Tertium non datur

 

Tertium non datur

24 agosto 1991 il parlamento Ucraino con un atto unilaterale dichiara l’Ucraina repubblica indipendente, il primo dicembre dello stesso anno attraverso un referendum popolare l’Ucraina è di fatto uno stato autonomo riconosciuto dalla comunità internazionale. Nello stesso giorno, si tennero anche le elezioni presidenziali, nella quale fu eletto Presidente l’allora Capo del Parlamento Leonid Kravcuk. La politica Ucraina sarà caratterizzata da avvicinamenti e allontanamenti, sia dalla federazione russa che dall’Europa, politica schizofrenica che porterà di fatto ad una guerra civile che culminerà con la strage di Odessa del 2 maggio 2014, quando Nazionalisti ucraini sostenitori di Euromaidan (letteralmente Europiazza, i fautori dell’avvicinamento dell’ucraina alla Euro zona). massacrarono manifestanti che si opponevano al nuovo governo. I manifestanti, prevalentemente russofoni, per fuggire al linciaggio delle frange paramilitari, si rifugiarono all’interno della casa dei sindacati, dove vennero raggiunti. L’edificio fu dato alle fiamme, e fu impedito l’accesso all’area ai mezzi dei vigili del fuoco. 

Nell’incendio che ne scaturì trovarono la morte 48 persone fra cui 7 donne e un bambino, perlopiù estranee ai fatti in quanto presenti nell’edificio per ragioni di lavoro. Alla fine del rogo i testimoni trovarono i corpi carbonizzati dei manifestanti aggrediti e cadaveri di donne seviziate e violentate, tra cui una donna incinta strangolata con dei cavi telefonici. Il nuovo governo ucraino si limitò a parlare di “fatalità”, (ad oggi nessun processo è stato intentato). Nove giorni dopo, L’11 maggio, si tennero i referendum per l’indipendenza della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, che vennero proclamate indipendenti il giorno successivo. La vittoria fu schiacciante, ma questa volta la comunità internazionale non ne riconoscerà la validità. Il governo Ucraino spalleggiato e finanziato dall’occidente darà cosi il via ad una guerra fratricida che ha già causato 14mila morti.

I due territori contigui si trovano a ridosso del confine fra Ucraina e Russia. La Repubblica di Donetsk ha anche uno sbocco sul mare di Azov. Le due repubbliche insieme coprono un’area di 17 mila chilometri quadrati, dove vivono circa 4 milioni di persone. Entrambe fanno parte della regione mineraria del Donbass, la più ricca dell’intera nazione Ucraina. Nonostante le continue provocazioni militari Ucraine, e quelle verbali delle diplomazie occidentali asservite ai diktat statunitensi, la Federazione Russa ha cercato in tutti i modi di preservare la pace facendosi promotrice del protocollo di Minsk, un accordo siglato il 5 settembre 2014, sotto l’egida dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), fra Russia, Ucraina, Repubblica Popolare di Donetsk e Repubblica Popolare di Lugansk,  per porre fine alle ostilità. L’accordo prevedeva un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l’impegno, da parte dell’Ucraina, di garantire maggiori poteri alle regioni di Donetsk e Lugansk. Tuttavia tale accordo non è stato rispettato. L’Unione Europea non ha mai mosso un dito per aiutare i civili delle due repubbliche, anzi, ha inondato di contributi europei la giunta Ucraina, la quale ha usato questi soldi per continuare la guerra. Il fine ultimo degli “aiuti” al governo di Kiev, era l’autorizzazione a piazzare nel paese basi NATO con relativi missili, a ridosso dei confini russi. (Quando furono i Russi a voler piazzare missili a Cuba, si rischiò una guerra mondiale).  Il 21 Febbraio il Presidente Vladimir Putin ha parlato alla Nazione russa, lo ha fatto da comandante di una Nazione che non vuole la guerra, ma che è disposto a battersi fino alle estreme conseguenze per garantire la libertà del proprio paese e dei propri alleati. Putin non vuole e non può permettersi di essere ricordato come il leader che ha portato il nemico (la NATO) più in là di quanto non si fossero spinti (prima di avanzare) Napoleone nel 1812 o Hitler nel 1941. Al termine del discorso ha firmato in diretta il riconoscimento della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, sino a quel momento riconosciute esclusivamente dall’Ossezia del Sud, inviando contemporaneamente truppe in difesa dei loro territori minacciati dall’esercito Ucraino. Riconoscimento ed invio truppe, ratificati il giorno successivo all’unanimità dalla Duma, ovvero la camera bassa del Parlamento russo. Nel suo discorso Putin cita Lenin, Stalin, Krusciov e Gorbaciov, alle sue spalle, la bandiera dei Romanov, nomi e simboli della storia di un popolo, tutta la storia, senza le abiure del politicamente corretto. La badante di Joe Biden, la vice-presidente americana, Kamala Harris, ha dichiarato che la decisione russa rappresenta la minaccia più grave alla pace in Europa degli ultimi 70 anni, dimenticando che da 70 anni l’Europa è ancora occupata militarmente da truppe statunitensi, e che fu proprio la NATO, su mandato U.S.A. a riportare una guerra nel cuore dell’Europa, con i bombardamenti del 1999 su Belgrado, che provocarono la morte di migliaia di civili.

