Noi rivivremo

Noi rivivremo

Il massacro di Goldena, l’unico – mi pare – che venne pubblicato come un racconto e non soltanto a striscia, il formato tipico del fumetto anni ‘50. Tex Willer, parte di quell’indigestione di ‘eroi’ che nutrì l’infanzia e parte dell’adolescenza, lasciandomi un mondo fatto di emozioni a cui sono rimasto in sostanza fedele giocando alla realtà un brutto tiro perché confusa sovente dietro uno schermo di utopia e sogni. Ho cercato di ri- venirne in possesso – gli scatoloni di ‘giornaletti’, Pecos Bill e il piccolo pellerossa divenuto trombettiere di uno squadrone di cavalleria sudista, prima di leggere Il bianco sole dei vinti di Dominique Venner e il loro mito operato da Maurice Bardéche, le avventure de El Coyote, le riproduzioni e di uniformi e di soldatini di carta finiti nella spazzatura o regalati alla parrocchia -, invano. La trama: un rinnegato viene scacciato da Tex e dagli abitanti di Goldena, non ricordo per quale malefatta e decide di vendicarsi scatenando la furia di una tribù che uccide le donne i bambini e i vecchi, mentre gli uomini sono sulle loro tracce. Tex lo scova e, nel folto della foresta gli spara alle gambe e lo lascia preda dei lupi… Una giustizia e, proprio perché senza sconti, un tempo s’è discusso se si dovesse inserire fra i ‘neri’ come, in altro ambito, Lucio Battisti e le sue canzoni per quei testi ove erano le emozioni a dominare e non qualche protesta sociale, pur se legittima.                                                          

‘Aquila della notte’ per i Navajos, di cui è stato eletto a guida, di un popolo presso il confine con il Messico, con i villaggi di case d’argilla, addossate l’una all’altra con l’entrata da un’apertura sul tetto quasi a voler preservare un rapporto costante con il cielo stellato – quella Via Lattea che, secondo gli sciamani, è il cammino intrapreso dai guerrieri, caduti in battaglia o durante la caccia, per giungere alla prateria ove vivranno in eterno. Vi ho scritto un breve racconto. Narra di un vecchio navajo che va a schiantarsi con la motocicletta dopo aver liberato da una stalla un puledro nella illusione di dargli l’originaria libertà e che, al contrario, perdutosi lungo una statale e accecato dai fari di un autocarro ne viene travolto. Eco – credo di ricordare – di una poesia tratta da una antologia della beat generation.                                                            

Trovo un vecchio libro sul ‘sonno degli dei’ e un capitolo dedicato ai nativi d’America e alla ‘danza degli spettri’ che determinò la strage di Wounded Knee, l’ultimo tragico episodio di guerra contro gli Indiani – 29 dicembre 1890 con i suoi trecento morti, in gran parte donne e bambini. Per alcuni anni, la bandiera della Confederazione e due poster di capi indiani alla parete, quando si proiettavano film, come Il piccolo grande uomo o Soldato blu. E l’Adelphi pubblicava Alce Nero parla. La mia scelta trovava conferma. Come per i sudisti, dalla parte dei vinti. ‘Il vento agita i salici … Il vento agita l’erba … Noi rivivremo’.

 

 

Immagine: https://gliaudaci.blogspot.com/

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