In mare, vento onde avventura…
Torino. Corso Casale n-205, sulla modesta facciata una lapide ricorda come ‘Fra queste mura – Emilio Salgari – visse in onorata povertà – popolando il mondo di personaggi – nati dalla sua inesauribile fantasia – fedeli ad un cavalleresco ideale – di lealtà e di coraggio – perché gli italiani non dimentichino – la sua genialità avventurosa – il suo doloroso calvario – la rivista Italia nel mare questo ricordo pose’. Da qui, nella mattina di martedì 25 aprile 1911, con un rasoio in tasca prese il tram verso Val San Martino, dove era solito portarvi la famiglia per una merenda sul prato. Nel bosco, in un anfratto, si lacerò il ventre e la gola – simile ad un antico bushi – con gli occhi rivolti là dove sorge il sole. Soffocato dai debiti, la moglie adorata ormai fuori di senno.
Forse, nella mente, gli apparvero le immagini dei suoi eroi più celebri, che nutrirono più generazioni di sogni di eroismo e di sfide verso un mondo che guardava il nostro Paese quale sole pizza mandolini e che, nelle trincee del Carso sui picchi rocciosi nelle acque amare dell’Adriatico e in cieli fino allora inviolati, gettarono al contrario il cuore oltre l’ostacolo e le fondamenta di una Italia in camicia nera, illusa certo, d’essere più grande e migliore. Platone, Shakespeare, Calderon De La Barca… Che sarebbe l’esistenza, del resto, se non s’impastasse della materia del sogno? Su un misero praho alla deriva sventola orgogliosa la rossa bandiera di Sandokan – ‘la Tigre non è morta!’ – e prossima la riscossa; così, sul ponte del vascello il Folgore, nella notte di tempesta e tragedia, il Corsaro Nero piange, ma mantiene fede al sacro giuramento di vendicare la famiglia sterminata dal tradimento.
(Come vedete, pochi e fedeli lettori, non ho dimenticato i ‘miei’ amici più cari).
Drieu La Rochelle racconta come, nel bosco di Charleroi, abbandonando lo zaino sotto l’incalzare dei tedeschi, vi lasciasse in esso copia del Così parlò Zarathustra e ipotizza la sorpresa di un soldato nemico che, frugandovi dentro, vi scoprisse in esso appunto il libro di Nietzsche, avvertendo forse come vi fosse un cameratismo in spirito e non solo. Ernst Junger, fra i migliori interpreti del senso nuovo del conflitto mondiale, l’Orlando furioso dell’Ariosto. E Tolkien, scrivendo alla fidanzata, indicava già i presupposti de Il Signore degli Anelli. Quanti furono fra i nostri soldati che partirono per il fronte con Le tigri della Malesia quale viatico e che si protessero dal fango dalla fame dallo scoramento dall’orrore di corpi dilaniati e in putrefazione fra le trincee immaginandosi d’essere nei mari del Sud all’arrembaggio di galeoni spagnoli o aprendosi un sentiero nella jungla a colpi di machete?
Eppure Salgari aveva dalla sua una sola breve esperienza in mare. Per tre mesi aveva navigato spingendosi non oltre il porto di Brindisi sul mercantile Italia Una, toccando la costa dalmata. Ci sono uomini che, pur prigionieri di uno spazio limitato, sanno con gli occhi della mente e del cuore raccogliere in sé l’infinito e travalicare ogni forma di confine dato. Come in una cella d’isolamento, a ‘Villa triste’, carcere di Regina Coeli. Il letto con i piedi cementati al pavimento un lucernaio sbarre porta in legno spioncino mattonelle alle pareti trasudanti umidità il buiolodi plastica niente occhiali sigarette ma niente fiammiferi – idiozia o sadismo, chiedere alla guardia di accendertene una e con il mozzicone un’altra e un’altra ancora… ‘Niente dà la pace dell’anima di una sera d’inverno soli a bordo, con i gabbiani, il vento e le onde come unica compagnia’ (Bjoern Larsson). Soli? La cella simile a cabina di una barca a vela. E il Corsaro Nero al timone.
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