Indifferenza verso il superfluo

 

Indifferenza verso il superfluo

Chiudevo l’intervento della settimana scorsa citando una evocazione cara a Charles Maurras e a Robert Brasillach – entrambi a scontare il ruolo dei vinti. E a me cara che l’apponevo alla breve introduzione – ‘lettera postuma’- alla raccolta di poesie dal titolo Inattuale, che furono ‘inattuali’ anche nelle vendite e che posso considerare una sorta di esordio all’impegno verso la parola scritta. Anno 1979.In una di esse dei versi ‘Non importa – quello che annuncerà – l’arrivo della realtà. – Ciò che abbiamo conquistato – in questi tre anni, – non possiamo più cederlo: – l’abbiamo chiamato – indifferenza per il superfluo’. Il libro è dedicato a Riccardo, morto l’anno precedente, che mi fu amico fraterno e fedele, di cui ho ricordato in libri successivi la esperienza comune a Praga (era l’estate ’68, assistendo all’invasione degli eserciti del Patto di Varsavia) e un lungo peregrinare in autostop fino in Romania. Lo ricordavo – e viva ne mantengo l’immagine – per quel debito da lui pagato a difendere la verità in quel pomeriggio del 12 dicembre che, ignari, s’addensava con le sue ombre fosche sulla vita di entrambi e la tragedia sua in una cella d’isolamento.  Indifferenza verso il superfluo. Come nel gioco della ‘polenta’ sulla spiaggia fino a far cadere lo stecco e pagare penitenza. Indifferenza verso cose e persone resesi ormai superflue. Né onore né gloria, come i legionari ad Algeri e, lasciandosi alle spalle per l’ultima volta la caserma, cantare Je ne regrette rien, immortalata da Edith Piaf… E, poi, a riprova giungere inattesa la telefonata di Roberto a ricordarmi come vale la pena tenere a mente e nel cuore solo coloro che furono gli ‘ultimi’ che tutto diedero e nulla chiesero per sé stessi. Di costoro vuole narrare. Di fronte al condiviso disagio di un ‘mondo’ che s’è dato alla ‘grande abbuffata’ della realtà (sic) – simile a colui che, trascinandosi nel deserto, scorge l’oasi e la pozza d’acqua per berne a grandi sorsi mentre, lo descriveva bene, l’autore de Il piccolo principe, l’arabo che lo salva gli bagna poco alla volta le labbra. Furono forse ‘gli ultimi’ – chi ha conosciuto uno Zambo con le panchine del Colle Oppio i suoi stracci e le lacrime sulla tomba del Duce o un Peppe il Matto che voleva leggere di Nietzsche perché gli avevano detto che parlava bene di Mussolini o Gina Romeo, ausiliaria in servizio permanente, con l’orgoglio di indossare la camicia nera santificata dalle mani sporche e brutali di partigiani – ultimi ma primi se collochiamo in rigorosa gerarchia un sistema di valori, a cui abbiamo attinto per cercare d’essere ciò che siamo. Indifferenza verso il superfluo. Guardo le pareti foderate di libri, ormai affastellati e non più in grado di collocarli in ordine logico e di contenuto, memoria del mio lavoro d’insegnante e, soprattutto, alla ricerca di un senso e di uno stile. Mi chiedo sovente se sono pur essi forma di quel superfluo di cui mi faccio vanto? Ecco le parole- nude asciutte voce della mente e del cuore – e mi chiedo se senza di esse non saremmo qui…

Immagine: https://i0.wp.com/www.oggicronaca.it

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