Ho sentito il discorso della Meloni alla Camera

 

Ho sentito il discorso della Meloni alla Camera

La prima sensazione che ne ho ricevuto è di amarezza, estrema amarezza.

Vedere una giovane donna, che ha avuto il coraggio e la forza di diventare Presidente del Consiglio in Italia, dover piegare la testa alle falsificazioni della storia, alla vulgata dominante, al politicamente corretto e ai voleri dei dominatori occupanti che hanno addirittura mandato osservatori diretti per controllare il rispetto degli ordini, fa veramente male.

Ma ci obbliga a prendere atto della dura realtà che supera qualsiasi idea sognata o immaginata.

Non serve osservare che con queste frasi è riuscita a spuntare gli artigli dei nemici che, ancora una volta, se ce ne fosse stato il bisogno, hanno dimostrato la loro pochezza, il loro asservimento totale alle volontà antinazionali, la loro predisposizione al tradimento dell’Italia.

È duro sentire una persona, che dichiara la propria volontà di difendere gli interessi nazionali, proclamare la necessità di sostenere Zelenski, la volontà di proseguire nell’attuazione del PNRR, quel piano anti-italiano di cui abbiamo parlato altre volte e via di questo passo.

È il prezzo che si deve pagare per stare al governo in Italia, che si mostra sempre più come una colonia priva di sovranità, ma che altre parti politiche negli anni passati hanno condotto nel baratro della perdita anche della sovranità culturale, attraverso le cosiddette battaglie civili che sono state il vero strumento di distruzione della civiltà europea e di corruzione delle anime e delle famiglie e che hanno sostituito, distruggendone i risultati, le battaglie sociali del secolo passato.

Non posso dimenticare che D’Alema, uomo di riferimento del grande popolo della Pace, quando diventò Presidente del Consiglio, dovette partecipare al bombardamento di Belgrado, nel cuore dell’Europa.

Eppure c’è gente in Italia che continua a credere che la guerra del 1945 l’abbiamo vinta anche noi, e, in modo vergognoso ed oltraggioso per la nostra unità di popolo, continua a festeggiare quella sconfitta, le cui conseguenze più drammatiche stiamo pagando proprio in questi tempi ed in quelli prossimi venturi.

Eppure, negli stretti margini di vera libertà che rimangono, ho sentito delle petizioni di principio abbastanza convincenti, alcune delle quali potrebbero far sorgere delle piccole speranze di ripresa e, forse, di ravvedimento.

Ho sentito parlare di commissione di inchiesta per i crimini commessi nella gestione della pandemia, ho ascoltato con attenzione la volontà di proteggere e rilanciare in tutto il mondo la lingua italiana, di tutelare in tutti i modi i prodotti italiani, sia quelli agricoli, che quelli della grande tradizione artigiana, che quelli industriali.

Ma soprattutto mi è piaciuta la volontà di attrarre i capitali esteri, purchè non dediti alla predazione delle grandi capacità produttive del nostro popolo; il che equivale a dire la fine della spoliazione delle nostre capacità tecniche e creative, non impedite, ma anzi agevolate, dai cosiddetti governi tecnici quasi sempre pilotati e asserviti ad interessi anti-italiani. Tutto questo fa pensare anche alla fine delle svendite dei patrimoni pubblici e delle privatizzazioni selvagge.

Mi sono piaciute anche la visione di una scuola diversa che formi ed informi – anche se ha accennato al fatto che possa avviare al lavoro, cosa che non compete alla scuola ma allo stato – la volontà di introdurre il merito dappertutto, la voglia di estendere l’azione di cooperazione verso le nazioni dell’Africa, la tutela della famiglia e la ripresa della natalità.

Vi sono altri aspetti positivi che andrebbero evidenziati, ma non mi pare il momento.

Per ora, come dicevo, sono solo petizioni di principio che non so se gliele faranno realizzare o se saranno realmente capaci di farle; ma tutto questo potrebbe far rinascere delle tenui speranze di ripresa soprattutto se saranno capaci di realizzare una nuova concezione del lavoro, inespressa nel discorso, ma che si potrebbe intuire. Una prima porta per uscire dallo schema liberista dominante.

Quello che non capisco è se dietro tutto questo c’è una vera strategia per l’Italia che mi potrebbe aiutare a superare l’amarezza iniziale.

La mia previsione?

Saranno i fatti a dircelo.

 

Immagine: https://www.lastampa.it/

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