Meloni e il rischio del delirio di onnipotenza

 

Meloni e il rischio del delirio di onnipotenza

Brava, bravissima. Giorgia Meloni ha saputo portare Fratelli d’Italia dal 3 per cento a ben oltre il 30 e, conseguentemente, al governo del Paese. E questo è certamente merito della sua capacità di interpretare i bisogni e le esigenze degli italiani (i pochi che ancora vanno a votare…) e di parlare in modo semplice e diretto. Il difficile, però, arriva adesso.

 

Già, perché tra quattro mesi l’esecutivo Meloni compirà un anno e si ha l’impressione che la leader di Fratelli d’Italia abbia imboccato una strada pericolosa, molto pericolosa: quella del delirio di onnipotenza, lo stesso che è costato carissimo a politici come Matteo Renzi e Matteo Salvini o, per restare nel recinto della destra, a Francesco Storace.

 

La ragazza, come detto, è brava e fa breccia nel cuore (oltre che nelle tv) degli italiani, ma cominciano a emergere segnali preoccupanti sulla sua capacità di non debordare: l’addio del suo portavoce, Mario Sechi, ad esempio, suona come un campanello d’allarme. Sechi non solo è persona preparata e perbene, ma è un giornalista al quale non si può chiedere di chinare il capo davanti a urla e minacce, che sono il segno distintivo, sul luogo di lavoro, di alcuni personaggi del cerchio magico di Giorgia.

 

La stessa premier, del resto, è nota per le sue sfuriate, di cui nel recentissimo passato sembra abbia fatto le spese anche il cognato-ministro Lollobrigida, per le sue esternazioni sulla difesa della razza: è bastato qualche urlaccio di Giorgia, per convincere Lollobrigida a cambiare tema, virando sulle scommesse legate all’ippica, di stretta competenza del Ministero di cui è titolare e a lui sicuramente più congeniali.

 

Il fatto, però, che Sechi si sia rifiutato di farsi bullizzare dalla storica segretaria di Giorgia, Patrizia Scurti, e dall’altrettanto storica portavoce, Giovanna Ianniello, ha fatto emergere con chiarezza che il metodo di lavoro delle stanze più importanti di Palazzo Chigi è improntato alla strigliata e, molto spesso, anche all’insulto. E questo testimonia che Giorgia, quando abbandona i panni della premier buona e comprensiva, indossa quelli di una politica di professione, aggressiva con i collaboratori, che mostra tratti preoccupanti di arroganza. Atteggiamenti imitati, purtroppo, dagli “intimi” con i sottoposti. Ma se i più subiscono in silenzio, Sechi non ha accettato questo “gioco”, ha abbandonato la nave meloniana e si è diretto sulle più tranquille spiagge del quotidiano “Libero”.

 

A conferma di una “esuberanza” crescente di Nostra Signora della Garbatella c’è anche l’episodio della lite col radicale Magi a un convegno nella giornata internazionale contro l’abuso di stupefacenti. Nel merito, peraltro, la premier aveva ampiamente ragione, avendo denunciato le politiche fallimentari dei governi di centrosinistra in tema di droga. Ma quando Magi l’ha contestata pubblicamente, con strilli e cartelli, la Meloni è letteralmente “esplosa”, cercando, poi, di dileggiare il radicale, con battute e sorrisetti di presa in giro, caldamente applauditi dalla claque presente in sala. Una scena imbarazzante, della quale avrebbe potuto fare a meno, anche perché ha dato modo alla sinistra di attaccarla per “i suoi modi intolleranti”.

 

Ecco, a Giorgia ci sentiamo di dare un consiglio: si dedichi maggiormente alla soluzione dei problemi delle fasce più deboli della popolazione, per le quali il Governo sta facendo ancora troppo poco, e si preoccupi in modo meno ossessivo del potere, della smania di protagonismo, della distruzione sistematica degli avversari interni ed esterni. Faccia marcia indietro, finché è in tempo, ed eviti di percorrere lo stesso sentiero intrapreso, a suo tempo, dai già citati Renzi, Salvini e Storace: quello ispirato all’onnipotenza, che, a conti, ha portato male (molto male) a tutti e tre.

 

Immagine: https://www.ilfattoquotidiano.it/

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