Fine del Berlusconismo; il re è morto, viva il re

 

Fine del Berlusconismo; il re è morto, viva il re

Appena qualche mese fa, certamente prima del ricovero in terapia intensiva, era ancora in gran voga in Italia (come sport giornalistico nazionale) il “tiro al Silvio”. Da relativamente poco tempo il personale della politica e quello di giornali e tivù evita accuratamente di nominare l’ex Cavaliere Caimano. Tutti probabilmente consci che, con il trapasso di Berlusconi finisce uno dei motivi che permettono le baruffe chiozzotte nei programmi generalisti, nonché le polemiche melense e moraliste su una carta nemmeno buona per avvolgere del pesce il di’ seguente. Come ben sappiamo, sotto pandemia è stato sancito il divieto a visitare gli infermi sottoposti a terapia intensiva. Ne deriva che, è difficile stabilire se il fondatore di Forza Italia possa ancora definirsi tra noi terreni. Così incalzano le ipotesi d’una probabile morte che avrebbe già calato il sipario su una delle più brillanti esistenze italiane.

Non è un caso che, meno d’una settimana fa, la vignetta di Natangelo su “il Fatto quotidiano” abbia illustrato una signora in nero, con tanto di falce, che rifiuta una lauta offerta in danaro da un morente Silvio Berlusconi. Naturalmente si levava dai giornali filo moderati un coro d’indignazione contro Natangelo ed “il Fatto”, rei d’una sorta di lesa maestà verso l’uomo che di fatto rappresenta il punto d’equilibrio anche nel Governo Meloni.  I Soloni azzurri hanno tuonato che nessuno debba permettersi alcun sospetto sulle modalità con cui vengono diramate le notizie sul fondatore di Forza Italia. Sarebbe oltremodo ipocrita non ammettere che, il ricovero in terapia intensiva di Berlusconi viene gestito con le stesse modalità con cui è stata ritardata la ferale notizia della dipartita di Elisabetta II; uguale al mistero che ha avvolto la dipartita di Stalin, e che vide Berija ordinare l’arresto di tutti i medici perché notizia non circolasse, perché ci volevano giorni per perfezionare i passaggi di consegne. Ma chi potrebbe svolgere le funzioni di Berija? Marta Fascina, “moglie morganatica” di Berlusconi, sempre accanto a lui e con unica delega a gestire tutti i contatti politici? La Fascina ha in mano ormai cassa ed organizzazione del partito. Di fatto la Fascina filtra tutte le informazioni, ricordando non poco molte favorite di corte, su cui pesava il dovere d’allontanare ogni dubbio circa la dipartita del sovrano: una sorta di laica Suor Celestina pronta a non rivelare la morte del proprio Papa. Il Re è morto, evviva il Re? Non andiamo oltre, anche se la vignetta di Natangelo non può assolutamente essere presa per trovata balzana: probabilmente poggia su informazioni riservate a pochissimi. Sappiamo dalla stampa istituzionale che c’è un patto tra Marta Fascina e Marina Berlusconi: un patto che vuole la “morganatica” erediti Forza Italia mentre la primogenita funga da esecutrice testamentaria. È il caso di rammentare che siamo a cospetto del più ricco politico d’Italia, una sorta di sovrano. Silvio Berlusconi ha di fatto ereditato e condensato in se tutti i poteri che erano del disciolto Pentapartito, cercando per circa trent’anni di resuscitare il centralismo democristiano del dopoguerra: ricordate la frase “userò il miei soldi per combatte il comunismo”? Non vi ricorda forse il compito che era stato della Diccì fino al 1960? Ma evitiamo di cadere in antiche insinuazioni, questo non è il momento. Certamente Berlusconi potrebbe aver passato parte del suo potere centrista a Matteo Renzi, che è stato nominato direttore de “Il Riformista” appena cinque giorni fa: sappiamo bene che “Il Riformista” è un giornale finanziato dal fondatore di Forza Italia. Va detto che la storia è colma di esempi di reticenze e discrezione sulla dipartita di grandi personalità economiche e di regnanti.

Ricordiamo tutti l’alone di mistero che avvolse la morte di Sergio Marchionne, vide intrecciarsi smentite e false verità. Infatti Fca e l’ospedale di Zurigo fornivano versioni differenti sulla morte dell’ex ad del gruppo Fiat: da Zurigo sostenevano Marchionne fosse in cura presso la struttura da un anno; mentre Fiat Chrysler Automobiles (Fca) si dichiarava non al corrente della malattia. Di fatto gli eredi Fiat ed i grandi soci non volevano comunicare al mercato l’eventuale terremoto nelle società quotate nelle maggiori borse. Ma la Consob s’è ben guardata d’aprire un’indagine. Nel caso Marchionne era solo John Elkann a gestire ogni contatto ed informazione. Del resto anche la morte di Francisco Franco venne taciuta per più di quarantotto ore e poi, sistemate le cose, Rufo Gamazo (portavoce del Movimento National) trasmetteva un telegramma al Governo spagnolo con su scritto “Franco è morto”. Nulla di nuovo sotto il sole, pensate che il Tamerlano veniva colto da fortissime febbri, ma non è dato sapere quando abbia ceduto la sua fortissima fibra: la notizia della morte veniva comunicata ai sudditi sul finire del febbraio 1405, e sarebbe avvenuta nell’odierno territorio kazako. Una notte lunga più d’un mese inviluppava Samarcanda, avvolgendo così pian pianino tutto l’impero mongolo. Quando tornava il sole le terre erano già state divise, e con esse anche l’inestimabile tesoro. La notizia della morte, anche a causa dei passi montani bloccati dalla neve, aveva raggiunto troppo tardi anche l’erede designato: così i dignitari di corte favorirono ne approfittasse il nipote del Tamerlano. Ma quest’ultimo si rivelò incapace di mantenere l’unità dell’impero. E quando i sudditi cercarono di sostituirlo con Shah Rukh, l’ultimo saggio figlio del Tamerlano, l’erede rispose d’essersi ritirato in un monastero, e gli eredi di Gengis Khan iniziarono così a ritirarsi sui monti dell’India, dove ancora regnano come monaci buddisti.

Anche l’impero di Silvio Berlusconi non è più in Italia, le sue aziende sono ormai società di diritto olandese: di fatto hanno seguito l’insegnamento della Fiat come di altri colossi che hanno abbandonato lo Stivale.

Nel 1941 l’antropologo russo Mikhail M. Gerasimov riesumava il corpo del Tamerlano dal mausoleo di Samarcanda, dalla conformazione ossea desumeva che era vero erede di Gengis Khan, quindi concludeva che la storia ha la forza di donare comunque l’eternità ai grandi uomini.

Diversa la sorte degli eredi e dei servi, soprattutto per opportunità politica, probabilmente costretti ad usare i lauti guadagni per acquisire una posizione in altri partiti, più o meno di destra o più o meno centristi. Nulla di nuovo sotto il sole, a parte Matteo Renzi non sembra vi siano eredi politici.

 

Immagine: https://www.libero.it/

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