Doppia vita

 

Doppia vita

Scrivendo la settimana scorsa sul poeta tedesco Gottfried Benn – e tanto vi sarebbe da approfondire – m’è tornato a mente il breve periodo in cui frequentavo la sezione Istria e Dalmazia, ricavata tra i ruderi romani del Colle Oppio, e che noi chiamavamo “il covo” a memoria della redazione de Il Popolo d’Italia in via Paolo da Cannobio 35 a Milano e da dove era partita l’esaltante avventura del Fascismo e del suo Capo. Qui veniva una famiglia di sordomuti che s’arrangiava a rilegare libri. Affidai loro copia di Rivolta contro il mondo moderno, edita da Fratelli Bocca (Milano, 1951), di Evola che malconcia avevo acquistato alla libreria Rotondi, specializzata in opere “esoteriche”, di via Merulana e che conservo ancora e in buono stato.

Di Rivolta Gottfried Benn aveva scritto la recensione – trattasi più propriamente di un saggio breve -, apparsa nel marzo del 1935 sulla rivista Literatur in vista della edizione in tedesco e che fu  – su di lui s’abbattè la mannaia della censura per il periodo giovanile espressionista, considerati i suoi versi una “maialata” – l’ultima cosa che pubblicò fino alla caduta del nazismo.

Personalmente si erano conosciuti a Berlino, durante il viaggio di Evola in Germania ove s’era incontrato con personalità della Rivoluzione Conservatrice, oltre a uno scambio epistolare. Quando, nel 1971, Evola pubblica L’arco e la clava – raccolta di argomenti difformi ma ben saldi nel senso unitario della riflessione e dei principi ispiratori – volle inserirvi il saggio proprio di Benn che non era conosciuto ai lettori italiani. Il saggio si conclude – lo riporto integralmente – con “Così noi siamo e in nome di che cosa noi moriamo, non vogliamo chiederlo, in nome di che cosa abbiamo vissuto qui lo vediamo: in nome della Tradizione, della Tradizione che viene da mondi del profondo, Tradizione di cicli lontani, del grande Regno. “Così fummo – e così saremo”. Suggestivo, direi, se non coinvolgente – anzi coinvolgente in quella sfera del tutto soggettiva (parlo e lo scrivo per me) ove amo il privilegiare del linguaggio del corpo in cui tornano presenti gli “amici” più cari quali Cirano de Bergerac il Corsaro nero e il Don Chisciotte. Lascio ad altri le analisi doverose i richiami i distinguo…                                                                    

E siccome scrivo di Gottfried Benn – poche cosucce su di lui, in vero -, sfoglio il suo Doppia vita (Doppelleben. Zwei Selbstdarstellungen), ritratto del suo essere stato un medico e un intellettuale, soprattutto lasciare aperto un possibile luogo della parola in sé assoluta e del suo incontro con l’autopsia, il divenire del proprio tempo. E leggo e trascrivo con cui si conclude: “Voglio però completarla con una strofa tratta dalle mie poesie; non la si legga né in senso militare né in senso nichilistico. Essa è soltanto seria e vuol essere coraggiosa: – poi si tratta di tacere e agire, – sapendo che il mondo andrà in frantumi, – tuttavia tenere impugnate le spade – di fronte alla sua ultima ora”.

 

Immagine: https://www.deutsche-briefmarken-zeitung.de/

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