I pedoni bianchi e neri

I pedoni bianchi e neri

Se non avesse inciso nella storia del Novecento e, in particolare, in quella italiana, lo si potrebbe collocare fra i ‘Supereroi’ della heroic fantasy – magari fra i loro nemici, che sono tutti ‘brutti sporchi e cattivi’, ma pur sempre presenti e funzionali. Basta scorrere lo sguardo verso gli scaffali con le novità librarie dopo un sapiente accanito e sapido passaggio su giornali e programmi televisivi. Il centenario che lo vide quale indiscusso protagonista cade in questi giorni – il 28 ottobre – e il rullio di tamburi e gli squilli di tromba suoni striduli e piagnisteo degli operatori del mercato librario si sono levati ormai da mesi. Lo spazio c’è e deputato a rendere ‘telegenico’ l’evento con macchine da ripresa scatti fotografici microfoni sui presenti che, purtroppo si prestano al circo mediatico, alcuni sinceramente coinvolti e commossi altri per dare sfogo a forme indecenti e servili di esibizionismo. È l’anniversario della Marcia su Roma, il protagonista Benito Mussolini. La cripta dove è sepolto, Predappio.             

(Se le condizioni minime di salute me lo consentiranno tornerò – e per l’ultima volta a rendere simbolicamente omaggio alla mia storia, di un adolescente in camicia nera – in effetti, bianca in origine e portata in tintoria – che prese treno e corriera, tutto solo, spaurito e, al contempo, fiero in cuor suo per quel gesto di sfida, e che levò il braccio teso a rendere sé stesso parte di un prima e di un poi, fedele alla consegna. E, essendovi poi ritornato sovente, come sovente ritornavo in Romagna, terra in qualche misura d’adozione, trascriverò qui una delle volte, quella – diciamo – più ‘collettiva’ e ‘politica’ di cui parlo in E venne Valle Giulia).                                                   

Come per i mussulmani, uno dei precetti prescrive il viaggio alla Mecca almeno una volta nella propria vita, così per il neofascismo anni ’60 era obbligo organizzare, possibilmente nei giorni canonici, una andata e ritorno in pullman, pellegrinaggio alla tomba di Mussolini. Un atto di fede – in nome dell’Idea, con la maiuscola e senza ulteriori delucidazioni, si chiudeva ogni possibile dissenso (solo in apparenza che diatribe, personalismi, innamoramenti e quant’altro erano e sono la nota stonata e pur dominante). Con spirito goliardico, canzoni, vino e tagliatelle al ragù. Qualcuno fra i reduci ci aggiungeva una lacrima, sempre apprezzata e al momento giusto.

Spesso, soprattutto nei primi anni dopo la traslazione della salma nella cripta di famiglia, si aggiungevano i comunisti appostati in ogni paese a inveire e tirar pietre. Si scendeva di corsa al grido All’armi siam fascisti!, con un improvviso e miracoloso apparire di bastoni e catene, si lasciava il ricordo del proprio passaggio. Sul pullman, rapidamente rimessosi in moto per evitare vetri in frantumi e noie con i carabinieri, un occhio nero, qualche livido e l’immancabile testa malamente fasciata. (pag. 132 e a seguire. Qui basta l’esordio e, caso raro, evito il raccontarmi, nella pia illusione di stimolare il lettore a comprarsi il libro, un po’ vecchiotto, ottobre 2008). Torniamo agli scaffali delle librerie. Se Mussolini non fosse mai esistito, si sarebbe dovuto inventarlo, appunto. Scrive il poeta greco Agatone (celebre perché Platone, nella sua dimora, vi ambienta il Simposio) ‘se c’è una sola cosa negata persino a Dio, questa è il potere di poter cancellare il passato’. I greci erano ancora degli ottimisti… la modernità s’è spinta ben oltre. Nel gioco degli scacchi o a dama le pedine sono o bianche o nere. Noi abbiamo scelto di giocare con quest’ultime. Siamo, almeno di fronte agli indici di gradimento e alla produzione libraria, dei giocatori vincenti. 

 

Immagine: https://www.ilmattino.it/

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