C’é qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi d’antico: e ciò é indiscutibilmente vero quando nelle transizioni i frammenti del passato, delle epopee incompiute, si confondono con la realtà emergente che li contraddice. L’espressione di Tajani, già deturpata dalla perdita del caro estinto, volge al peggio quando gli si prospetta la possibilità di ‘stringere’ con la Le Pen, e, magari, di aprire una timida linea di credito verso Zammour.
Con loro, mai: ha sentenziato. Eppure, senza saper né leggere né scrivere, rimango irrevocabilmente convinto del fatto che se la Meloni avesse voluto rinunciare alla zavorra di ‘Forza Italia’ (il partito del verbo ‘boh’ e del colore grigio sporco declinati in tutti i modi autorizzati dalla grammatica), piuttosto che cedere alla tentazione di fare i calcoli di bottega con gli averi svalutati del partito di Berlusconi, la coalizione di Destra avrebbe stravinto mettendo in berta anche i voti di coloro che l’anno scorso sono rimasti a casa perché ‘tanto non cambia mai niente’.
Come prescrive lo statuto dei moderati Il ritratto ingualcibile di Tajani campeggia sugli incendi appiccati in Francia dagli alieni dalla pelle nera e olivastra che sono venuti fuori dalle loro sentine per affermare il proprio diritto a fare del corporativismo razziale, ma anche (Dio li preservi dal rischio di tornare disciplinatamente sotto coperta una volta passata la buriana) sulla marcia intrapresa dai giovani patrioti francesi per intercettare i ‘barbari’ impegnati a spargere distruzione ed odio su ciò che ancora rimane della Francia violentata a turno prima da Sarkozy e poi da Macron.
Premesso che sono il primo a riconoscersi nel vizio di saltare apparentemente di palo in frasca, ho qualcosa da obiettare circa la capacità – anche dei politici patentati, anche di un ministro degli Esteri di passaggio – di individuare il confine invisibile che separa la staticità della cronaca dalle mutevoli dinamiche della Storia.
Quei ragazzi, avvolti nel tricolore, che vanno, cadenzando il passo, a costruire una barriera – allons enfants del la Patrie! – davanti all’orda, hanno già staccato il biglietto della Storia. Nella cronaca rimangono invece impigliati coloro che leggono ogni santo giorno ‘Repubblica’ – due, tre pagine al dì, prima dei pasti principali (e anche dopo) – e che si sono ormai lasciati irretire dalla cultura dell’espiazione, quella per cui l’assassino ha agito a causa del profondo disagio procuratogli dalle persone comuni, e che quindi va perdonato; o quella per cui il possessore di beni deve rassegnarsi all’idea che gli vengano confiscati, magari con la forza, da chi non ne ha, sopperendo per questa via all’abuso perpetrato a suo favore da un sistema sociale evidentemente sbagliato; o quella, ancora, per cui un’intera classe, alla quale é stato assegnato un alunno affetto da autismo ed incapace di autocontrollo, dovrà farsene carico per un triennio (alle medie) o per un quinquennio (alle superiori), senza che nessuno – intossicato dagli effluvi del ‘politicamente corretto’ – osi sollevare la questione se i diritti della maggioranza non abbiano maggior peso dell’interesse del singolo, che – per inciso – potrebbero essere meglio tutelati per altra via se non fosse resa inagibile da un’asfissiante demagogia.
Cosa significhi essere avvolti, con tanto di muta e di scafandro, in una specie di doloroso dormiveglia che nega l’abc della logica e ti porta un poco alla volta ad esserne parte integrante, attraverso l’uso condiviso di formule prive di senso concreto e l’ormeggio alle più disparate paranoie, lo si può arguire, ad esempio, dalle parole con cui un settore caratteristico dei media ha trattato di recente il delitto di Primavalle: laddove ad uccidere un’italiana di appena diciassette anni, e a nasconderne il cadavere nei pressi di un cassonetto, é stato un altro ‘italiano’, generato da due immigrati dello Sri Lanka, come se fosse normale, discettando sulle razze dei cani, sostenere che un chihuahua é nato da due dobermann, posto che lo stesso sindaco di Roma, noto a tutti per l’assoluta insipienza del suo mandato, ha voluto timbrare il cartellino – da animella mediocre qual é – spostando surrettiziamente l’accento dal dato oggettivo – l’ennesimo fatto di sangue di cui si é reso responsabile un immigrato – alla fattispecie del ‘femminicidio’, che ricorre, per l’effetto di trascinamento di una legge statistica, almeno una volta su due, trattandosi di un insieme misto nel quale, sempre che i Cecchi Paone e le Luxuria non facciano obiezione, il numero dei maschi corrisponde all’ingrosso con quello dell’altro sesso, anzi ce n’é anche qualcuno di meno.
