Nostalgia del Novecento


 

Nostalgia del Novecento

Se avessi il tempo e le energie – ho letto di recente come le aspirazioni e i ricordi appartengano alla storia dello spirito, tuttavia io aggiungo le aspirazioni presuppongono il futuro per vederle o contare di realizzarle e i ricordi la consapevolezza, minacciosa e ingrata, che dell’esistenza poco o nulla la sabbia della clessidra ha da centellinare -, scriverei ‘Inquieto Novecento – atto secondo ’ e darei certo voce ai tanti che, Rodolfo ed io, trascurammo, ma dovrei trattenere, in primo luogo, la voglia e l’ansia di raccontarmi. Così i miei lettori dovranno lagnarsi o gioire che non possiedo tempo ed energie e accontentarsi di queste brevi note che, ormai da qualche settimana, vado regalando sotto lo pseudonimo di ‘bastian contrario’. E, se vorranno ancora leggermi, potranno confrontarsi ognuno di loro, con il tanto o il poco del secolo trascorso che si portano addosso. ‘Pane e dinamite nella bisaccia’, come poetava l’amico Cesare Mazza. Nostalgia del Novecento. Al contempo, fedele alla traduzione che ne dà Heidegger e leggasi ‘il tornare a casa con dolore’ e a chi, non ho memoria dell’origine e di chi s’è fatto autore, l’intende ‘nostalgia del futuro’. A ben riflettere poi non si coglie né può esservi alcuna contrapposizione – allontaniamoci dalle atmosfere cupe e mortifere e edifichiamo, nei medesimi luoghi, con altro incanto e nuove mobilia -, tramite l’oggi e ieri e domani ci appartengono si vivificano si danno la mano. Qui sto ricadendo in tentazioni ‘filosofiche’ che non s’addicono a un professore ormai in pensione senza cane né panchina. Dopo la disfatta dell’Europa, andò svelandosi – simile a valanga a prendere furioso vorticare – il senso di colpa e la rimozione del passato in nome di un domani prima ideologico ed oggi di reiterata pandemia. Il Novecento fu e di tutti e per tutti e non a caso si delineò nelle trincee della Grande Guerra con il duplice volto del dominio della tecnica (si pensi, ad esempio, a Ernst Juenger) e rendere le masse in popolo e farle partecipi. Che si volgessero a Lenin prima e a Stalin dopo o, principiando, all’Italia dello squadrismo e delle camicie nere, conta nei distinguo di idee ed esito non nelle passioni e nei moti sinceri dell’animo ardente. ‘Fratelli (tutti) in camicia nera’, per dirla con Togliatti… Ecco un motivo ulteriore per amare le proprie radici, quelle che ‘non gelano mai’, e cioè rinnovare in tacito connubio, di fronte al proprio specchio interiore, un atto di fede e di fedeltà perché avemmo in sorte e a nostro vanto l’aver amato e, avendo sì tanto amato, ricevuto doni simili a diamanti celati nella roccia. E, se qualche sciocco e misero possa deriderci misurando con il metro del contingente vittoria o rovinio, il nostro motto rimane saldo e a sfida. Non lo ripeterò come non rinnoverò il lustro di essere in buona compagnia – Don Chisciotte e Cyrano e il Corsaro Nero, forse folli e disperati, ma tali da portare in cielo il proprio ‘pennacchio’… o, in virtù di atmosfere mediterranee, noi ci riserviamo un sonoro pernacchio.

 

 

Immagine: https://www.archivioluce.com

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