Due giovani esistenze nel furore del conflitto…


 

Due giovani esistenze nel furore del conflitto…

15 giugno 2015. Ricorreva, dunque, una settimana fa, l’anniversario della morte di Rutilio Sermonti e con accenti commossi e coinvolti tanti giovani – e meno giovani, ma con immutato ardire e sentimento – l’hanno voluto ricordare con quanto ebbe sovente a narrarci e che lo si può ben considerare il suo monito e lascito ideale. Quel ‘Niemals!’ pronunciato a sfida contro il tempo e le circostanze avverse – era l’8 settembre del ’44 -, Il ricordo di quel giovanissimo Granadier, ferito mortalmente, durante lo scontro cruento con bande partigiane in Friuli, che egli aveva incontrato e che, levato il pugno rigato di sangue al cielo, quasi ne fosse muto testimone, aveva ripetuto quella promessa a non desistere mai di lottare per la vittoria che si traduce nell’eterna lotta del sangue contro l’oro.

‘Noi vinceremo, signor Tenente, è vero? Perché noi abbiamo ragione…’. E combattere è un destino a cui non si può non ci si deve sottrarre. ‘Niemals!’, appunto.                                                                                       

Un altro giovane, di anni diciotto, il romano Franco Aschieri (suo padre era un noto architetto fra le due guerre. Sua la realizzazione del pastificio Pantanella nei pressi di Porta Maggiore o le abitazioni popolari della Garbatella) scrive alla madre alla vigilia della fucilazione, che avverrà nella cava di pozzolana a Sant’Angelo in Formis, e con lui altri camerati dei Servizi Speciali, sabotatori della RSI oltre le linee, catturati dagli alleati e condannati a morte. Della loro esecuzione ne vedemmo il filmato, tratto dagli archivi americani e trasmesso in televisione molti anni dopo.                                         

Egli conclude la sua lettera (tanto struggente e ricca di raccoglimento spirituale che, in qualche modo, ci appare rasserenante. E – lasciatemelo scrivere – da professore in pensione e forse da vecchio rancoroso e brontolone verso i difetti delle generazioni di questo presente grigio e vile): ‘Io cado ucciso in questa immensa battaglia per la salvezza dello spirito e della civiltà, ma so che altri continueranno la lotta per la vittoria che la Giustizia non può assegnare che a noi’. Un tedesco e un italiano, due giovani camerati così raccolti e partecipi d’un comune destino, mostrando fierezza e sacrificio che rendono in loro l’Onore valore vivo e svincolato d’ogni facile retorica ed inganno e li elevano ben oltre il tritacarne della storia e, a maggior ragione, ogni pretesa di fornirci un giudizio – pietra tombale – ad opera degli storici. (So bene che non è sufficiente a demolire l’impalcatura voluta da Renzo De Felice a distinguere il Fascismo dal suo erroneo alleato germanico. Lo so bene, ma mi piace, convinto del contrario, accendere un minuscolo fiammifero – una fiammella che sappia covare nella cenere – contro gli epigoni, sovente ‘indecenti e servili’, che simili a nani si ergono sulle sue spalle nella pretesa di guardare più lontano).

 

 

Torna in alto