O.P.S. – Opposizione Parlamentare Simulata
Democrazia è un termine che appartiene ad un’infinità di declinazioni, per quante sono le epoche che si sono succedute da quando è divenuto di uso corrente, ancorché a sproposito, e per quante sono le lingue in cui è stato tradotto, ma nessuno all’atto si é mai preoccupato di stabilire se sotto una certa percentuale di votanti – quindi, di persone che partecipano passivamente al gioco fornendo, per l’appunto, col voto, il proprio sostegno ai giocatori – abbia ancora senso parlare di ‘democrazia’ e non sia, invece necessario fissare un limite al di sotto del quale le elezioni sono dichiarate nulle, e se, con l’assumere man mano dimensioni sempre maggiori, l’astensionismo di massa non debba essere considerato come un segno certo di degrado e di morte: della ‘democrazia’ in sé, quale forma di governo che si dice esercitata dal popolo (al di là, peraltro, del suo handicap più grave, che consiste nell’ammettere al voto anche gli idioti) o della ‘democrazia’ che attraversa un periodo di crisi sotto l’effetto di perturbazioni circostanziali, quali potrebbero essere – come nell’attualità italiana – la perdita di forza attrattiva da parte dei sindacati e dei partiti che occupano il Parlamento o l’ingerenza negli affari interni di entità del tutto indifferenti agli interessi nazionali, come quelle che hanno portato il banchiere Mario Draghi a Palazzo Chigi. In entrambi i casi dovrebbe aver luogo la procedura fallimentare, ma il cane che si morde la coda (il surrogato, per questioni così terrene e così italiane, dell’uroboro che ricorre in molte culture d’antan) é qui rappresentato dai partiti e dai sindacati che hanno deliberatamente rinunciato alla loro forza attrattiva per rinserrarsi, come monadi prive di porte e di finestre, nel loro comodo guscio, all’interno del quale i sussurri e le grida che provengono dall’esterno diventano echi sbiaditi. Non si saprebbe dire in quale misura tale ‘rinuncia’ sia dipesa dalla congiuntura internazionale (la fine della politica dei blocchi), che poi si sarebbe associata, nella prima metà degli anni ’90, alla liquidazione del nostro apparato industriale, alla perdita progressiva della sovranità nazionale appannaggio di una creatura improbabile come l’UE, allo smantellamento del sistema dei partiti demandato ai Torquemada di ‘Mani Pulite’. La simultaneità e la coralità del gesto compiuto da tutti gli attori dell’arco costituzionale’, che fu quello di sciogliersi, oppure di cambiar nome come per la vergogna di averne portato uno abbondantemente diffamato, oppure, ancora, di limitarsi a chiudere i boccaporti per scongiurare ogni menomo scambio con la base elettorale (cosa che avvenne con lo sgombero di tutte le sezioni sparse sul Territorio) fanno propendere per una via di mezzo, nel senso che l’ondata di piena dell’iperliberismo era ancora di là da venire, ma bastò che fosse annunciata da una serie di avvisaglie perché il sistema dei partiti sorto sulle ceneri della Prima Repubblica si ripiegasse su se stesso e trasformasse la competizione politica in un affare tra privati, il circolo del bridge contrapposto al circolo delle bocce, lasciando sostanzialmente il Paese, con tutta la sua straripante complessità, alla mercé di un venditore di tegami o di un usuraio bennato.
Il fatto che a votare nelle ultime amministrative siano andate tre persone, e un pezzo, su dieci, sta a significare che a causa del ‘tradimento’ dei partiti – e dei sindacati, che orbitano intorno ad essi – la maggioranza degli Italiani si è rifugiata nell’aspettativa messianica di un cambiamento che non può più avvenire con le modalità consentite dal vigente ordinamento ‘democratico’, anche se al mainstream conviene insistere sul sospetto che si tratti di una forma epidemica di apatia, ma ciò può voler dire che quei tre che si sono presentati ai seggi appartengono alla robusta clientela della compagine che ha vinto, ossia dell’unico partito – il PD – che, a dispetto della mutazione avvenuta intorno al ’90, ha ereditato dai predecessori le speciali caratteristiche del ‘sistema’: posti di comando nella pubblica amministrazione; amici e amici intimi tra i magistrati; informazione e formazione sotto controllo; una larga schiera di autori e di giornalisti che distorcono ogni tipo di realtà (anche quella storica) quando non se ne inventano un’altra erigendo intorno ai cittadini il set del ‘Truman Show’ ; la milizia dei ‘centri sociali’ tenuta di riserva per essere utilizzata all’occorrenza contro i ‘fascisti’ che lo disturbano. Insomma, una macchina collaudata per raccogliere voti più ancora che per procurarsi il consenso. A fronte della quale l’Opposizione parlamentare – incerta se apparire ‘moderata’ (i moderati normalmente fanno fiasco anche a letto) o ‘molto moderata’, finisce per agitarsi in modo scomposto rimanendo soffocata dalle sue stesse contraddizioni.
