La Caporetto del 1962

 

La Caporetto del 1962

Non ci sono per un Paese o per una grande comunità modi per morire più efficaci di un’invasione che ne altera il sangue fin tanto da portare in Parlamento – luogo nobile per antonomasia – un alieno con gli stivali di gomma, e di un sistema scolastico che si contraddica prescindendo dal merito, che funzioni, cioé, come una sorta di tubo digerente per scaricare sul mercato del lavoro, sempre più esiguo, e nella società, sempre più atomizzata, altro che merda.

Lo stato della Scuola in Italia é ormai quello di un’istituzione defunta, intorno alla quale si agitano, come tante larve, senza sapere esattamente per che cosa, gli insegnanti che hanno smarrito la propria identità, sommersi dalle scartoffie e costretti a seguire le sterili liturgie concepite per loro dai burocrati del Palazzo, e la massa anonima degli alunni che fingono di studiare, tanto sono promossi lo stesso: la celebrazione dell’uguaglianza, secondo i criteri omologati dalla vecchia Sinistra, che mette insieme geni e somari, professori e bidelli, e che permette ai genitori – legittimati dai decreti delegati del ’73 – di negoziare nei consigli di classe e nel consiglio d’Istituto il progetto educativo che hanno pensato per i propri figli: fatto quasi sempre di interrogazioni con largo preavviso, di compiti facili e di sorvoli ad alta quota sulle loro licenze, anche quando come accade assai spesso, sconfinano nel codice penale.

Rimbomba ancora nelle mie orecchie il grido di guerra dei pedagogisti democratici, ‘l’insegnante che boccia, boccia se stesso’, una massima scolpita nel cemento armato della loro ideologia, formata dall’incontro di due affluenti, l’ecumenismo ipocrita dei cattolici, e la tendenza a concepire il mondo come una tavola piatta, senza né picchi né depressioni, una cosmogonia molto cara, per quanto sembri paradossale, sia ai padroni che ai comunisti, e alla loro discendenza attuale.

Nell’atto di spostare sull’insegnante la responsabilità dell’insuccesso scolastico che appartiene, per tradizione e per logica, al singolo individuo, inteso come alunno, con tutto il suo parentato e con tutto il suo vicinato (nessuno é mai troppo solo con se stesso) si é rivelata, in modo inequivocabile, la volontà di rimuovere col bulldozer le fondamenta del sistema chiamato Stato, giacché é evidente come il naturale corollario di questa impostazione – decisamente eversiva – sia stata l’introduzione, nelle pandette del ministero di viale Trastevere, dell”insegnamento individualizzato’, un vestitino di carta cucito addosso al discente, a ciascuno il suo, anche quando il ‘suo’ sia così poca cosa da svuotare di qualsiasi significato il ruolo dell’insegnante o da fargli assumere la colpa di avergli preso le misure sbagliate.

E’ altresi’ fuori discussione – per continuare a dipanare un ragionamento che pretenderebbe per ogni stazione una lunga sosta, come nella ‘via crucis’ – che tale rivoluzione, da Copernico a Tolomeo (lo staff degli insegnanti che ruota intorno all’alunno, servito e riverito come un piccolo dio), abbia reso del tutto aleatoria la valutazione del profitto scolastico, che ora fa premio non su competenze certificate, ma su di una serie di variabili che vengono prese regolarmente a prestito dalla sociologia (poverino! Vive in un quartiere desolato!), dalla psicologia (gli é morto il gatto!) e dalle mode alimentate da una classe politica che ha fatto la propria fortuna – e la sfortuna del Paese – trincerandosi dietro le volute di fumo del relativismo: quella perversione della mente per cui si ammette tutto, dall’indulgenza per gli assassini alle ‘quote rosa’, che sono, al più, un esercizio di insiemistica, ma prescindono dall’apprezzamento del ‘merito’, una parola che genera repulsione, lo stesso effetto, nell’esorcismo, di certi versetti, sul posseduto.

Che la pubblica istruzione sia soggetta alla potestà politica, che la manipola perché le assomigli, e che influisca sulle condotte collettive, determinando alla lunga la posizione di un Paese (più avanti o più indietro, in tempi di pace) dovrebbe essere un fatto scontato, ma, purtroppo, non lo si può ricavare neppure dai programmi del nuovo Governo, che le concede uno spazio lillipuziano, nonostante quest’estate, con la scusa del Covid, gli alunni scrutinati ed esaminati siano diventati todos caballeros, e si moltiplichino ovunque gli episodi in cui anche i loro genitori si accaniscono sui docenti scambiandoli per dei pungiball.

