Donne, è arrivato l’arrotino!

 

Donne, è arrivato l’arrotino!

Due mesi, tra una doccia e l’altra, sono poca cosa per abbozzare un programma elettorale. Si scende in campo con l’ostentata presunzione che l’elettore sappia destreggiarsi tra una Sinistra che non c’é – morta tanti anni fa nella riunione alla Bolognina – e una Destra parlamentare che sembrerebbe quasi di sinistra se non fosse per le spiritosaggini di nonno Berlusca e per la fedeltà incondizionata alla NATO, che unisce tutti appassionatamente, affrancandoli dal rischio di dover assomigliare a gente come Orban o Erdogan, ma il campo é quello del calcio fiorentino, dove, a differenza di quello vero, ci si prende a botte solo prima di entrare, per cercare di entrarvi, il furioso turbinio dei puntini neri su sfondo bianco, o dei puntini bianchi su sfondo nero, a scelta, come lo schermo dei vecchi televisori quando non prendevano.
Il “campo largo”, come lo vuole il più giovane della dinastia dei Letta – florida come quella dei Mattarella e dei Borgia – é un luogo mitologico all’interno del quale vengono risucchiati i partiti che fanno a meno di una carta d’identità, che praticano con la loro viziosa improntitudine l’estremismo di centro, il quale consiste nel fare pubblicità al moto apparente, nel non prendere impegni, nel fare uso di moderazione anche quando si giace a letto con qualcun altro o con qualcun’altra. Il “campo largo” é la sala d’aspetto – così dice un mio carissmo amico che imperversa su Facebook – di una stazione in cui si incontra quasi casualmente un sacco di gente che ha ben poco da mettere insieme se si toglie l’essersi dedicati, spesso da diversi decenni, al collezionismo delle poltrone. Gente che va dalla Bonino, quella che odora di naftalina, a suor Letizia, in rotta con Berlusconi, a Sua Altezza Brunetta, che ha già iniziato la campagna elettorale fingendosi addolorato per l’etichetta del “nano” che lo perseguita da quand’é nato e menando vanto, al contrario, per essere stato messo al mondo da un venditore di souvenirs (gondole nere di plastica e altro ciarpame) in quel di Venezia: neanche Goebbels sarebbe stato capace di mettere a punto una tattica così efficace per affermarsi, un uomo per tutte le mezze stagioni, tre quarti di vittimismo e un quarto di orgoglioso richiamo alle origini, sebbene il fabbro, debbo francamente ammettere, facesse più effetto: insomma, una chilometrica teoria di pallidi comprimari – c’é Calenda, c’é Renzi, tutti che dicono presente col ditino alzato – il massimo per un sistema che, per come é strutturato, non può permettersi il lusso, e il rischio, di affidarsi a dei numeri 10.
Questa smania di serrare al centro non depone bene: più soggetti lo cercano più é evidente che se se hanno dei progetti da realizzare essi sono poi costretti a sacrificarli a questa grigia promiscuità, un pezzo qui, un pezzo lì, fin tanto che non ne rimane assolutamente niente, il povero Toto che si dissolve tra i fumi della sauna, il luogo ideale per trasferirsi all’occorrenza da una banda all’altra senza suscitare scandalo, perché non ci sono finalità da perseguire che non sia quella di cristallizzare lo status quo, che vuol dire mantenimento oltre ogni limite sostenibile del numero di poveri, distruzione del ceto medio, accettazione supina del ruolo ancillare imposto all’Italia da parte dell'”alleato” americano, e di mecca del meticciato da parte del mainstream internazionale.

In questi due mesi assisteremo alla prevedibile emersione di vecchi refrain. come l’attacco al Fascismo, che non c’é, a dispetto dei calcoli fatti dal sociolgo De Masi, secondo il quale le condizioni generali del Paese, nell’aggravarsi quasi ogni giorno, giustificherebbero l’affermazione poltica ed elettorale di una vera Sinistra, ma il PD é solo la proiezione ortogonale della spiaggia di Capalbio, mentre la Destra che per molti versi ne ha preso il posto, continua a chiudersi in clinch come un pugile suonato e ad indietreggiare se la si accusa di fare professione di patriottismo, di concepire misure draconiane contro l’immigrazione clandestina, di contrastare l’esondazione della cultura LGBT e l’estinzione della famiglia: gli echi della performance realizzata dalla Meloni in un evento di “Vox” si sono ulteriormente affievoliti dopo che la segretaria di FdI, nel tentativo di sfuggire al sarcasmo dei “democratici”, ha dovuto ammettere di aver sbagliato i toni, che é il preludio di una corposa ritrattazione anche sulla sostanza, e ciò mentre ci si sarebbe aspettati che avesse, con i suoi acuti da soprano, rifiutato sdegnosamente la mano tesa di Palamara (stavo per scrivere Palmera, il tonno), quegli che non si é limitato a “raccontare” l’ignobile chic to chic tra la magistratura corrotta e la cosiddetta Sinistra (un vulnus insopportabile per qualsiasi ordinamento “democratico”, una specie di golpe permanente e continuato, in cui gli uomini con le toghe surrogavano le stellette), ma ci sguazzava fin sopra i capelli: l’anticipazione, nella condotta della Meloni, del già visto, della cronica incapacità di controbattere gli affondi dei DEM col ferro, che é decisamente più incisivo del ramoscello di fico: ad esempio, ponendo la domanda (non importa se ci siano, o no, delle persone desiderose di ascoltarla) se l’atto di distruggere nella sede della CGIL la cornicetta con la foto di Landini, ritratto mentre ingurgita un supplì durante gli Stati Generali del 2020 (un’invenzione di Conte), sia moralmente, politicamente e giuridicamente più grave di quello compiuto dal ragazzo con l’estintore in mano che voleva ammazzare un carabiniere nel G8 del 2001, e se ci sia una correlazione logica tra il carcere disposto nel primo caso e la beatificazione nel secondo.

Il fatto é che più di mezzo secolo trascorso senza che nessuno, per ignoranza o per paura, confutasse la storiografia farlocca secreta dagli specialisti del PCI e, più tardi, da quelli del PD, appoggiati dai grossi calibri della stampa padronale, ha lasciato il segno, inducendo la Destra sociale, ove non sia stata limitata da altre cause di ordine giudiziario, a vedere delle buie strettoie in luogo di praterie sterminate e ad abbandonare la piazza, mettendola a disposizione delle sardine e dei centri sociali (squadrismo allo stato puro): addirittura – come é successo di recente – degli aficionados di Draghi che vi si sono raccolti, meno di quattro gatti, per chiedere al Primo Console, che non ha mai preso un voto, di ergersi ad Imperatore.

Personalmente ho la netta sensazione che se gli oppositori del Sistema che ruota intorno al PD prendessero consapevolezza del fatto che non cé solo il voto e che non sarebbe necessaria una forza smisurata per venire a capo dei tanti Giggini e dei tanti Speranza che si affacciano con la loro stolida supponenza dal loggione del potere, non ci sarebbe partita, malgrado Letta minacci di andare casa per casa a caccia di consensi, suppergiù al grido che risuonava spesso da noi tempo fa, ‘donneee é arrivato l’arrotino’, servizietti e servizi. Però – lo ripeto sommessamente – non ci sono solo le liturgie taroccate del voto., ci sono anche altre strade.

 

Immagine: https://www.ilfoglio.it/

 

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