E noi come stronzi rimanemmo a guardare
Zeus dopo la vittoria sui Titani, riposò le propri membra fra le braccia di Mnemosine, mitica personificazione della memoria, figlia di Urano e di Gea e madre delle nove Muse. Narrava Esiodo che Mnemosine aveva partorito a Zeus, nella Pieria, in Tessaglia, nove figlie, Clio, Urania, Melpomene, Talia, Tersicore, Erato, Calliope, Euterpe e Polinnia, conosciute come le 9 Muse, ognuna ispiratrice di una particolare arte. Nei secoli il numero delle arti si è ridotto a 6, (mandando tre muse in prepensionamento), architettura, musica, pittura, scultura, poesia e danza. Nel XIX secolo, dopo la seconda rivoluzione industriale nacque una nuova forma di arte e di intrattenimento, che guadagnò presto l’appellativo di “Settima Arte”, il Cinema.
Sul cinema e di cinema abbiamo spesso parlato in questa rubrica, prendendo spunto da pellicole perlopiù datate per affrontare temi attuali, in qualche modo anticipati da registi/artisti con una propria visione del mondo, ma non eravamo mai arrivati a parlare di un prodotto attuale, diretto da un personaggio che poco parrebbe avere in comune con noi. Parleremo (con tanto di spoiler, quindi siete avvisati) dell’ultima fatica cinematografica di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, figlio del regista Maurizio Diliberto e lontano discendente dello scultore danese Bertel Thorvaldsen.
Pif nasce a Palermo nel 1972. E’ stato conduttore televisivo, sceneggiatore e scrittore. Dopo aver frequentato il liceo scientifico si sposta a Londra dove partecipa ad alcuni corsi di Media Practice. Assiste alla regia Marco Tullio Giordana nel film “I cento passi”, vincitore di quattro David di Donatello. Nel 1998 a Milano partecipa ad un concorso di Mediaset, diventando autore televisivo. Nel 2001 comincia un ruolo autoriale su Italia 1, diventando poi inviato della trasmissione Mediaset “Le Iene” Nel 2007 dà vita al suo primo programma individuale, “Il testimone”, su MTV. A maggio del 2012, in commemorazione dei 20 anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino pubblica il racconto “Sarà stata una fuga di gas”, in “Dove Eravamo – Vent’anni dopo Capaci e via D’Amelio” edito da Caracò. Il 27 ottobre 2013 ha tenuto un discorso sul palco della Leopolda a Firenze, durante la manifestazione organizzata dall’allora sindaco della città Matteo Renzi. Nel frattempo ha debuttato alla regia cinematografica dirigendo il film, “La mafia uccide solo d’estate” prodotto dalla Wildside. Lo stile del film utilizza, il linguaggio tipico della trasmissione televisiva Il Testimone. Gli argomenti, anche quelli più scabrosi e delicati, vengono trattati con un doppio registro fatto di ironia e fredda presentazione dei fatti. Il film ha partecipato al Torino Film Festival, aggiudicandosi il premio del pubblico come miglior film L’ex Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, all’epoca presidente del Senato, definì il film “la miglior opera cinematografica sul tema della mafia..”.
Il nuovo lungometraggio prodotto da Sky cinema, uscito in questi giorni, “e noi come stronzi rimanemmo a guardare”, è un film distopico, interpretato oltre che dal regista da Fabio De Luigi e Ilenia Pastorelli. La trama si snoda sulle vicende di Arturo, cinquantenne manager aziendale, che progetta un sofisticato algoritmo, che permette alle aziende di determinare l’effettiva utilità dei dipendenti. Sarà proprio il suo algoritmo, a determinarne l’inutilità. Licenziato, ed abbandonato dalla compagna, a causa di un basso punteggio tramite una app sull’affinità di coppia, si ritroverà a fare il rider per una multinazionale, la Fuuber, che offre svariati supporti tecnologici, e stipendi da fame. Fra i vari prodotti anche “Fuuber Friends”, una app (a pagamento) che abbina ad ogni utente un compagno/compagnia ideale, sotto forma di ologramma, personaggi, che scopriremo essere “reali”, assunti per pochi spiccioli in un mega call center globale situato in un altissimo grattacielo di Mumbai. Innamoratosi dell’ologramma (e ricambiato dall’operatrice), decideranno di fuggire insieme allontanandosi dal controllo della società. Il film si conclude con una amara riflessione sull’assenza di libertà e il controllo dei dati sensibili nel mondo odierno, da parte del fondatore della Fuuber, John Fuuber: “Mi fanno quasi tenerezza, pensano di essere liberi da noi, ma noi sappiamo già quale compagnia aerea sceglieranno per tornare a casa, quale tariffa, quale posto, sappiamo già chi contatteranno una volta tornati nel loro paese, se lo faranno con un messaggio o una chiamata, sappiamo di cosa hanno bisogno per essere felici e per essere tristi, sappiamo per chi voteranno, perché conosciamo tutte le loro paure, e se non ne hanno, sappiamo come procurargliene. Sappiamo anche che lavoro cercheranno, noi sappiamo e sapremo tutto di loro, il passato il presente e il futuro, e lo sai chi ci ha dato il permesso di accedere a questi dati? loro. Non siamo dei ladri, abbiamo bussato prima di entrare nella vostra vita, vi abbiamo chiesto se volevate condividerla con noi, e avete scelto di metterla nelle nostre mani, noi grazie a voi abbiamo costruito un Impero, (..) e secondo voi abbiamo voglia di fermarci?”
Pif, riesce a descrivere in modo poetico e scanzonato la società del domani, dove un posto di lavoro sarà offerto tramite app con aste al ribasso, (per fare il lavavetri a Mumbai dovrà addirittura pagare). La frase del titolo, è pronunciata da un anziano sindacalista, riciclatosi come “ologramma” da compagnia. Unica nota stonata del film 2 siparietti raffiguranti l’idea del “Borghese” di Pif, sicuramente retaggio delle frequentazioni dei centri sociali, e “marchetta” per i compagni di merende della Leopolda, una borghesia rappresentata in festini orgiastici con i partecipanti mascherati da camice nere, con tanto di “Tecnobalilla” come colonna sonora, o in abiti talari. Per Pif, Fascismo e Chiesa rappresenterebbero, il “Male assoluto”, ma risultano rappresentati come una macchietta, mentre il male vero, amico, dei suoi amici, veste i panni sobri e pacati di John Fuuber, interscambiabili con quelli di Mario Draghi e degli adepti del nuovo culto liberista-tecnocratico.
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