Stando sul pezzo, a riprova di quanto sia divenuto insopportabile lo schiocco delle fruste (non della pioggia, che imperversa in una vecchia canzone dei Rokes) per noi che dobbiamo riceverle sulla schiena e siamo addirittura incoraggiati a procedere col ‘faidate’, confesso di essere stato colpito dalla stupida polemica montata da Messner, relativamente al fatto che le croci apposte sulla sommità delle nostre montagne rappresentano, a parer suo, un’offesa per chi cristiano non é. E daje, con questa frusta che picchia forte dietro la schiena e le imprime dei disegni geometrici come nei quadri di Mondrian. E daje con questo sputarci continuamente addosso. Per me – e credo, quasi per tutti – quello é il simbolo di una battaglia vinta contro le tentazioni dell’ignavia, di un tango, stretto stretto, con cui l’uomo coraggioso si é messo a ballare con la natura per sentirsi degno di lei, ma la ‘sparata’ di Messner é tanto più inopportuna perché richiama, per contrasto, alla mente la pubblicità di un’acqua minerale – purissima, altissima, levissima – per la quale la montagna, così poco incline a subire l’ingerenza degli uomini, diventa mignotta per farsi assorbire dalle logiche del Mercato, l’orgia del consumismo, propria di questo momento dell’Occidente.
Insomma, ho visto lampeggiare nel buio, serpentine di luce dov’era notte fonda. Non solo, in Francia, dove dei ragazzi hanno reagito alla brutalità neandertaliana dei loro coetanei venuti da un altro mondo, ma anche nei piccoli passi compiuti dal nuovo ministro della Pubblica Istruzione e, segnatamente, del Merito (vocabolo che suscita tremende allergie negli apostoli del politicamente corretto), nella direzione della dignità dei docenti e, per converso, del ripristino di un ‘pacchetto’ di misure atte a contenere e a punire lo strapotere degli alunni. Ho sentito gridolini di raccapriccio levarsi dai pedagogisti dell’altra sponda giacché – dicono – la Scuola non é un tribunale, come se poi tutta la nostra vita non fosse a ben vedere che un continuo passaggio dal banco dei giudici a quello degli imputati, e se la comunità non avesse il diritto di sapere – ovviamente con qualche approssimazione – quanti ingegneri potrebbero da qui a qualche anno essere indiziati di colpevolezza nel crollo di un ponte o quanti soggetti, apparentemente innocui, s’immetteranno sulle orme di Vallanzasca.
C’é un grosso problema, Houston, che non può essere affrontato soltanto con degli artifici tecnici o trovare una soluzione unicamente nell’ambito della Scuola. La brutta copia di Bisanzio fu allestita – roba di qualche decennio – intorno a questa massa sterminata di zombi, facendo brillare la dinamite sotto i quattro pilastri dello Stato Nazione, e ciò avvenne con la Magistratura che si scoprì all’improvviso incapace di schivare le utopie nefaste connaturate col liberismo integrale; con la cancellazione della leva obbligatoria con cui si sopprimeva il carattere ‘popolare’ delle Forze Armate ponendole al servizio delle oligarchie planetarie; con la rimozione del Padre , che era la figura sulla quale insisteva l’obbligo di garantire unità e tenuta morale alla Famiglia; con la trasformazione della Scuola in una specie di universo concentrazionario in cui, sovvertendo i ruoli, a piacimento delle elite, gli alunni e i loro genitori prendevano – hic manebimus optime – il posto degli insegnanti.
E’ del tutto evidente – detto e ripetuto a beneficio di Valditara – che il tempo dei placebo é scaduto e che occorre attivare ai più diversi livelli una politica d’attacco sul mostro allevato dalle false sinistre, già col varo della Scuola Media Unica, già con la demonizzazione del voto, già con tutti i sedimenti normativi e legislativi che si sono attaccati come festoni di cozze all’obbrobrio dei decreti delegati del ’73, ma che bisogna anche far presto. Subito, quasi non basta.
Immagine: https://www.leprogres.fr/