Cos’è rimasto dell’Eurasia – flussi di coscienza radekiani

 

Cos’è rimasto dell’Eurasia – flussi di coscienza radekiani

(Ovvero una non breve disamina sentimentale su quello che credevamo e che forse dovremmo credere ancora)

Dato che ogni idea ha bisogno di incarnazioni storiche per rendersi viva, quando la generazione degli anni ’90 si affacciò, attorno al 2008 / 2011, sulla scena politica, essa dovette trovare un’ente, un sistema di paesi, una porzione di mondo che, seppure imperfetta, rappresentasse plasticamente il contro-ordine che una cospicua parte di noi rossobruni (famose a capì) difendeva e desiderava.

Trovammo per noi già dissodata un’idea molto forte. Ci era stata preparata per cinquant’anni circa da una parte del pannazionalismo europeo di destra e dalla maggioranza della sinistra filosovietica. L’idea che ci era offerta è che una società autoritaria (o autenticamente democratica, come preferite), socialista/dirigista ed etica avesse bisogno per incarnarsi dell’integrazione tra Asia, Europa e mondo Mediorientale. Le geografie cambiavano e le geometrie variavano, ma le gambe sulle quali dovevano camminare le opposizioni al modello liberale americano erano ad Est, in Eurasia.

Siccome l’essere umano è per sua natura estetizzante abbiamo arricchito di questa convinzione (che ha molto fondamento razionale) di passioni visive. Steppe-Russia-eserciti-freddo-stendardi-mongoli-slavi-Terracontromare-palazzoni-ideogrammi-aquile bicipiti-spazio ecc tutto concorreva a creare quel tappeto di risonanze estetiche senza le quali una ideologia diventa solo una nota a margine del buonsenso.

Abbiamo già detto (o meglio, io ho speso detto, forse sbagliando) come il quinquennio 2016 – 2021 abbia stravolto questo e molte altre costellazioni. Tra cui, ovviamente, anche l’Eurasiatismo. Il quale, non a caso, è fortemente uscito di scena dai riferimenti ideologici.

Adesso siamo tornati alla situazione in cui ci trovavamo all’inizio. Siamo divisi in tribufilie diverse. I filoiraniani, i filorussi, i sinofiili, i panturchisti, ecc. Ciascuna di queste famiglie ovviamente guarda con una certa simpatia ad un progetto comune, ma nessuna che abbia in mente la saldatura di cui molto parevano convinti – e che, a mio avviso, continua ad aver senso.

Tramonti agrodolci sulle idee eurasiatiste. Una rapida macedonia. La Cina è sempre più forte ma col COVID ora fa parte del nuovo ordine mondiale. Xi Jinping riapre una fase fortemente dirigista: ci piace. La Russia si arma, non si quanto, Putin quanto dura, ha smesso di blandire noi europei perchè lo abbiamo tradito. L’OBOR langue, le giovani generazioni russo-cinesi forse tengono botta sull’occidentalizzazione, noi europei siamo a targhe alterne più imbecilli e meno scemi di quanto ci aspettiamo. Gli americani crollano sempre domani ma crollano sempre: una morte troppo lenta, sembra un video di una pianta che cresce al rallentatore.

Il modello di civiltà, che facciamo? Ci teniamo un futuro europeo, quest’Eurasia cosa deve essere? Sinizziamoci, slavizziamoci, islamizziamoci. Transitiamo all’Eurasia con le istituzioni, senza le istituzioni, nonostante le istituzioni. No, la Cina ci vuol male, i russi sono ammaliati, unica via Fortezza Europa con il Trimarium, l’Eurasia comincia a Berlino ma finisce a Danzica.

Controllo sociale o libertà? Confucio ci piace, con Machiavelli sta bene, ma Terra vuol dire Impero, mare vuol dire Corpi intermedi. Molti di noi hanno visto l’Eurasia negli occhi del Lockdown e si sono spaventati. Come spiegare che srotolare un discorso geopolitico è anche srotolare un discorso di riforma interna, che integrare le terre è integrare le società e che dove passano le merci passano anche gli habitus politici?

Cosa è rimasto dell’Eurasia? Riordinare le idee. Abbiamo avuto in consegna una grande idea dai nostri padri, coloro che tennero vivo il nazionalismo europeo, italiano, il socialismo e l’antiamericanismo in decenni forse più opprimenti. Ci serve una leva geografica. Anche le ideologie hanno bisogno di un Heartland, di uno Shangri-La.

Non dimentichiamoci cosa intuimmo: senza una finestrella ad Est finiamo scendiletto di altri. Urge recuperare una riflessione sana su cosa può ancora darci l’Eurasiatismo, dove lo vogliamo portare.

 

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