I figli della topa

 

I figli della topa

La neolingua imposta dal mondo anglosassone, conia parole e concetti spesso astrusi e ancora più spesso inutili, in quanto perfettamente traducibili nella lingua di Dante, ma visto che come ha pensato bene di ricordarci il ministro Sangiuliano, il Sommo Poeta oggi sarebbe identificato come pericoloso fascista, gli vengono preferiti vocaboli inglesi. Quello che Gennaro Sangiuliano ha fatto nei confronti dell’Alighieri, è ciò che la sinistra fa da decenni, “cultural appropriation”, letteralmente “appropriazione culturale”, cioè, l’utilizzo di strumenti, simboli e immagini di una cultura non propria. In questi giorni a ridosso del voto regionale in Lazio e Lombardia, e del ben più sentito festival di Sanremo, continuano le polemiche post festivaliere. Dalle frasi di A(smo)madeus che ci parla delle proprie idee, come fosse in grado di averne, agli strascichi legali della sfuriata antifloreale di Blanco, sino al recente battibecco via social fra Manuel Franco Rocati in arte Rosa Chemical, e il 73enne Renato Fiacchini in arte Renato Zero.

Durante la conferenza stampa del suo nuovo tour, che partirà il 7 marzo al Mandela Forum di Firenze, per poi toccare i principali palasport italiani, il cantante Romano ha sentenziato: “Mi sono accorto che i miei sosia sono tantissimi, ma l’originale vince sempre. Vorrei che oggi i ragazzi potessero godere di una preparazione adeguata prima di essere mandati su un palco (..) Una volta c’erano tantissimi esperti nelle case discografiche, che ti davano i giusti consigli e ti aiutavano a trovare la tua strada artistica da percorrere, con i tempi giusti, (..) la colpa non è di Rosa Chemical o di altri ragazzi, ma di chi ritiene che la musica sia solo performance e manda in scena persone che non hanno ancora preparazione artistica. Di chi ritiene che la musica sia una velleità. La colpa è di chi pensa che fare il cantante sia un mestiere improvvisato e che non ci sia una responsabilità nell’andare in scena davanti al pubblico, teatrale o televisivo”. Renato Zero fa anche sapere che era stato invitato da Amadeus a Sanremo, ma ha preferito non andare. La sera della finale era invece ospite della concorrenza, a C’è posta per te.

Rosa Chemical per chi lo avesse dimenticato è l’autore oltre che della canzone “Brand” “Made in Italy”, del bacio omo con Fedez sul palco dell’Ariston, che ha esaltato il sinistrume italico, ormai ridotto ad un lumicino.  L’ex senatrice Monica Cirinnà, la famosa scopritrice del tesoretto lasciato da ignoti nella cuccia del proprio cane, lo definisce  un “inno alla bellezza”,  Utilizzare una pagliacciata concordata come arma politica, la dice lunga sull’ipocrisia di una certa corrente di pensiero. Pensiero che “stranamente” non appartiene a Renato Fiacchini, che da quel mondo si defilò con stile, proprio dal palco di Sanremo. Era il 2016, a presentare Carlo Conti, festival che sarà ricordato più che per la vittoria degli Stadio, per essere il primo festival dichiaratamente “gay friendly”, dove tutti gli artisti furono “Invitati“, ad esibirsi indossando un nastro arcobaleno, uno dei simboli più utilizzati dalla comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender). Alcuni cantanti si prodigarono anche in dichiarazioni, più o meno esplicite, sull’importanza dei pari diritti in un momento molto importante per l’avanzamento in Senato della legge Cirinnà.

Zero invitato come ospite, non solo non indossò, “il guinzaglio” arcobaleno, ma si smarcò definitivamente da quel mondo prima esaltando i valori della famiglia tradizionale, “La famiglia è importante se ne parla adesso come se fosse una novità. Da quella famosa capanna dove faceva molto freddo, e il signore era lontano quella notte, abbiamo imparato molto, abbiamo imparato che la convivenza dev’essere esercitata tra le quattro pareti di casa”  la famiglia deve tornare ad essere “quel valore che i nostri genitori, perlomeno i miei, mi avevano così felicemente inculcato”, poi definendo “Alieno” il mondo dalle sfilate arcobaleno, tacciandole di conformismo. Zero inviò alla platea un ringraziamento tutto suo: «Ringrazio la diffidenza di molti di voi, in tanti pensavano che gli alieni venissero da fuori e invece sono in mezzo a noi e io li rappresento modestamente tutti». Parole che fecero infuriare la comunità LBGT, che rispose con un attacco al cantante da parte dell’ex parlamentare del Pd Paola Concia. L’artista del resto già dal 2010, in seguito alla pubblicazione dell’album “Segreto amore” aveva fatto “outing”, dichiarandosi da sempre eterosessuale, e parlando della sua relazione giovanile con l’attrice Enrica Bonaccorti e della relazione con la sua segretaria Lucy Morante.  