Non potrebbe essere altrimenti se, 1) nel tentativo di smarcarsi dagli aggressori della CGIL (il primo degli enti inutili, per come l’hanno ridotta i mandarini di Corso Italia) e di unirsi al lamento delle prefiche per il sanguinoso oltraggio subito dal Ghetto nell’ ottobre del ’43, al solo scopo di farsi accettare e omologare fantozzianamente dai garanti del mainstream, alcuni esponenti di tale Opposizione (per ora, solo simulata) vanno ben oltre la denuncia dei peccati e delle omissioni – innegabili – del Ventennio, sorpassando a sinistra quelli del Governo che ‘leggono’ la Storia con l’occhio di vetro della propaganda, oppure non la leggono affatto: quindi, non il Male Assoluto di finiana memoria, ma molto, molto di più, non c’è paragone.
E’ fatale, inoltre, se, 2) contemporaneamente all’atto di schierare Soldatino, il ronzino (detto Michetti) ai nastri di partenza delle amministrative di Roma – molto presumibilmente per perderle – uno dei capi dell’Opposizione Parlamentare Simulata (l’OPS) inserisca nelle liste il nome di una pronipote di Varenne (alias, Rachele Mussolini) commettendo con una mossa sola il duplice errore di richiamare su di sé l’ombra del nostalgismo (ancorché la Mussolini abbia fatto presa sui ‘nostalgici’ del fascismo prendendo una caterva di voti) e quello, addirittura più grave, di aver puntato tutte le fiches (non è la prima volta) sull’eventualità che i geni si siano trasmessi automaticamente da padre in figlio, e dal figlio al nipote, quando ciò non succede neppure con i cavalli: sempre che sullo sfondo delle apparenze non si celi un disegno luciferino, che è quello, ispirato dall’Aspen Institute, di mortificare la tragedia (nella sua versione aristotelica) riproponendola sotto forma di farsa.
Per quanto intenso, insomma, sia lo sforzo profuso dai Fratelli e dai Cugini d’Italia per assomigliare a coloro ai quali dicono di volersi opporre, una cosa li distingue aprendo tra gli uni e gli altri un vallo incolmabile, ed é la tendenza da parte del mainstream a valorizzare gli imbecilli quasi di più di quanto facciano con le persone dotate di intelligenza (vedi, Cacciari, ad esempio), catapultandoli sugli schermi televisivi perché, legittimati dal mezzo che li trasforma in tanti piccoli Goebbels o in tanti piccoli Beria, riescano nell’impresa di convincere il grosso pubblico a smettere di pensare: e questo senza rinunciare all’apporto delle truppe corazzate, che agiscono sui fianchi, inondando tutta l’estensione dello scibile di verità, il più delle volte farlocche, come i Rolex che si vendono e si comprano sull’autostrada.
Di contro, dalle parti dell’O.P.S. (ripeto per gli smemorati e per i distratti: Opposizione Parlamentare Simulata), arrivano inutilmente le richieste d’aiuto dei ricercatori che si sono insozzati per anni della polvere degli archivi smascherando – documenti alla mano – gli inganni del mainstream, ma sono perciò condannati a crearsi un riparo sotto i cartoni; il grido di dolore dei cantanti che per le loro creazioni sono stati strappati da sotto le luci della ribalta e costretti ad esibirsi nelle feste delle pro-loco, ma col repertorio di un altro; le imprecazioni di tutti coloro che da soli non ce la fanno.
Ma l’underground – tutta questa gente che si rifiuta di sfociare nel mare magnun del NWO, con l’aggravante di dovervici arrivare facendo il giro più lungo, anse e controanse, come certi fiumi dell’Amazzonia – ai maggiorenti dell’O.P.S. fa letteralmente schifo. Poi ci si meraviglia che il PD stia sempre lì.
Immagine: https://www.libertaegiustizia.it/