Swedish death decluttering

 

Swedish death decluttering

1975, venti anni prima di venere ucciso e sepolto sotto il pavimento della sua abitazione in ristrutturazione a Washington, Al Adamson, regista che si contendeva con Ed Wood il titolo di “Peggior Regista di tutti i Tempi”, abbandonando per una volta i B movie horror e/o fantascientifici (fra i tanti: Il castello di Dracula del 1969, 7 per l’infinito contro i mostri spaziali del 1970 e Cinderella 2000 del 1977,) si cimenta con il genere di punta figlio del 68 e della liberazione sessuale, il genere erotico. Esce così nelle sale di tutto il mondo “The Naughty Stewardesses”, In Italia distribuito con il titolo “Attenti… arrivano le svedesi”. Il film come moltissimi altri di quel decennio e successivi, mostra ad una Italia ancora bigotta, legata ai diktat vaticani la totale libertà di costume delle ragazze Svedesi e scandinave in generale.

Nell’immaginario collettivo la Svezia rappresenta il paradiso terrestre con un alto tasso di natalità, ed uno stato dalla parte dei cittadini. Alla nascita di un figlio, i genitori hanno diritto a 480 giorni pagati per poter stare a casa con i figli. Qualsiasi luogo pubblico è munito di spazi gioco, locali per il cambio e accesso con carrozzine. In più, esiste la bellissima realtà della “öppna förskola”, ovvero “l’asilo aperto”, si tratta di migliaia di scuole sparse su tutto il territorio in cui i bambini da 0 a 6 anni possono andare, insieme ai genitori. La natura è presente anche nelle grandi città, splendidi parchi, laghi, foreste meravigliose. Ma appena si analizza l’istruzione vera e propria iniziamo a notare una totale disfunzionalità. L’apprendimento è fra i più bassi in Europa, in Svezia i bambini non si possono sgridare, alzare la voce a scuola o in famiglia, è considerato abuso, un bambino non può essere redarguito in nessun modo. Casi di bullismo in età scolare e prescolare sono all’ordine del giorno, perché per preservare la libertà e l’autonomia, i bulli non possono essere richiamati né puniti. I bambini più timidi e fragili subiscono ogni tipo di sopruso fra l’indifferenza del personale e delle famiglie, non ci sono insegnanti autoritari, (per fortuna) perché non è contemplato il concetto di autorità. Le conseguenze di questo ambiente arrivano anche a casa, dove i piccoli sperimentano comportamenti che hanno visto o vissuto a scuola. Per i genitori i bambini devono scoprire tutto, la parola d’ordine è: “lascia fare”. Una educazione ai minimi termini improntata sul concetto del SI e ignara dei concetti di NO, dei non devi.

In Svezia è molto importante lo spazio personale, ad ogni persona è riconosciuta una totale libertà di movimento, una totale privacy, salvo poi ritrovarsi da sola, coi propri problemi irrisolti di cui nessuno è a conoscenza. Da una statistica in Svezia il 60% della popolazione vive da sola, i figli sono spronati ad andarsene di casa molto presto, anche prima della maggiore età, i genitori pretendono le loro libertà e non si fanno problemi a dividersi e a separarsi per una loro nuova vita. La famiglia è considerata un fardello di cui liberarsi appena se ne hanno le possibilità. Con l’arrivo di milioni di stranieri, portatori di un forte senso di appartenenza, il paradiso svedese si sta trasformando in un inferno. Nel 2017, in Svezia si è registrato un numero record di sparatorie letali, 306. 45 persone sono state uccise e 135 sono rimaste ferite. E’ il paese europeo con il più alto numero di stupri, e tra i primi per casi di suicidio. Lo scrittore svedese Björn Ranelid in una recente intervista sull’ “Expressen” ha dichiarato: “La Svezia è in guerra e sono i politici a esserne i responsabili”, secondo lo scrittore originario di Malmo, questa ondata di violenza non avrebbe nulla a che fare con la politica, l’ideologia o la provenienza, ma nella totale mancanza di etica, e convivenza tra le persone. “Si chiama educazione, e migliaia di ragazze e ragazzi oggi ne sono sprovvisti nelle case svedesi”. 