Prima di Sanremo 2023, la sinistra che oggi marca il cantante Romano di omofobia, con un’operazione di  “cultural appropriation”, lo aveva momentaneamente ri arruolato al proprio mondo per le parole pronunciate contro Giorgia Meloni.  Il cantante, infatti, reduce dalla terza data al Circo Massimo di Roma del suo Zerosettanta, dopo il concerto, è tornato in albergo all’Hotel Parco dei Principi di Roma, che era anche sede del comitato elettorale di Fdi, e evidentemente ha avuto qualche problema ad arrivare a causa dei giornalisti ammassati all’esterno in attesa della leader di FdI, e ha sbottato, intercettato dai giornalisti: .“È regime questo, votate la m*rda che siete (..) andremo a votare come si fa una schedina del totocalcio, Non conosciamo i candidati. Abbiamo avuto gli Almiranti, i Saragat, Togliatti e Nenni gente che girava le borgate e invece ora brancoliamo nel buio”. Nessuno ha notato che fra tutti i nomi di politici citati quello dell’ex segretario del M.S.I. Giorgio Almirante veniva nominato per primo. Non voglio fare lo stesso errore della sinistra, non intendo appropriarmi culturalmente della figura del cantante Romano, ma resta il fatto, che al di là dell’apparenza scenica, Zero può essere ritenuto un uomo della tradizione, e proprio per questo è risultato credibile quando la trasgrediva. Se non credi in nulla non può esserci trasgressione.

Renato Fiacchini nasce a Roma il  30 settembre 1950, nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato 44 Album.  Padre poliziotto, abitava in un grande condominio della periferia romana, alla Montagnola, con altre famiglie di poliziotti. Sua mamma, infermiera, di cognome faceva Pica: come Claudio Villa, che si era convinto di essere suo parente. Frequenta le scuole fino alla terza media, poi va all’Istituto di Stato per la Cinematografia R. Rossellini. A solo 14 anni esordisce nel primo raduno “Beat” del 1964, che si svolge vicino Roma. Inizia a ad esibirsi in piccoli locali romani, assumendo, come sfida verso i denigratori («Sei uno zero», è la frase che si sente ripetere più spesso), il proprio pseudonimo. Viene notato dall’ ex volontario della Xª Flottiglia MAS del principe Junio Valerio Borghese, Alberigo Crocetta, proprietario dello storico locale “Piper Club”, in via Tagliamento, “scopritore” di talenti “non omologabili” come Patty Pravo e Mia Martini. Crocetta assume Renato, inizialmente come ballerino di supporto a Rita Pavone.  In quegli anni il Piper è il locale di punta per la scena musicale underground. Al Piper nel biennio 1967-1968 suoneranno i Pink Floyd,  The Byrds, The Who, Duke Ellington, Brian Auger, etcc. Sulla scia delle esperienze newyorkesi di Andy Warhol, Crocetta mette a disposizione il Piper per gli esperimenti psichedelici di connubio tra musica ed arti visive di Mario Schifano. Nel 1982 Renato Zero, gli renderà omaggio intitolando un suo disco “Via Tagliamento 1965/1970”, l’indirizzo del locale e gli anni di maggiore attività. Parlando dei propri esordi racconterà: “Eravamo un gruppazzo di esclusi (..) di provenienze diverse. Ma tutti con due domicili stabili: il Piper club e i Commissariati.”

