Il fronte del dissesto

 

Il fronte del dissesto

Mark Twain pseudonimo di Samuel L. Clemens (1835 – 1910), scrittore, umorista, e aforista statunitense, autore di capolavori della letteratura come “Le avventure di Tom Sawyer” e “Le avventure di Huckleberry Finn”, in uno degli aforismi più conosciuti scrive: «se votare facesse qualche differenza non ce lo lascerebbero fare». E in effetti nel nostro paese votare raramente ha fatto la differenza, ricordate quando si votò per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti? E quando votammo per l’acqua pubblica? Ma l'”Elettoralite” con la sua aggravante, la “Poltronite” sono malattie croniche della nostra classe politica, sia quella di sistema, che quella che questo sistema vorrebbe scardinare. La brusca svolta seguita alla caduta del governo Draghi e la conseguente corsa verso le elezioni anticipate, sta assumendo aspetti tragicomici. Alleanze, finite in poche ore, “matrimoni politici” che sembrano più una sveltina fra gli ombrelloni. Quando sento parlare di matrimoni politici, mi viene in mente il reality televisivo danese Married at First Sight (Matrimonio a prima vista), dove 2 giovani sposi si conoscono il giorno del matrimonio, e devono cercare di costruire una vita insieme. Pochi ci riescono in verità, ma lo scopo della trasmissione non è raccontare una favola alla “e vissero tutti felici e contenti”, ma farci appassionare alle liti, alle ovvie incomprensioni e all’incomunicabilità. E’ quello che sta accadendo nella politica italiana, stendo un velo pietoso sulle trame dei partiti di regime, accomunati solo dalla smania di recitare da attori protagonisti (non ho scritto “smania di potere”, perché il potere resta comunque altrove.)

Voglio analizzare la situazione del cosiddetto “Fronte del dissenso”, ormai ridottosi ad un “fronte del dissesto”. Le piazza Italiana della protesta spontanea alle disposizioni liberticide dei governi Conte 2 e Draghi, avrebbe avuto la possibilità di coalizzarsi in forza politica trasversale ed aspirare, chiaramente non a vincere, ma ad inserire nel sistema alcuni parlamentari, con lo scopo realistico di essere sentinelle e megafoni per l’opinione pubblica delle nefandezze che inevitabilmente saranno perpetrate. A pochi giorni dal termine ultimo per la presentazione delle liste, quella piazza non solo si presenta divisa, ma ogni insignificante frammento ha adottato come strategia politica, quella di delegittimarsi l’un l’altro, con il risultato prevedibile (spero di sbagliarmi) che nessuno di loro entrerà in parlamento. La situazione è sbalorditiva, ogni giorno che passa, nonostante difficoltà insormontabili dettate dai tempi strettissimi, scappa fuori qualche mitomane che annuncia di voler partecipare con il proprio simbolo alla corsa elettorale. Interpreti principali di questa gara al massacro sono 4 partiti, “Italexit” di Gianluigi Paragone, “Italia sovrana e Popolare” di Francesco Toscano, Marco rizzo ed altre frattaglie, “Vita”, formata dall’alleanza fra Sara Cunial ed il Movimento V, e “Alternativa per l’Italia”, formatosi dall’alleanza fra popolo della famiglia di Adinolfi e l’ex leader di Casapound Simone di Stefano. Alle quali va aggiunta la lista “Alternativa c’è” di Pino Cabras.

In questi giorni stiamo assistendo a liti all’ultimo “like” per i novelli condottieri, che auspicano di trasformare ogni “click” virtuale in un voto.

Ma analizziamo velocemente la situazione. In questa lotta fra galli, troviamo su un lato del ring Italexit di Gianluigi Paragone, ex direttore de “La Padania”, transitato per il Movimento 5 stelle, forse la forza più rappresentativa, anche grazie agli innesti dell’ ultim’ora, come il leader dei portuali di Trieste Stefano Puzzer, e l’ex vice questore di Roma Nunzia Alessandra Schilirò, famosi agitatori delle piazze “no green Pass”. Certo in ottica “sovranista” alcune vecchie posizioni di Gianluigi risultano un po’ stonate, ma tant’è: “Alcune sfaccettature culturali russe, come la letteratura, sono chiaramente più affini a noi italiani di un Kerouac. Però va riconosciuto che gli Stati Uniti d’America, a prescindere dall’orientamento politico del governo di turno abbiano sempre riconosciuto un ruolo, talvolta centrale, all’Italia e alla sua cultura. Non sono mai stato particolarmente affascinato dalle sfide cinesi piuttosto che russe. Sono interlocutori importanti però il posizionamento deve essere chiaro (..) rivendicare la centralità dell’Italia (..) mettendola nel solco di una tradizione che è sempre stata riconosciuta strategicamente dagli USA. Mentre la Cina, ad esempio, vorrebbe utilizzare l’Italia e lo farebbe con un atteggiamento di non reciprocità, gli USA hanno sempre capito e apprezzato il ruolo del Bel Paese, senza metterle il guinzaglio”.

Essendo presente in Parlamento Paragone credo stia cercando un escamotage, (riuscito a Calenda) di non dover presentare le firme, in caso contrario ho qualche dubbio addirittura sulla possibilità di trovarlo sulle liste elettorali in quanto il partito si presenta alla battaglia elettorale diviso, con intere regioni commissariate, dirigenti che stanno mollando per un mancato inserimento nelle liste, sostituiti da nuovi arrivati spesso nemmeno tesserati, e un generico ammutinamento verso il leader accusato di comportamenti alla Marchese del grillo. (Io sono io e voi non siete un c***o).

