L’Italia che ci piace

 

L’Italia che ci piace

L’Italia che ci piace è quella genuina, verace. Quella che si accalora, quella che si fa travolgere dalla passione. L’Italia che nei momenti di esaltazione riesce a tirare fuori quello che pensa veramente, tutto il suo rancore represso verso i finti amici che, quando siamo depressi per la nostra drammatica situazione, ci danno un’ipocrita pacca di incoraggiamento sulla schiena e quando invece tiriamo fuori il nostro orgoglio nazionale, si inventano scuse penose per cercare di deprimerci.

E’ un’idea d’Italia che abbiamo visto solo in questi mesi estivi; grazie allo sport, certo, ma anche in queste situazioni, che potrebbero sembrare effimere, vedere sventolare il tricolore a Milano, come a Roma e Napoli, ci piace; vuol dire che al fondo di ognuno di noi c’è un latente desiderio di riscatto, di rivincita; c’è la volontà di riconoscerci in simboli e riferimenti comuni.

Ma non è stato solo per la vittoria degli europei di calcio. È stato anche per le vittorie olimpiche, tutte vittorie e posizioni di prestigio. Anzi la vittoria dei cento metri piani, ha addirittura fatto saltare i nervi ai nuovi barbari, gli anglosassoni, che hanno provato a farne una questione politica accusando in modo vergognoso di utilizzo di sostanze vietate. Ovviamente questo sulla stampa USA e inglese, senza nessun riscontro obiettivo. L’Italia tutta ha fatto blocco a difesa dei suoi atleti e questo mi è piaciuto moltissimo, perché ho rivisto un’unità di passione autentica, di legame ai nostri simboli nazionali, da nord a sud, da destra a sinistra tutti uniti senza distinzioni e senza lacerazioni.

Ma non è stato solo lo sport a creare questa unità, abbiamo visto, sempre in questi mesi estivi, un’altra unità delle piazze per protestare contro l’istituzione del “criminale” e liberticida “lasciapassare verde” che i traditori d’Italia chiamano, sempre con la lingua dei barbari che ci occupano, “green pass”.

Dal nord al sud d’Italia oltre 100 piazze si sono riempite spontaneamente di persone delle più diverse provenienze politiche per dire no a questa ulteriore manovra di controllo sociale che nulla ha a che vedere con il controllo e contrasto dell’epidemia da Covid. Infatti serve solo a forzare, per inconfessabili motivi, quella che chiamano vaccinazione che non solo non garantisce l’immunizzazione ma neanche impedisce di contagiare gli altri.

E’ stato bello vedere l’abbraccio libero in piazza dei tifosi per l’Italia e dei combattenti per la libertà di tutti; è stato bello vedere tutta questa voglia di vivere ed essere uniti per conquistare un futuro a questa importante nazione che deve tornare libera. E’ un monito alla classe sedicente politica tutta che, se continua a soffiare sul fuoco per creare la nuova divisione tra fautori del vaccino, che vaccino non è, e la nuova categoria, creata dai media di regime, dei no-vax, dimostra, non solo di non amare l’Italia, ma soprattutto di essere al servizio di chi vuole tenere l’Italia sotto un tallone di servaggio e schiavitù: ovvero di essere dei traditori.

Tutte quelle piazze allegre, festose, nonostante la drammaticità del momento, dimostrano che l’Italia vuole tornare a vivere, a lavorare, a lottare per diventare nuovamente protagonista della propria vita e riassumere il ruolo che le compete nel contesto internazionale.

Dobbiamo cogliere da questi spunti spontanei la volontà ferrea di ricostruire un‘unità nazionale, rianimata da un’identità forte e duratura che recuperi tutte le fratture della nostra storia per sottrarre ai nemici ed alle potenze straniere, che ci stanno sfruttando e strumentalizzando da troppo tempo, la possibilità di utilizzare le nostre contraddizioni. Dobbiamo farlo assolutamente perché il mondo ha bisogno di noi, del nostro apporto di civiltà per battere i frutti della globalizzazione: la fame nel mondo, le guerre, lo sradicamento dei popoli, l’immigrazione selvaggia, la desertificazione, l’impoverimento massiccio, le nuove schiavitù…

E’ un dovere e l’Italia, quella che vuole tornare a lottare tutta insieme, è pronta anche in questo periodo di epidemia e seguendo le basilari norme di sicurezza. Gli altri, se non se la sentono, possono anche restare a casa, ma non possono pretendere di fermare tutti.

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