Contro silenzio e infamia

Contro silenzio e infamia

Si afferma come la storia sia scritta dai vincitori, ‘i guardiani della memoria’ così definiti ironicamente da Gianpaolo Pansa ad esempio, e le vicende italiane ne sono testimonianza – ne fa fede certo ostracismo recente, di cui ho detto intorno al bel libro L’Italiano dello scrittore spagnolo Arturo Perez-Reverte. Del resto i miei trascorsi da insegnante di storia – per circa quarant’anni – ne sono riprova.

Ogni sorta di ostacoli rancori diffide per aver organizzato corsi sulla ‘guerra civile’ e invitato a scuola reduci della RSI a parlare agli studenti. Un muro di gomma che non mi ha impedito di perseguire gli obiettivi ‘didattici’, ma certo mi ha reso più libero e di fatto, simile a vetro, più solo. Se, dunque, ciò si conferma per la storia, meno vale per le memorie i ricordi la narrativa. Anzi… Giano Accame soleva riportare l’esempio di Via col vento, libro e poi la trasposizione cinematografica, l’enorme successo e una sorta di narrazione epica a saldare e sanare la ferita, dopo oltre settant’anni, dalla Guerra di Secessione. E, va ricordato, i protagonisti del romanzo sono i Sudisti, cioè i vinti. Una scrittrice americana, sconosciuta.

Memorie ricordi narrativa… essendomi coinvolto e fattomi partecipe con coloro che vissero quella tragica ed esaltante esperienza – ed alcuni profondo e intimamente, simili a sorelle e fratelli maggiori -, ho trovato e letto e raccolto testimonianze che mi hanno educato al valore della fierezza e della speranza (virtù care a Brasillach, a me particolarmente caro), a masticare la parola ‘onore’. L’esito non sta a me dire… Stampe latomiche, in poche centinaia di copie, refusi, case editrici di vaga esistenza e continuità. Soltanto Carlo Mazzantini con A cercar la bella morte – e i suoi libri a seguire -, e poi La memoria bruciata di Mario Castellacci presso case editrici e distributori su scala nazionale una eco, una risonanza. Va da sé che non sempre la qualità della scrittura, il tracciato di un percorso, quel narrare e in forma e nella sostanza consentono di elevarsi a diritto di cittadinanza nel mondo delle ‘belle lettere’. Sono, però, storie di sangue e carne ed ossa. Proprio per la volontà iniqua di porre una pietra tombale su quelle vicende di uomini e donne, di negare la loro stessa esistenza – si affidano all’anagrafe impietosa -, dobbiamo essere documento di stile, di cura, di nitore. ‘Le parole sono pietre’, si dice e pietre devono essere per scagliarle contro il silenzio e l’infamia.

Ho davanti a me di Gabriele Marconi Eden in fiamme, atteso a compimento di Le stelle danzanti e Fino alla tua bellezza (ho una fotografia con la sua copertina mentre ne faccio dono a Gina, ausiliaria della GNR. Il giorno del suo compleanno, che conobbe l’orrore e la ferocia del branco nei fasti della ‘liberazione’). Non mi poteva mancare. Gabriele non mi deludere…

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