Se Atene piange, Sparta non ride, sull’altro lato del ring l’ex segretario dell’associazione Roosevelt del Massone Gioele Magaldi, ex Maestro Venerabile della loggia “Monte Sion di Roma”, Francesco Toscano, già fondatore (e demolitore) di “Vox Italia”, poi “Ancora Italia”, ora “Italia sovrana e popolare”, nata dall’unione di Ancora Italia con il Partito Comunista di Marco Rizzo. Toscano dichiaratamente antifascista, con l’alleanza con Rizzo ha creato un contenitore che guarda soprattutto all’estrema sinistra del mondo antisistema, scelta fotografata anche graficamente, con l’inserimento di una stella rossa nel simbolo del nuovo movimento. Toscano a parte le esperienze territoriali è divenuto un personaggio pubblico grazie soprattutto a Diego Fusaro, salvo poi liquidarlo una volta ritenutosi autosufficiente, il che ha costretto Diego a prenderne pubblicamente le distanze, anche e soprattutto per gravi divergenze politiche e geopolitiche, in primis una vicinanza imbarazzante di Toscano gli Stati Uniti di Donald Trump, ed una chiusura totale alla Cina, recepita non come freno ad un mondo unipolare ma come forza imperialista. (E su questo va d’accordo con Paragone). Questi due pugili (un po’ suonati in verità) si affrontano sul ring senza nemmeno guardare cosa sta accadendo fuori. “Vita”, e “Alternativa per l’Italia”, almeno, più credibilmente pur lanciando inascoltati appelli all’unità, si preparano umilmente alla propria battaglia politica raccogliendo firme e estraniandosi dalle polemiche. Ultimo attore in scena “Alternativa c’è” di Pino Cabras, formatosi all’interno del movimento 5 stelle, per non votare il governo Draghi (ma che hanno votato tutti gli emendamenti del “Conte 2” compresi quelli legati alla pandemia). Cabras Storico collaboratore di Giulietto Chiesa ha cercato di unirsi prima con Toscano, poi con Paragone, interrompendo poi quest’ultima alleanza con la scusante sempre attuale di un generico “pericolo Fascista”, rappresentato dalla presenza di alcuni candidati all’interno delle liste di Italexit. L’inattualità di questa scelta la spiega come sempre magnificamente Diego Fusaro: “Leggo di una forza politica dell’area detta genericamente del dissenso che si è all’ultimo tirata indietro, dacché nell’alleanza ha ritenuto di individuare “presenze fasciste”. Sarebbe difficile trattenere il sorriso, se solo la situazione non fosse così disperata nel Paese. Se realmente quella fosse la ragione, poco tempestiva sarebbe oltretutto la scelta di suddetta forza. A ogni modo, mi sia consentita soltanto una telegrafica considerazione su un tema che mi è caro: l’antifascismo in assenza di fascismo come protesi di consenso della civiltà neoliberale e del Partito Unico Liberista. (..) Oggi l’antifascismo in assenza di fascismo è ridicolo e, di più, imperdonabile: e questo anche perché i cosiddetti neofascisti sono soltanto tribù liturgiche e folkloriche irrilevanti, buone solo a riconfermare la tesi neoliberale del pericolo fascista permanente, magari spaccando stoltamente qualche vetrina ampiamente assicurata con il nulla osta delle centrali del potere neoliberale. Insomma, i neofascisti svolgono la parte di pedine inconsapevoli dell’ordine neoliberale proprio come, in tutt’altro contesto i bonari neocomunisti che vengono esibiti su Rete 4, a mo’ di specie in via d’estinzione come i panda, invitati giusto per permettere di sopravvivere alla narrazione berlusconiana secondo cui i comunisti esistono ancora e sono la fonte di ogni male. Oggi l’antifascismo in assenza di fascismo serve a garantire che regnino sovranamente i banchieri come Draghi o Macron (non fascisti e dunque preferibili per definizione, in quanto “meno peggio”), e ciò, mentre i capponi contemporanei, come quelli di Renzo, si beccano impietosamente tra loro anziché fare un fronte coeso contro chi li sta portando in pentola. Da parecchi lustri la sinistra fucsia sceglie la via dell’antifascismo in assenza di fascismo per evitare accuratamente quella dell’anticapitalismo in presenza di capitalismo. Per questo, ripeto da tempo che condizione essenziale è il superamento della dicotomia destra/sinistra e delle sue varianti (antifascismo di sinistra e anticomunismo di destra). Finché non si saprà compiere questo passo, difficile quanto imprescindibile, impossibile aprioricamente sarà la creazione di un fronte unitario del dissenso. (..) La simbologia folklorica delle stelle rosse e le rotture del fronte nel nome dell’antifascismo finiscono per porsi come il più grande “dono” (a meno che io non sia ingenuamente ottimista) al partito unico neoliberista.”

La situazione è questa, liste differenti impegnate a raccogliere le firme per presentarsi divise sulla scheda elettorale il 25 settembre, che avrebbero potuto e dovuto, a detta di tutti tranne che dei rispettivi leader, fare fronte comune. Se un voto deve essere dato (non sono mai stato fautore dell’astensionismo) può essere dato a qualsiasi di queste forze come monito al sistema, un avvertimento che vi sono italiani non ancora domi alla narrativa neoliberista, ma sapendo che con questi presupposti nessuno di loro potrà rappresentare un reale cambiamento. Dopo il 25 settembre avverrà un ulteriore processo di disgregazione e frammentazione. Occorre tenersi pronti affinché il trauma aiuti a “dividere il grano dalla zizzania”, spero vivamente, pensionati i vari generali, si possa tornare a lavorare insieme ad un progetto condiviso.

« Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio. » Matteo 13,24-30.

 

Immagine: https://lindro.it/

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