Norimberga

 

Norimberga

Siedo all’esterno di una caffetteria con una tazza di caffè lungo e amaro e una fetta di torta ricoperta di sottili fette di prugne dal gusto asprigno. All’ombra inquietante della chiesa evangelica di San Sebaldo, monaco eremita ritiratosi a vivere nei boschi durante i primi secoli del cristianesimo (VIII secolo, credo). Iniziata in stile romanico nella prima metà del XIII secolo e terminata con forme gotiche solo nel 1379, roccaforte e simbolo della Riforma, nonostante la città rimanesse fedele agli imperatori della casa d’Asburgo.

Al suo interno grandi fotografie mostrano i danni subiti sotto i bombardamenti alleati tanto che oggi è definita ‘eine Kirche den Frieden’, una chiesa della pace, espressione che confermerebbe la tesi di Roberto come ci hanno sconfitto non soltanto con l’oro e l’acciaio ma anche – e soprattutto – con il dominio delle parole (insomma le bombe la distruzione – oltre il settanta per cento degli edifici furono rasi al suolo o danneggiati in Germania – il massacro di civili inermi – centinaia di migliaia tra morti e feriti – per potersi ‘fregiare’ della pace alleata, poter plaudire alla finis Europae alla perdita della propria identità).      

Norimberga. Amo questa città, ormai è la terza volta che mi ritrovo qui. Visito il castello le chiese principali le torri di quello che resta dell’antica cinta muraria la piazza ancora occupata da banchi di frutta del vecchio mercato la casa ove visse per molti anni il pittore Albrecht Duerer. Anche soltanto passeggiare per le strade e tentare di far rivivere in me le immagini rese celebri dal film Il trionfo della volontà della regista Leni Riefensthal sul raduno nazionalsocialista, il Parteitag, svoltosi dal 4 al 10 settembre del 1934.

Prima che venisse edificata l’immensa spianata – Robert Brasillach ne rimase affascinato e turbato, percependo con animo da poeta qualcosa di oscuro barbarico potente (ritrovo ne La rovina di Kash queste annotazioni: ‘E presto si accendono migliaia di fiaccole nello stadio di Norimberga per evocare dal buio l’essenza dileguata della sovranità, prima di bagnarla nel sangue per ravvivarne il pallore larvale’, a conferma che Hitler fu, insieme a Stalin, l’ultimo tentativo di opporsi al nichilismo) – dove sfileranno le truppe del Terzo Reich davanti all’uomo che ha saputo stringerle nel suo pugno e lanciarle prima alla conquista del potere in Germania e poi, ad occidente e ad oriente, alla conquista del resto del mondo.

Quel ‘Morgen ist mein’… Oggi la Zeppelinweise è stata trasformata in sede fieristica, ma una sorta di museo – espressione inconsapevole forse di ironia nostalgia rigoroso senso della storia – riporta le scene di quelle imponenti manifestazioni ‘le cattedrali di luce’ le bandiere le torce le file compatte a passo sicuro e cadenzato…

Sono trascorsi pochi anni, eppure nella prigione dell’oggi, mi sembrano lontani. Giorni grigi, carichi di una pioggia lieve e costante; solo alla partenza splende un bel sole. Quasi volesse vendicarsi perché rifiuto il presente sciatto e dimentico della modernità di un Paese, di quella ‘terra della sera’ che ci ha fatto innamorare della sua filosofia della musica di stivaloni chiodati e di sguardi aquilini e, per una breve stagione della mia esistenza, della parola ‘sempre’, illuso, a vincere il tempo.

 

 

 

Immagine: www.tichiamoquandotorno.com

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