Gli strateghi neocon USA spingono verso una guerra globale
Nel conflitto in Ucraina gli Stati Uniti sono coinvolti sempre più direttamente contro la Russia: forniscono le armi, gli istruttori, decidono gli obiettivi, dirigono le operazioni contro offensive e assicurano l’intelligence e la logistica alle forze ucraine; ma questo non basta più.
Gli strateghi neocon puntano all’obiettivo grosso: la Cina.
Tale strategia si ricava da vari indizi, l’ultimo dei quali è il provocatorio viaggio che la presidente della Camera USA, Nancy Pelosi, ha intrapreso a Taiwan, nonostante gli avvertimenti di Pechino.
Si aspetta in queste ore la reazione della Cina che considera questo viaggio un affronto alla concezione dell'”unica Cina”, perno fondamentale della politica di Pechino.
Si potrebbe ipotizzare un conflitto aperto fra gli USA e la Cina qualora Pechino decidesse di invadere Taiwan, in modo analogo a quanto accaduto in Ucraina.
In realtà quella della Russia in Ucraina è una guerra interna all’Europa, sebbene istigata dagli anglo USA, dove la Cina in nulla ha contribuito.
Un conflitto USA-Cina sarebbe invece un conflitto di civiltà con tutto quello che questo implica. Tuttavia i falchi della Casa Bianca sostengono che la Cina potrebbe presto scegliere di adottare le stesse decisioni di Putin e muovere all’invasione di Taiwan. Per questo i neocon di Washigton incitano l’amministrazione Biden ad anticipare le mosse di Pechino e provocare la Cina a Taiwan e nel Mar Cinese meridionale.
D’altra parte il conflitto in Ucraina, con l’inarrestabile avanzata russa nell’Est e nel sud del paese, sta creando una grave frustrazione nella elite di potere USA, visto che questi, nonostante le massicce forniture di armi all’esercito ucraino, non riescono a fermare l’avanzata russa.
L’Amministrazione Biden ha necessità di una vittoria per salvare la faccia.
Tale situazione di urgenza sospinge i guerrafondai di Washington a muoversi in varie direzioni: 1) prendere direttamente il comando delle operazioni in Ucraina, inviando nel contempo armi a lunga gittata e personale della NATO, polacchi e britannici; 2) puntare su altri teatri di scontro, come ad esempio la Serbia, dove i servizi USA stanno istigando il Kosovo a muovere contro la minoranza serba; 3) provocazioni contro la Cina per dimostrare che l’Impero USA ha il controllo degli oceani.
Tutto questo dimostra che una convivenza con la superpotenza egemone non è possibile, visto che questa aspira a mantenere il dominio su tutto il mondo, costi quello che costi.
Tuttavia il calcolo fatto dagli strateghi si sta dimostrando sbagliato, visto che la grande parte dei paesi del sud del mondo, come quelli in via di sviluppo, stanno voltando le spalle ai ricatti di Washington di aderire alla campagna di sanzioni contro la Russia. Al contrario si incrementa la cooperazione con la Russia e l’interscambio di petrolio e di molti altri prodotti, dimostrando il fallimento delle sanzioni. Crescono le adesioni verso organismi come i BRICS, l’SCO (Accordo di Shangai), che raggruppa il 43% circa della popolazione mondiale.
Rimangono i paesi europei, fedeli vassalli degli USA, che si sono ficcati in una crisi causata dalle decisioni avventate prese dai politici fantocci che eseguono le direttive del grande padrone d’oltre oceano. Il servilismo degli europei è una vecchia abitudine che sta rendendo l’Europa ininfluente.
Il mondo è cambiato, nuove potenze emergono, si stanno creando nuovi poli di attrazione e lo sviluppo dei prossimi decenni si muove verso l’Asia, con l’enorme potenziale di paesi come la Cina, l’India, l’Indonesia e molti altri. Gli europei non se ne sono accorti e aspettano ancora lo “Zio Sam” che gli porti il gas dall’Atlantico e il mais, il grano e i fertilizzanti che dalla Russia non potranno ricevere più.
Avranno un’amara sorpresa quando si sveglieranno dal loro letargo.
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