Nel 1972, in un manifesto del partito socialdemocratico allora guidato dal primo ministro Olof Palme, veniva prefigurata la famiglia del futuro in un sistema socio-assistenziale organizzato il cui fine era dare a ciascuno una vita totalmente autonoma. Negli anni a seguire fu dunque perseguito tale obiettivo per rendere indipendente ogni individuo. “Lars Trägårdh, docente universitario di storia comparata, sosteneva che: “nei paesi poveri ci si preoccupa della famiglia, mentre nei paesi ricchi ci si può permettere di realizzare la propria persona.”

La “teoria svedese dell’amore” dice che ogni rapporto umano autentico, libero da condizionamenti materiali e psicologici, si deve basare sulla sostanziale indipendenza delle persone. Le coppie vivono prevalentemente senza obblighi relazionali, molte donne scelgono di vivere da single e tante ricorrono all’inseminazione artificiale, (con buona pace dei sogni erotici degli Italiani), facendosi inviare a domicilio da una banca del seme un kit contenente lo sperma di un anonimo donatore scelto su internet. Oltre la metà della popolazione svedese, come già visto vive da sola, ed un quarto, muore da sola. Molti anziani muoiono dimenticati da tutti, in anonime residenze in cui ognuno è chiuso nel suo piccolo alloggio in stile Ikea. Per le persone che muoiono senza che nessuno se ne accorga e di cui nessuno si preoccupa, esiste un’apposita agenzia governativa che investiga sulle circostanze e cerca i parenti prossimi, ma, a volte, risulta difficile contattarli o impossibile rintracciarli, a meno non vi sia un’eredità da spartire.

Zygmunt Bauman, riflettendo sulle contraddizioni di un sistema ad alta protezione sociale affermava: «La felicità non viene da una vita senza problemi, ma dal superamento delle difficoltà. L’indipendenza non è la felicità; alla fine porta ad una completa, assoluta, inimmaginabile noia.». Da questa terra arriva una nuova moda, che si rifà al “Decluttering”, termine inglese che sta a significare libertà dal superfluo. Lo “Swedish death decluttering” ne è una variante che però nasce da un’esigenza particolare. Con l’invecchiamento e l’avvicinarsi della propria dipartita si sente il bisogno di fare ordine per gli altri, per non appesantirne il lavoro al momento del decesso. Come teorizza Margareta Magnusson nel libro “The Gentile Art of Swedish Death Cleaning: How to Free Yourself and Your Family from a Lifetime of Clutter”, lo Swedish death decluttering, è un modo per lasciare ai propri posteri una casa in ordine, alleggerirli dalla fatica di dover selezionare cosa tenere o cosa buttare, la differenza con il semplice” decluttering, è che questo si fa da se per sé, per mettere in ordine la propria casa il primo, invece, è pensato per gli altri. Oggetto di tanta attenzione gli eredi, perché non si ritrovino l’incombenza di doversi liberare di oggetti, foto, documenti, libri, lettere, in pratica non costringere i successori a ricordare, la pratica “Green” consiste nel gettare nei cassonetti della differenziata, insieme ai disegni dei bambini realizzati all’“öppna förskola”, ogni storia familiare, che insieme a quella dei vicini, diventa storia locale, poi storia patria, in ultima analisi, identità.

Quando penso alla Svezia, penso all’Età vichinga, intercorsa tra la metà dell’VIII secolo ed il 1050, ad un indomito popolo guerriero, se penso alle sue donne, io pericolosissimo maschio sessista, misogino e razzista (in quanto bianco ed etero), ritorno con la memoria ai filmini super 8 della Swedish erotica, cari ad Al Adamson ed Ed Wood, la realtà odierna è un paese meticcio con uomini e donne sempre più soli, ed anziani in putrefazione nella loro casetta svuotata di tutto, financo della dignità.

Immagine: https://siviaggia.it

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