Un futuro di lotta

 

Un futuro di lotta

È quello che ci attende se vogliamo restituire un futuro ai nostri giovani. Non so se loro lo vogliono veramente un futuro diverso. È più facile non avere responsabilità, seguire ed eseguire il volere degli altri, camminare lungo condotti e condotte già preordinati, non sentirsi colpevoli di nulla, non capire che la libertà non è poter fare l’aperitivo il tardo pomeriggio e la cena la sera, ma è una lenta conquista interiore.

È in questo modo che i maschi hanno perso il ruolo e hanno lasciato spazio libero alle femmine che tentano scompostamente di occuparlo, lasciando quello fondamentale che appartiene a loro e solo a loro che è essenziale per la sopravvivenza dell’umanità.

Si è scambiato il riequilibrio indispensabile dei ruoli con la criminale rinuncia ad essere sé stessi.

Ma non è colpa dei giovani, loro stanno ereditando un mondo senza riferimenti e senza ruoli: colpa dei padri che vogliono continuare a sentirsi adolescenti; delle madri che si sentono, e forse, gioco forza , lo sono diventate, delle virago tutto fare per non fare nulla; della scuola che invece di formare uomini e donne, insegna a dubitare delle cose normali e naturali sradicando le ragioni dell’essere Uomo e dell’essere Donna; della Chiesa, che invece di abituare alla trascendenza e alla vita spirituale, si occupa dell’effimero immergendosene fino in fondo.

È colpa soprattutto della politica o, meglio, di coloro che dicono di farla ma che neanche capiscono cosa sia la Politica. Invece di occuparsi dei veri problemi che attanagliano il mondo ed in particolare l’Italia si limitano a “guerreggiare”, si fa per dire, sul nulla e sulle cose insignificanti, sulle ossa per cani o specchietti per le allodole che gli emissari di chi si vuol prendere l’Italia gli mettono davanti.

Eppure una vera classe dirigente seria, onesta, lucida, intelligente non può non esserci in Italia, se, nonostante i tradimenti della classe politica, le svendite criminali fatti negli ultimi decenni, le speculazioni finanziarie subite per la complicità di uomini che oggi, per insipienza, vigliaccheria e tradimento dei cosiddetti politici nostrani, sono ai vertici delle istituzioni, se, nonostante tutto questo, riusciamo a resistere sia sul piano economico che sul piano della coesione popolare.

Non lottiamo più, forse non lo sappiamo più fare, eppure bisogna tornare a farlo: basta rassegnazione, basta inversione dei ruoli, basta accettare supinamente che questa stupenda nazione che si chiama Italia venga profanata, umiliata in tutti i modi, basta che i venduti al miglior offerente la facciano da padroni, basta seguire i condizionamenti di una stampa quasi completamente asservita a padroni che dell’Italia vogliono fare strame, basta fare i bambocci.

Ormai è chiaro a tutti che l’Italia non è una nazione sovrana, esistono zone sul nostro territorio dove non abbiamo alcuna giurisdizione, dove sono stanziate decine di migliaia di soldati di altre nazioni, armati anche di armi nucleari, che continuano l’occupazione militare senza dover dare conto a nessuno, neanche ai tribunali italiani, qualora dovessero compiere dei crimini.

Tutti fanno finta di niente, anche quelli che si autoproclamano sovranisti, senza capire cosa significhi questa espressione. Invece bisogna esserne consapevoli e farci i conti con questa nostra mancanza di libertà autentica. Per il momento dobbiamo conviverci con questa situazione, ma averne consapevolezza può regalarci gli stimoli per ricostruire il nostro senso di appartenenza, la nostra identità, la nostra comunità.

Forti della consapevolezza di essere ancora occupati – e su questo si potrebbero e dovrebbero dire tante cose – potremmo iniziare a fare i conti con la nostra storia e recuperare le ragioni per lo stare insieme ed affrontare con dignità la nostra difficile situazione di sconfitti ed occupati, superandone i disagi ma cercando di trarne anche i vantaggi.

Iniziando la lotta, non contro gli occupanti, troppo forti per noi, ma contro i loro servitori sciocchi senza dignità, i profittatori di regime, i traditori.

Non una nuova guerra civile, né una lotta di liberazione, solo una riassunzione di responsabilità nella consapevolezza della situazione per ridare alle persone della nostra comunità il senso del ruolo che compete ad ognuno, le ragioni di un impegno civile e sociale, restituire alla scuola  e all’università la funzione che una volta svolgeva in modo superlativo, ridare allo Stato, anche nell’attuale situazione di disagio, il compito di far risaltare le qualità creative e organizzative del nostro popolo.

Il compito non è semplice ma dobbiamo cacciare e rieducare quelli che si spacciano per classe politica e classe dirigente.

Iniziamo!!!

Torna in alto