In quell’ambiente furono molte le frequentazioni di Renato col mondo dell’estrema destra Romana, da cui Crocetta non ha mai preso le distanze, tanto che anni più tardi il servizio d’ordine durante i concerti verrà affidato ad un nutrito numero di camerati. Leonardo Starace, componente di quel servizio dirà: “Ricordo episodi curiosi legati alle tournée con Renato. Un giornale riportava nella titolatura: “Il servizio d’ordine di Renato Zero: tutti picchiatori fascisti!”.  Zero In una intervista/confessione a Vanity Fair, racconterà di aver scelto la linea stilistica della provocazione sessuale, ispirato alla scena Glam rock, innegabili le somiglianze fra il look del primo Renato Zero, con quelle del Duca Bianco David Bowie.  Nella stessa intervista dichiarerà di non aver mai fatto uso di sostanze stupefacenti prendendosela con gli spacciatori che chiama direttamente “parassiti”. All’inizio degli anni 70 , Crocetta decide di lasciare la sua quota del Piper Romano e riapre un nuovo locale con lo stesso nome a Viareggio. Nell’atmosfera dei tardi anni sessanta, che si sta impercettibilmente spostando dalla ingenua fase del beat all’impegno politico, Renato è ancora alla ricerca di un’identità, ci sono voci mai confermate (né smentite) di una sua domanda di iscrizione al M.S.I, nonostante la parentela con il filosofo e politico italiano, teorico del marxismo operaista Mario Tronti, che proponeva un’analisi moderna delle relazioni di classe rivendicandone la centralità tramite la visione di Ernst Jünger. (Tronti è figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è nonna del cantautore). Di Mario Tronti, Renato dirà:  «Lo ricordo ragazzo in una stanza piena di libri. I suoi genitori avevano il banco ai mercati generali. Per me il Partito comunista era questo: un padre che torna a casa stanco dal lavoro, mette in tavola un pane, un bicchiere di vino e un fiasco d’olio, e con quel che ha risparmiato compra un libro a suo figlio. Oggi questi c’hanno la barca.”

Sarà in quegli anni che Zero darà vita al proprio personaggio provocatorio ed alternativo, che racconterà in pezzi come “Mi vendo” e, in genere, nelll’intero album Zerofobia, un inno alla sua filosofia che combina tradizione e provocazione. Al periodo successivo appartengono pezzi come “Triangolo” che si fondono e si completano con accorati messaggi anti-aborto, “Sogni nel buio”, nonché anti-droga “La tua idea”. Nei primi anni 80, nella Versilia “alternativa” di Crocetta, Renato osservando alcuni ragazzi che gli si paravano davanti con i motorini esclamò: «Sembrano tanti sorci». Coniando il termine “Sorcini” per il proprio fans Club.  Casuale ma significativo che “sorci” si sentivano anche molti ragazzi di destra cresciuti con le letture de “La Voce della Fogna” e magari fra i Viareggini che curiosavano con i motorini c’era anche qualche lettore de: L'”Eco della Versilia” del “Fascista di Sinistra” Beppe Niccolai. I sorcini vengono omaggiati all’interno dell’album “Artide Antartide” uscito nel 1980 per RCA con la canzone “I figli della topa”.

La crescita del popolo dei sorcini era vista a sinistra  come una sorta di “involuzione” politica, come l’avanzata di un “neoqualunquismo” che teneva lontani i ragazzi dall’impegno politico. Era inconcepibile, nel tempo in cui impazzavano le “bombe proletarie” di Guccini, e “el pueblo unido” degli Inti Illimani, che qualcuno cantasse la “vita è un dono”.

Nel marzo 2009 Renato zero darà alle stampe l’album “PRESENTE”

In un altra intervista questa volta rilasciata a  Lucia Annunziata se la prende con il sovraffollamento delle carcere e con il problema dell’immigrazione:  “Le carceri hanno cominciato ad affollarsi grazie alla presenza degli stranieri. (..) Non possiamo continuare  ad assorbire l’arrivo di persone da altri Paesi non avendo le strutture adeguate per riceverle». Da una parte c’è l’Italia con i suoi problemi e con le sue angosce per il futuro di tanti giovani e di tante famiglie,  dall’altra  c’è «questa Europa che fa tanto la signora, soprattutto, tedeschi e francesi, che però si defilano davanti al problema: perché non si accollano anche loro l’assorbimento di questi flussi migratori di extracomunitari?» Nel 2000 viene accusato di lesioni nei confronti di un ex dipendente, dimostrandosi più “cazzuto” di quanto raccontava al sergente nella canzone “Sergente no”. Renato Zero probabilmente non è ascrivibile alla “Destra” politica, ma sicuramente non lo è neppure alla “Sinistra”. Non c’era e non c’è nessuna controrivoluzione culturale nelle sue canzoni, c’è solo la capacità di parlare direttamente al cuore dei giovani, con una cifra poetica che non si preoccupa di aderire ai canoni dell’ideologia dominante. E’ questa libertà di pensiero che lo porta a non preoccuparsi più di tanto del fatto che quello che afferma sia o meno in armonia con i canoni del “politically correct”. In questi anni è maturato, insieme con l’Italia, però lui è riuscito a rimanere se stesso, il bel paese invece, appare sempre più quel “carrozzone che va avanti da sé”, nonostante che alla guida ci sia Conte, Draghi o la Meloni.

Il risposta alle recenti polemiche Zero a risposto con un lapidario: “Alla faccia delle piramidi, dei mausolei, del travertino… anche Zero resiste all’usura!”.

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