Hemingway-Pound


 

Hemingway-Pound

Domenica 2 luglio 1961 Ernest Hemingway, copiando papà Clarence, tagliò il nastro della vita sparandosi un colpo di fucile in bocca “il corpo era consunto e vecchio e le illusioni disperse”, alcool, depressione, elettroshoc (fu la terapia anche per G. Terragni) la morte gli parve semplice a portata di grilletto da accanito cacciatore qual’era.

Del Papa di quella generazione perduta di anglo-americani nella Parigi del primo dopoguerra (definizione di Gertrude Stein) s’è scritto e detto di tutto, superfluo aggiungere uno iota e poi rispettando la trilogia del buon scrittore bisogna parlare solo  di ciò che si conosce a fondo.

C’è un filo di baco però che ci incuriosisce, quello che avvolse il giornalista-scrittore di Oak Park all’immenso poeta dei Pisan Cantos, filo strappato, secondo vulgata, con l’adesione militante di Pound al fascismo, eppure ci fu amicizia fraterna tra i due già sull’ordito de la Paris champagne, musa e intruglio di artisti, letterati. stilisti inebriati dal profumo libertario delle avanguardie e dall’odore dell’oppio.

Il fresco corrispondente in Europa del “Toronto Star”, da poco sposo con la rossa canadese Hadley, si trasferì a Parigi nel dicembre del ‘21,ventiduenne ribaldo (era del 1899) in cerca di editori, con lettera di presentazione dell’amico scrittore Scherwood alla loro connazionale Gertrude Stein, per arrivare, tramite lei, a J. Joyce e soprattutto ad Ezra Pound. Incontro vitale per la sua carriera di aspirante romanziere “io gli insegnai a tirare di pugilato, e Pound a me ciò che si doveva e non si doveva scrivere” dirà a commento di quelle frequentazioni col poeta Ez in veste di suo nume tutelare e grande mecenate.

Al primo incontro Hemingway storse un po’ il naso, quel Pound, di 14 anni più anziano, gli parve un bluff salvo scoprirne poi tutto lo spessore di eccelso letterato “ la sua scrittura era così perfetta, ed era così sincero nei suoi errori così innamorato dei suoi errori, e così gentile con le persone che ho sempre pensato a lui come a una sorte di santo”. Si instaurò così un fitto rapporto tra maestro e allievo nei café de Saint Germain de Prés, nei bistrot, ma soprattutto al n. 70 bis  di rue Notre-Dame de Champs dove alloggiava il poeta, rigoroso correttore degli scritti di Ernest. Ebbene sì c’era del talento in quel giovane giornalista del Toronto Star, (“Hemingway non mi ha deluso”) così decise di aiutarlo, come con Joyce, Eliot, Scherwood, e gli altri anglo-americani “in cerca d’autore” o meglio d’ editore, tutti squattrinati, un po’ sbronzi, ma felici sulla rive gauche a Montparnasse.

Quegli anni folli parigini regaleranno ad Hemingway i primi allori della sua carriera di scrittore, avendo accanto come maestro proprio Ezra Pound, nel ‘23 esce Three stories and ten poems suo primogenito letterario e prese a buttar giù  Fiesta pubblicato poi  nel ‘24. Proprio nel ‘23 i due amici americani avevano lasciato la Ville lumiére per darsi, con le mogli, ad un Grand Tour in Italia, tappa finale per Ez fu Rapallo, breve vacanza per Ernest nel Tigullio all’Hotel Riviera dove scrisse un racconto Cat in the rain (gatto sotto la pioggia).

La salda amicizia e soprattutto stima letteraria tra Pound ed Hemingway, attenzione, non ebbe mai fine pur nella forte divaricazione delle scelte politiche  dei due, il poeta dei Cantos abbracciò il fascismo, le ragioni del secondo conflitto mondiale e la Repubblica sociale fino a pagar carissimo fio con l’internamento nel manicomio di St Elisabeths, commutazione alla pena di  morte. Hemingway ( che da giovane giornalista prese una “cotta” per Mussolini) scelse di schierarsi sia come corrispondente che con le armi a  fianco degli Alleati, capitanò una brigata partigiana francese entrando a Parigi prima del gen. Leclerc in quel 25 agosto 1944.

Proprio a Parigi nell’estate del ‘33 avvenne l’ultimo incontro tra Ez ed Ernest a casa del comune amico James Joyce, contatto tra due biglie oramai schizzate via, Pound aveva ottenuto un colloquio privato col cavaliere Benito Mussolini, donandogli i Cantos sino allora composti ma soprattutto chiedendo al Duce di combattere il satana dell’usura che strangolava il lavoro dell’uomo traendone indebito profitto. Hemingway al contrario aveva aspramente condannato la scelta del maestro, in fondo a ben guardare lui era un anarchico stirneriano, sprezzava il potere politico amava il successo con le sue cornici dorate e quella virilità, tutta americana, dello sport, boxe, pesca, caccia coltivati fin da bambino.

Cinque anni dopo, Ernest scriveva in una lettera indirizzata al drammaturgo Arcibald McLeish: “Ezra è diventato pazzo.[…] Merita la punizione e  la disgrazia. Ma ciò che davvero merita è essere ridicolizzato. Non dovrebbe essere impiccato e non deve diventare un martire. Ma infine ammette: Resta uno dei più grandi poeti viventi e ha dato una mano per molto tempo a molti artisti” (compreso lui).

Dodici anni di prigionia per Pound nel dopoguerra, mentre Hemingway, nella sua Cuba, si godeva fama e gloria tanto da essere insignito, nel ‘54, del Premio Nobel, ma non firmò una petizione di intellettuali perché al poeta fosse concessa l’amnistia né si premurò mai di fargli visita al manicomio criminale di St. Elisabeths, invero gli scrisse per complimentarsi per i Pisan Cantos  e nell’imminenza della  sua liberazione gli accreditò 1.500 $ che Pound rifiutò di incassare.

Quell’allievo,

anche nello stile, era assai lontano dal suo Maestro.

Torna in alto