Grazie di tutto, Joseph Aloisius

 

Grazie di tutto, Joseph Aloisius

Relativa è la proprietà di tutto ciò che é influenzato ed alterato dalle condizioni di stato, di luogo e di tempo nelle quali il singolo soggetto compie l’atto di sentire, di agire e di pensare, ed é dunque incompatibile, se non é sgrossato dagli accidenti , non solo con la naturale inclinazione di ogni comunità di darsi una regola che valga per tutti i suoi membri (il paradigma essenziale della Politica), ma anche con la ricerca scientifica che esula dall’osservazione analitica delle circostanze per ricavarne delle leggi, quelle senza le quali l’umanità tutta sarebbe rimasta incastrata nell’età della pietra.

Non é un caso che il termine ‘persona’ richiami alla mente l’idea del suono che ‘passa attraverso’ e della maschera che lo modula a seconda che essa esprima gioia o dolore, dandosi, fra l’altro, per inteso che la posizione dalla quale sto osservando la realtà (la sponda del letto mentre sono convalescente o la linea dell’orizzonte dall’ultimo piano del palazzo), e lo stato psicologico in cui mi trovo nel momento in cui compio tale azione, appartengono solo a me stesso, e testimoniano dell’unicità del mio essere, sono il mezzo che mi occorre per realizzare che pur essendo una parte infinitesimale di tutto il mondo che mi circonda, io in qualche modo gli impongo la mia esistenza, comportandomi nei suoi confronti come un piccolo dio.

Ma l”animale sociale’, sia esso l’ape che costruisce l’alveare, o l’uomo che si consorzia coi propri simili erigendo lo Stato, si spogliano della propria ‘unicità’, allorché essa arrivi al punto di impedire ogni menoma forma di aggregazione, e la sacrificano, con la rinuncia al perseguimento di un interesse contingente (ad esempio, l’elusione delle tasse), per cercare di soddisfare quello superiore dell’intera collettività.

Il ‘relativismo’ é il fenomeno contro il quale si é sviluppato, anche nel periodo della ‘cattività avignonese’, il magistero di Benedetto XVI: é quella declinazione del concetto di libertà, stando alla quale qualunque giudizio di valore attribuito a culture diverse dalla nostra o a condotte che non siano perfettamente in sintonia con le tradizioni consolidate, costituisce un arbitrio, specie quando sia negativo, perchè implica da parte di chi lo emette una presunzione di superiorità, per di più teoricamente inammissibile in assenza di un ente ‘terzo’ che risolva il dissidio o sia capace di scongiurarlo.

Dubito che, a parte Ratzinger e pochi altri, riunitisi in assemblea, alla luce delle torce, in fondo alle catacombe, abbiano avvertito l’estrema pericolosità di una simile impostazione. Non una porta che si apre sul vuoto sprigionando l’immancabile cigolio di un film horror, ma, ancor peggio, il rimbombo dei calcinacci che rovinano a terra, lo Stato che si apre come un carciofo alla giudia, un pezzo di qua e uno di là, dato che i presupposti dottrinari di una legge che renda tutti uguali al suo cospetto sono abbattuti dall’idea trionfante che il reo, il renitente, il diverso, si siano ridotti così a causa di qualche smagliatura all’interno dell’organizzazione sociale e che vadano dunque riconsiderati sulla scorta di un ‘metro’ che si avvicini, per quanto più é possibile, al loro. Questa filosofia – che le Sinistre hanno adottato all’indomani della caduta del muro di Berlino, quando si sono accorte delle difficoltà che avrebbero incontrato nel riformare ‘ex novo’ il proprio repertorio ideologico, e che comunque incorpora la vocazione individualistica dei liberali – ha avuto un’impressionante serie di ricadute sul funzionamento del sistema-Paese, anche in altre contrade dell’Occidente.

1)Nell’amministrazione della Giustizia, il reo, assistito da una moltitudine di psicologi e di sociologi (per definizione, praticanti di una scienza inesatta), ha finito per ritrovarsi sullo stesso piano della sua vittima, o magari anche più su, come confermano certi magistrati che hanno mandato assolti i ladri, a danno e a scorno dei derubati, che sono stati spediti in galera.

2)Nell’amministrazione scolastica, dove – ottemperando ad indicazioni che hanno una pronunciata portata strategica – si é accantonata la valutazione oggettiva per dare spazio all’insegnamento individualizzato, all’abitino di carta cucito addosso agli alunni ritardatari, come a tanti pinocchi, per privarli – semmai ne avessero – della volontà di progredire, e di recuperare, mediante l’applicazione e lo studio, sul figlio del sindacalista d’alto bordo che frequenta le scuole private, in Svizzera o in Inghilterra.

3)Nella gestione dei flussi migratori, cioé nell’industria dell’accoglienza, che si snoda come una filiera, tra i due capolinea rappresentati, da un lato, dallo scafista che prende a bordo i turisti rimasti delusi dai servizi della ‘Camels Adventure’ e, dall’altro, dalla cooperativa che riceve dal contribuente i soldi per mantenerli: non importa che siano clandestini e che abbiano perciò violato i regolamenti del Paese in cui arrivano, nè che lo Stato spenda per loro molti più soldi di quanti ne metta a disposizione per gli anziani che raccolgono gli avanzi nei cassonetti. L’importante é, nell’essere equiparato o addirittura retrocesso alle spalle di un tizio qualsiasi venuto da chissà dove, il cittadino si abitui alla prospettiva di ritornare suddito – un balzo all’indietro di otre due secoli – e perseveri nella ‘resilienza’, quella per cui piace tanto ai dominatori e ai padroni.

4)Nel modo in cui viene percepito lo Stato, specialmente dai più giovani, nei quali l’abrogazione del ‘pater familias’ e il convincimento che tutti i problemi si dissolvano nel frastuono dei rave, determinano per logica conseguenza non solo l’incapacità di distinguere l’autorevolezza dall’autorità, ma anche quella di ‘sentire’ l’autorità, soprattutto quando é lo Stato stesso a toglierla a coloro che dovrebbero esserne catafratti, come i poliziotti, i medici del servizio pubblico, gli insegnanti, i militari e le forze dell’ordine.

5)Nell’identificazione dei sessi ( e delle desinenze, al maschile piuttosto che al femminile), che ora dovrebbe far premio sul riconoscimento delle loro caratteristiche attraverso dei processi d’introspezione, femmina alle sei del mattino, maschio nell’imbrunire, o a giorni alterni: il fine é chiaramente quello di trasformare la geometria piana delle relazioni sociali in un inestricabile guazzabuglio, di piantare il seme della discordia anche dentro ogni individuo, di distruggere l’albero cardanico della società, che é la famiglia.

L’innumerevole sequenza degli effetti perversi prodotti dal relativismo, inteso come ‘forma mentis’, divenuta plebiscitaria a seguito di una tambureggiante campagna propagandistica, potrebbe continuare ancora per un bel pezzo se non fosse per lo spazio tiranno. Mi limito, nelle ristrettezze, a citare l’ultima, in ordine di importanza e di tempo, delle perversioni ascrivibili al relativismo dilagante, ed é quella di tutte le persone che si sono schierate su Facebbok, chi a difesa di Luxuria, che attacca Benedetto XVI per avere sprezzantemente ignorato gli appelli dei ligibiticippecioppe, chi a difesa del Papa emerito, senza rendersi conto della ripugnante assurdità di questo accostamento, già solo a pensarlo, già solo a parlarne. Infatti, chiudo.

 

Immagine: https://loccidentale.it/

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