Faro di cultura è vero, creatore di civiltà, altrettanto vero. Ma non basta.
L’Italia, per la sua collocazione geografica, è il cuore pulsante al centro del Mediterraneo, è il ponte naturale tra le nazioni del centro Europa e quelle dell’altra sponda, soprattutto Africa ma anche Asia.
Siamo la cerniera di collegamento fra l’Europa continentale e le nazioni che affacciano sul “mare nostrum”, un ruolo geopolitico che la natura, la geografia, ci ha assegnato ma che la storia ha confermato nei millenni.
Un ruolo e una funzione che danno il senso della nostra stessa nazione con un nord industriale che dialoga con il cuore dell’Europa, un Sud agricolo, turistico, punto di transito e collegamento con il ricco continente Africano e Roma perno inesauribile e cinghia di trasmissione e scambio fra le due parti dell’Italia una.
Qua nasce il primo grosso problema da affrontare per tornare a svolgere questo nostro ruolo: ricostruire la nostra comune identità nazionale, quel comune sentire che ci fa orgogliosi di essere italiani. Non è sufficiente il nostro enorme patrimonio culturale, non è sufficiente la spettacolare bellezza dei nostri luoghi, non basta la nostra lingua, unica per ricchezza di vocaboli, per varietà di forme grammaticali e per sintassi; sono sicuramente delle importantissime basi di partenza ma serve qualcosa che utilizzi tutti questi presupposti e cementi in un nuovo senso di appartenenza questa nostra Italia spezzata.
Una spaccatura che ha segnato pesantemente la nostra storia unitaria sin dalle origini con una cruenta guerra civile che sconvolse tutti i presupposti unitari, mi riferisco alla conquista da parte dei piemontesi, con l’appoggio degli inglesi, del Regno delle Due Sicilie, cui fece seguito una lunga guerra (detta lotta al brigantaggio dai piemontesi e guerra legittimista dagli insorti) che causò tante atrocità e migliaia di morti. Una guerra mai risolta e che ha dato vita alla questione meridionale viva ancora oggi.
Spaccatura aggravata dalla guerra civile tra fascisti e antifascisti, anche questa incompiuta, perché risolta dalla vittoria delle armate statunitensi, che hanno occupato militarmente tutta l’Italia, ci hanno costretti ad una resa senza condizioni, di cui stiamo pagando ancora le conseguenze, e hanno consentito una ignobile mattanza, al limite del genocidio, a guerra finita. Il tutto legittimato e codificato, su imposizione degli inglesi, anche nella carta costituzionale, che tiene ben separati i cittadini “buoni” da quelli “cattivi”, attraverso delle norme transitorie che non transitano mai.
Anche questa, come dicevamo, una guerra civile irrisolta tanto è vero che è stata la causa prima della terza guerra civile italiana, anche questa con morti, feriti e tanti, tanti, arresti, quasi un’intera generazione di giovani, quasi sempre i più audaci e i più capaci, tolta dalla circolazione, in un momento cruciale per l’Italia; parlo ovviamente della lotta armata a cavallo della fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Stagione che cerca ancora la sua pacificazione.
Dobbiamo intelligentemente superare queste tre fratture per riacquistare l’orgoglio di essere un popolo coeso e dobbiamo affrontare in condizioni di parità e senza inutili servilismi la drammaticità ancora viva di quegli eventi.
Siamo un popolo sconfitto e dobbiamo ammetterlo, siamo un popolo occupato e dobbiamo riconoscerlo, l’armistizio dell’8 settembre del 1943 è stato obbrobrioso per il modo in cui è stato realizzato. De Felice sosteneva che quell’evento è stata una profonda lacerazione per l’identità di tutti gli Italiani. Una lacerazione etica.
Ma perché è fondamentale la ricostruzione dell’identità italiana?
Per vari motivi, ma prima di tutto per poter tornare a mostrare il nostro tradizionale spirito di accoglienza. Un popolo con un’identità forte non ha paura a confrontarsi con le altre culture perché è capace di metabolizzarle ed inglobarle. Ma, soprattutto, un popolo con un’identità forte sa definire in modo preciso il proprio interesse nazionale e sa battersi per la sua realizzazione, cosa che non è avvenuta ormai da decenni, tranne forse qualche piccola eccezione.
Abbiamo tanta strada da percorrere per conseguire tale obiettivo ma sono tutti passi da compiere e rapidamente.
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