Una classe politica allo sbando
Non solo quello che è avvenuto per l’elezione del Presidente della Repubblica, ma anche tutto ciò che ne è seguito è testimonianza concreta della nullità dell’attuale classe politica italiana, nessuno escluso. Niente di nuovo, tutto sommato, ma con un problema enorme alle porte: le elezioni politiche del 2023.
Sì, perché i cittadini hanno dimostrato in modo chiarissimo di non avere più alcuna fiducia nei politici, che dovrebbero rappresentarli, e, ormai, disertano le urne, con affluenze scese al 45/50 per cento. E, di qui a un anno, la situazione sembra soltanto poter peggiorare.
Il centrodestra litiga su tutto e Salvini e Meloni, che dovrebbero essere i leader di questo schieramento, sono in continua competizione non su temi dirimenti, ma sui social, dove fanno a gara a “postare” idiozie o verità da “chissenefrega”, come il vaccino o meno dei loro pargoli.
A sinistra, invece, il Pd è nelle mani dell’inutile Enrico Letta, col partito in balia delle solite bande, che si affrontano a randellate, mentre gli alleati pentastellati sono definitivamente implosi, con la bocciatura giudiziaria della leadership di Giuseppe Conte. Grillo cerca di tappare i buchi, ma ormai siamo davanti a falle simili a quelle della Costa Concordia e la nave sta affondando.
Così, i fautori di un Grande Centro hanno rialzato la testa, a partire da Matteo Renzi, sicuramente il più furbo della compagnia (ma anche lui, quando è stato chiamato a governare, ha mostrato limiti enormi). Al suo fianco ci sono buona parte di quel che resta di Forza Italia (tanti generali, pochi voti), la fetta dei Cinque Stelle vicina a Di Maio (che prende lezioni quotidiane da un grande ex democristiano, Enzo Scotti) e frattaglie varie, come il partitino di Toti e Brugnaro.
Ecco, di fronte a questo quadro politico, è lecito chiedersi: perché nel 2023 un cittadino dovrebbe recarsi alle urne? Per fare cosa? Per votare chi? Con quali prospettive? Davvero, l’orizzonte è buio e, in uno scenario del genere, non ci meraviglieremmo se, all’improvviso, saltasse fuori il salvatore della Patria, che mette d’accordo tutti, com’è avvenuto con la rielezione di Mattarella.
Già, se tra qualche mese il centrodestra sarà ancora nelle mani sciagurate di Salvini e Meloni, il centrosinistra non esisterà praticamente più e il Grande Centro continuerà a essere un sogno di Renzi o poco più, qualcuno potrebbe tirare fuori dal cilindro il Draghi di turno, per uccidere definitivamente l’Italia. E avrebbe buon gioco: la maggioranza dei cittadini, infatti, diserterà le urne, mentre quelli che vi si recheranno saranno chiamati “a votare con responsabilità” e, dunque, per il salvatore della Patria.
L’auspicio è che questa resti davvero soltanto una malaugurata ipotesi, ma ciò che abbiamo visto in questi due anni di pandemia – un popolo che si è assuefatto a qualsiasi violazione della Costituzione e a ogni restrizione delle libertà personali – non ci fa essere ottimisti.
A meno che da questa classe politica allo sbando non emerga, improvvisamente, qualcuno capace di fare, lui sì, gli interessi nazionali e della comunità italiana. E magari si occupi dell’emergenza energetica, non per arricchire ulteriormente i magnati, ma per alleviare le sofferenze dei cittadini; cerchi anche di fare qualcosa di vero e di concreto, per frenare le morti sul lavoro, piaga inaccettabile della nostra società; assesti, poi, un calcio nel sedere a chi ci ha sottoposti a misure inutili e restrittive, come il Green pass; e, ultima cosa, ma non meno importante, restituisca un ruolo alla politica, morta e defunta sotto i colpi del Governo dei Migliori. E’ un’utopia? Forse. Ma è l’unica speranza che abbiamo.