L’inizio della fine, almeno per chi tende a storicizzare con passabile precisione, fu annunciata con robusti squilli di tromba nell’ormai lontano 1962. Cominciava allora a sbiadirsi l’epopea resistenziale e si profilava all’orizzonte l’eldorado del primo Centro-Sinistra. Socialisti e democristiani, smaniosi di suggellare la svolta con delle riforme di struttura – così si chiamavano – cominciarono dalla scuola. E’ sempre qui che tutto ha inizio e tutto finisce, il destino circolare dell’uroboro. Venne eliminata la biforcazione, a monte, tra avviamento professionale – la scorciatoia per il lavoro – e la scuola media, alla quale accedevano dalle Elementari, dopo aver superato il cosiddetto ‘esame di Stato’, coloro che intendevano proseguire gli studi, puntando all’Università. S i poteva scegliere, col vantaggio che sul percorso più lungo non si creava l’intasamento determinato dagli alunni riottosi e dalle famiglie che li avrebbero mandati subito ad imparare un mestiere (le strade del Friuli all’indomani di Caporetto), ma l’approccio, meramente ideologico, e inevitabilmente sbagliato, che il legislatore, ispirato da Moro e Nenni, ebbe con l’organizzazione dei primi due gradi della scuola pubblica esistente sino a quel momento, finì con l’attribuirle l’aggettivo ‘classista’, che poi, per osmosi, passò ai programmi della scuola media inferiore, per devastarli. Furono radiati dal menu’ di Italiano l’Iliade, l’Eneide e l’Odissea. L’ordine, che era l’idea/pilastro consustanziata col Disegno (le proiezioni ortogonali rifinite con l’inchiostro di china, e guai a far deragliare il pennino) e con l’Educazione Fisica (tutti allineati e coperti, pertica e quadro svedese), fu soppiantato dagli scarabocchi e dal gioco, il trionfo della libertà di espressione per chi ci era rimasto male nel vedere i film in bianco e nero di Leni Riefenstahl.

Ovviamente, il ‘Latino’ fece una brutta fine: troppa roba per i figli degli operai (ma non dovevano essere messi nelle condizioni di uniformarsi a quelli del conte Tacchia?), una mutilazione del tutto ingiustificata, per far posto a due nuove materie, ‘Educazione Tecnica’ ed ‘Educazione Musicale’ (una coppia di ‘Trabant’ invece di una ‘Ferrari’), che debbono aver contribuito in maniera decisiva alla formazione di diverse generazioni di Italiani, se i giovani di oggi non sanno tenere un righello in mano e se il loro rapporto col pentagramma si é evoluto sino a raggiungere il livello dei Maneskin.

Mi sono limitato a parlare di come la vecchia Sinistra e i suoi innumerevoli palafrenieri hanno distrutto la scuola italiana anche se non sono, e non sono stato, un osservatore diretto delle vicende che riguardano la media superiore, tranne che per un fenomeno che é facilmente intuibile e che mi é stato regolarmente segnalato dai docenti che vi stanno facendo servizio: quello della pochezza che viene su dalle Elementari ed entra nella Media per irrompere poi nei Licei e negli Istituti tecnici (sfocerà poi nelle Università da dove tornerà poi nelle scuole, si sparpaglierà negli ospedali e negli uffici, penetrerà nel Parlamento, dilagherà), e dell’inevitabile adattamento dei curricoli alla qualità dei discenti che é sempre più bassa, altrimenti si chiude, e sarebbe un guaio grosso per chi ci lavora.

Se ci si rende conto di quanto il declino e la crisi della Scuola, ormai giunti all’ultimo stadio (quello successivo sarà una via di mezzo tra l”Arancia Meccanica’ e una recita di Alvaro Vitali), stiano pesantemente ipotecando il futuro di questo Paese, i genitori e, in qualche caso, i nonni degli sbarbatelli ignoranti che fanno ‘occupazione’, dovranno andare da loro e cacciarli via, se necessario anche con le buone, per prenderne il posto. Nelle Università e nelle scuole, per un altro inizio, per la rivoluzione.

 

Immagine: https://www.lafionda.org/

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