Provengo da una storia politica, che trae ispirazione dal Fascismo, in anni giovanili ho avversato l’ideologia comunista, e di conseguenza il blocco sovietico, mi sono sempre considerato fautore e ricercatore di una terza via, alternativa al bolscevismo russo ed al capitalismo statunitense. Gioii quando Berlino tornò ad essere unita, ma sono bastati pochi anni per capire che con il crollo di quel muro, crollò l’ultimo baluardo atto ad arginare il dominio totalitario di quella che Nicola Bombacci, amico di Lenin e Mussolini, chiamava “La plutocrazia cosmopolita”.  I tempi sono cambiati, “Tertium non datur”, concetto già formulato nella metafisica di Aristotele, oggi non può esserci la terza via, sognata da Jean Thiriart con la sua “Jeune Europe”, Donetsk e Lugansk rappresentano l’ultima frontiera d’Europa, Noi sappiamo da che parte stare, sempre la stessa quella di chi combatte l’eterna battaglia del sangue contro l’oro. A tanti amici, ex compagni di strada, (usare il termine alla francese è ormai anacronistico), ammaliati dalle sirene della presidenta del Partito dei Conservatori Europei, al soldo dell’Aspen Institute, dal comunista padano, che, insieme al cavaliere, vuole creare un “Partito Repubblicano” su modello statunitense, o ai futuri elettori di neopartitini no-Vax, ma si-Atlantic, accodati a Farage e/o Trump, voglio ricordare oltre al già citato Nicolino, che Benito Mussolini nel suo primo discorso del novembre 1922 alla Camera dei deputati (quello per intendersi in cui minacciava di trasformarla in un “bivacco di manipoli”) fu il primo statista Europeo a riconoscere “de jure”, la Russia sovietica.

Il Fascismo mantenne sempre un atteggiamento articolato, attento nel preservare la distinzione tra ideologia comunista e stato sovietico. L’attività editoriale sulla cultura Russa nei primi anni del Fascismo, fu talmente intensa che resta il periodo storico con il maggior numero di pubblicazioni di autori Sovietici, basti pensare che la sola casa editrice Slavia pubblicò la collana “Il genio russo”, in 57 volumi. Chi appoggerà per convinzione o per convenienza le già annunciate sanzioni, o un’eventuale ritorsione militare contro la Russia o le neonate repubbliche, a prescindere della collocazione politica passata presente o futura, è da considerarsi un nemico, dell’Europa, dell’Italia e della storia.

 

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