Tradotto è il fattore d’attrazione opposto del push factor, fattore di spinta, interconnessi nella relazione cause-effetto = immigrazione, fenomeno biblico, non solo nel Mediterraneo, la tratta degli schiavi (senza ipocriti giri di parole) prosegue nonostante le alzate di scudi, i reiterati, inutili appelli alla solidarietà UE nella gestione del fenomeno, il disco di Bruxelles è la voce di un grigio portavoce di Bruxelles: ”Ricordiamo che salvare le vite a rischio in mare è un obbligo morale e legale per gli Stati membri secondo il diritto internazionale, indipendentemente dalle circostanze che hanno portato le persone a ritrovarsi in una situazione di difficoltà”. L’UE in sostanza usa gli scudi della convenzione di Amburgo (1979) sulle zone SAR (Save And Rescue) che determinano chi è responsabile del salvataggio in acque internazionali, la convenzione UNCLOS delle Nazioni Unite (1982) che ribadisce l’obbligo di soccorso, in mare, di vite umane in pericolo già prescritto nell’antecedente SOLAS (1974) dove il salvataggio si completa con lo sbarco in porto sicuro.
Il casus belli, di questi giorni, erano le tre navi a largo delle nostre coste in attesa de l’o.k. allo sbarco, Governo in primis tosto nel niet, poi giù donne, bambini e infine i “residuali”, insomma tutti a terra meno i migranti dell’Ocean Viking che “in via eccezionale” saranno accolti contro voglia a Tolone in Francia. Sono, per questo, scoccate scintille tra Asterix Macron e Roma, i galli hanno alzato le penne blindando da subito i confini francesi per terra e per mare, la parola d’ordine è respingimento.
Ma torniamo al tema, il pull factor anzi i pull factors che incoraggiano migliaia e migliaia di migranti a puntare tutto sull’Italia percepita come l’Eldorado dell’immigrazione clandestina sono diversi, il primo è appunto il datato diritto internazionale sopracitato, nella fattispecie obbliga l’Italia allungata verso il Magreb a pattugliare con la Guardia costiera anche le acque internazionali prestando immediato soccorso ai gommoni inzeppati di migranti, è sufficiente lascino le acque territoriali di pertinenza dei Paesi di imbarco. Lo stesso dicasi per la “flotta civile” delle Ong, secondo informazioni segrete (!) fornite da Frontex, questa presenza costituisce una garanzia richiesta dai migranti stessi prima di imbarcarsi ed è più che comprensibile in loro evitare l’alto rischio di morte in un Mediterraneo trasformatosi in Verano.
Ma il pull factor Italia è indotto dal Regolamento (UE) N. 604/2013, detto Dublino III, nel quale, oltre al bla bla articolato, si stabiliscono i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Leggiamo: CAPO III CRITERI PER DETERMINARE LO STATO MEMBRO COMPETENTE, Articolo 7 capo 2. “La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro”. Art. 13 capo 1 “Quando è accertato, […] che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale”.
E’ stra evidente che sia l’Italia a doversi sobbarcare per disposizione geografica il controllo, il soccorso e la gestione dei flussi migratori dall’Africa, la tenaglia del diritto internazionale e del Regolamento di Dublino ci costringono a sostenere in solitudine un fenomeno epocale, l’auspicata redistribuzione dei rifugiati tra i Paesi UE è pia illusione, ciascuno Stato alza muri o steccati in nome della solidarietà europea (sic!), la speranzella flebile di Draghi-Lamorgese di un’equa spartizione del numero dei rifugiati tra gli Stati membri e le promesse, solo verbali, di pochi Paesi sono risultati vento, numeri alla mano (quanto le generiche affermazioni di Weber del PPE).
Il minacciato blocco navale, sempre a guida UE, davanti le acque territoriali dei Paesi del Magreb è impercorribile, equivarrebbe ad un’azione di guerra unilaterale verso Nazioni, tra l’altro, alle quali chiediamo, col cappello in mano, di erogarci più oro nero e gas vista la crisi energetica in atto.
L’unica strada percorribile è in solitaria, è che l’Italia rinverdisca il suo ruolo centrale nel Mediterraneo (Craxi l’aveva ben compreso) attraverso la diplomazia certo ma soprattutto con forti interventi strategici di investimento e cooperazione in un do ut des con quell’orlo dell’Africa in grande instabilità politica ed economica (altro che primavera araba e suicida caduta di Gheddafi) e che oggi tristemente somiglia al Golfo di Guinea da dove salpavano le navi dei negrieri.
Perché la coperta di oggi è l’humanitas ma in concreto l’immigrazione clandestina è una filiera usuraia sulla pelle di esseri umani. Che vergogna!