Notizia d’agenzia rinchiusa nel cassetto, i mediastar sono al fronte bollente dell’Ucraina, dal pantapandemico alla guerra tra democrazie e autocrazie (Biden), un braccio di ferro armato tra due modelli combattuto per allargare, da una parte e dall’altra, il proprio Impero.
Ma il 21 marzo è entrata la primavera e in Corsica è sbocciato il fiore dell’indipendentismo, color rosa dei cisti, le cui corolle vibrano accarezzate dal muntese che spira dall’alto fin giù nelle valli, brezza montana sulle ceneri fumiganti del nazionalismo isolano. Quel vento però non scende dal monte Cinto ma risale dalla palestra del carcere di Arles, città così amata da Van Gogh, dove Yvan Castello, simbolo e leader del FLNC, ergastolano per l’“assassinio del prefetto Érignac”, com’ebbe a sentenziare Sarkozy all’atto del suo arresto. Il “pastore di Cargese” (pastore = uomo libero) aveva bestemmiato il Profeta, lì la scintilla della feroce aggressione del “coinquilino” islamico Franck Elong Abé, jiadista camerunense, ha strozzato il sessantunenne corso provocandone il coma (8 minuti senza respiro), tre settimane di ospedali, poi il suo cisto è appassito a Marsiglia proprio il 21 di marzo.
In Corsica la notizia è arrivata in un baleno: “Yvan Colonna è stato ucciso” e dalla brace s’è riacceso il fuoco dell’indipendenza dalla “Francia assassina”, i movimenti autonomisti corsi sono insorti contro la Gendarmerie francese simbolo dell’occupazione parigina dell’isola. L’accusa è mancata salvaguardia della vita di Colonna, e quegli eterni 8 minuti testimoniano uno strano ritardo nei soccorsi per strappar via quelle mani serrate alla gola del corso, nonostante le videocamere di sorveglianza, hanno torto? L’integralista islamico è un terrorista, catturato in Afghanistan nel 2012, Zakarie (nome di battaglia) comandava un manipolo talebano, arrestato dalle forze di coalizione internazionale, è stato rimpatriato in Francia per scontarvi, da cittadino, 9 anni di sbarre per associazione terroristica.
Il procuratore antiterrorismo Jean-François Ricard, dopo aver visionato il filmato ha detto:
«Yvan Colonna è uscito dalla sua cellula per recarsi nella palestra che doveva pulire. La videocamera di sorveglianza della palestra ha filmato ciò che è accaduto tra i due uomini. Su queste immagini, si vede Frank Elong Abé saltare addosso a Colonna in maniera brutale. Quest’ultimo è stato aggredito per più di otto minuti». Più di otto minuti, tempo infinito per il respiro lasciato scorrere senza tempestivo intervento delle guardie carcerarie, chissà mai se l’indagine chiarirà i tanti lati oscuri della vicenda, mah! Intanto il corpo esanime d’ un mito dell’indipendentismo corso è tornato nella sua isola, a Cargese, per esservi sepolto, amore e rabbia miscelati assieme hanno appiccato il fuoco della guerriglia urbana, manifestazioni, violenti scontri con la Polizia da Ajaccio a Bastia a Calvi, 67 feriti, numerosi gli arresti, la collera ora è una fionda puntata contro la Francia. Forse il plutocrate Macron giocherà la carta dell’autonomia per l’isola di Yvan, il 10 aprile eccolo! Elezioni presidenziali e tra gilet gialli, pandemia, guerra in Ucraina, la Bretagna, l’affaire Colonna pourrait être le jab pour Monsieur le President.
Il pastore Yvan a noi ricorda però tanti ribelli, in questo caso uno in particolare, Filippo Antonio Pasquale de’ Paoli, il Padre della Patria, guidò la rivolta contro Genova proclamando nel 1755 la nascita della Nazione indipendente corsa, dotandola di una costituzione d’avanguardia oltre che di un proprio esercito e un sua amministrazione. La città marinara della Lanterna mollò gli spiccioli di territorio rimastegli ai francesi e da lì nacque l’occupazione militare gallica dell’isola del 1769 dopo strenua resistenza corsa, a Paoli restò l’esilio ventennale in Gran Bretagna. Convertitosi agli ideali della rivoluzione francese tornò sull’isola solo nel 1790 nominato governatore della Corsica da re Luigi XVI ma cavalcando sempre l’ideale di rendere l’isola indipendente dalla Francia. Non ci riuscì anche per la perfida Albione ove tornerà esiliato fino alla morte.
La clessidra scorre ma quell’idea di indipendenza assoluta è rimasta viva, cova appunto negli spiriti ribelli delle grandi isole del Mediterraneo e vogliamo ricordare a proposito il sardo Doddore (Salvatore) Meloni, lasciatosi morire in carcere rifiutando per 66 giorni cibo e acqua come Bobby Sands, l’amato simbolo dell’irredentismo cattolico nord irlandese, ma di Doddore chi ne ha parlato?
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