Oppure dobbiamo disperarci per gli ipotetici maltrattamenti che potrebbero subire alcuni per le proprie attitudini o pulsioni sessuali, vere o costruite ad arte, ma quasi sempre provocatoriamente esibite, dimenticando che il sesso di ognuno, oltre ad essere determinato in modo inequivocabile dalla natura, è quanto di più intimo e personale esista e non può, né deve, essere esibito, se non nella vita intima e privata di ognuno con la partecipazione e la consapevolezza di chi partecipa di propria volontà.

È una società che non dà più riferimenti ai giovani, non c’è il padre, non c’è la madre, non c’è l’uomo, non c’è la donna, non c’è la comunità, non c’è l’identità, non c’è il sacro, c’è solo il consumo e l’edonismo. Libero scambio sia di beni che di pseudo valori, profitto, denaro, consumo, uguaglianza, libera scelta del proprio sesso fra le decine di formule inventate sulla scia delle perversioni di ognuno, femminismo, sono le amenità inventate dalla società liquida di oggi, pensando che il continuo uso della parola libertà sia un indice di nuove libertà, chiudendoci invece in una morsa di falsità e confusione che è indice di schiavitù autentica.

Ci stanno chiudendo in una gabbia con sbarre molto robuste, dove ci illudono di essere liberi di scegliere il nostro sesso, ma non possiamo pensare diversamente, siamo liberi di girare il mondo – sempre a condizione di averne le possibilità economiche – ma trovando sempre un’uguale umanità e uguali costumi, siamo liberi di scegliere qualsiasi forma estetica ci piaccia, ma non possiamo né cercare il bello della diversità, né sentirci diversi.

Ecco ai giovani stiamo offrendo, nel nome della cosiddetta uguaglianza, la disperazione di un mondo omogeneo e indifferenziato. Avranno la forza e gli stimoli per rifiutarlo? per ribellarsi?

Io spero di sì, sta a noi dar loro gli strumenti e i valori autentici.

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