Il caso La Russa, i trapper e la società malata
Le prime pagine dei giornali e le aperture di tg e gr dedicano grande attenzione al caso del figlio del presidente del Senato, Ignazio La Russa, il ventiduenne Leonardo Apache, accusato di violenza sessuale da una coetanea. La giovane sostiene che, dopo una serata in un locale per vip della Milano notturna, si è risvegliata nuda nel letto di Leonardo Apache, ha avvertito strane sensazioni e, una volta scappata da casa La Russa, è corsa alla clinica Mangiagalli, dove le hanno riscontrato tracce della violenza.
La giovane afferma di avere ricordi sbiaditi della serata, in quanto aveva assunto cocaina e ingerito farmaci che hanno un certo impatto sulla lucidità, ma di una cosa è certa: finché Leonardo Apache non le ha offerto un drink era perfettamente consapevole delle sue azioni, poi non ha più risposto di sé. E forse a farle violenza c’era anche un amico del giovane La Russa.
Ovviamente, adesso la parola spetta ai magistrati, ma figuratevi la reazione di una certa sinistra alla notizia: bastonate forti alla famiglia La Russa, facilitate anche dalle stupidaggini dichiarate, subito dopo l’esplosione del caso, dal presidente del Senato.
Ora, che Ignazio La Russa non sia un genio della politica è noto a tutti, ma che la seconda carica dello Stato dichiari che “ho interrogato io mio figlio e sono certo che non ci sia nulla di penalmente rilevante nelle sue azioni” è quantomeno imbarazzante. E, allora, viene da pensare: ma La Russa ha uno staff? Certo che sì e, tra gli altri, figura un consigliere politico, lo stesso, se non andiamo errati, che “consigliò” anche Elisabetta Alberti Casellati, prima che la stessa, dopo un annetto, lo cacciasse senza indugio. Possibile che nessuno dei suoi amici e consiglieri gli abbia detto di stare zitto?
Tutto questo ci porta a una conclusione molto semplice: lo scadimento della classe politica è lo specchio della decadenza della nostra società, arrivata a una bassezza incommentabile. Sì, perché Casellati e La Russa presidenti del Senato – e, visto che siamo, aggiungeremmo anche la Santanché ministro ed Elly Schlein leader del Pd – sono lo specchio di questa società malata, di questa strana democrazia, con politici, tv e giornali che si rivoltano, magari, per un saluto romano a un funerale, ma non si indignano per tutto ciò che avviene ogni giorno sui cosiddetti social, dove cretini e delinquenti di ogni risma fanno ciò che vogliono (ci sono video di giovani che si drogano, si insultano, si spogliano, incitano alla violenza), senza che nessuno ponga un freno a questa deriva.
Non a caso, uno di questi “campioni” dei social è stato arrestato di recente, per aver ucciso a coltellate una ragazza a Torrevecchia. E pare che un altro “genio” della rete sia proprio Leonardo Apache La Russa, che, con uno pseudonimo, regala tristi esibizioni sui social. Perché anche lui, come il killer di Torrevecchia, è un aspirante “trapper”. Una parola che, ultimamente, ricorre spesso nelle cronache e, allora, abbiamo cercato di capire cosa significhi: il vero significato è quello di esploratore, ma oggi si parla di un trapper come di un cantante che fa musica trap, un sottogenere del rap. E i video di questi trapper sono, quasi sempre, pieni, appunto, di insulti, minacce, incitamenti alla violenza.
La vicenda del candidato trapper Leonardo Apache ci induce, una volta di più, a riflessioni amare e alla nostalgia per lo stile dei vecchi politici, ben lontano dalle sguaiate reazioni di Ignazio La Russa. Basti pensare al caso di Wilma Montesi, che venne trovata morta nel 1953 sulla spiaggia di Torvajanica. Le indagini su quell’omicidio coinvolsero Piero Piccioni, figlio dell’allora potentissimo vicepresidente del Consiglio Attilio Piccioni (Dc), che, a seguito dello scandalo, limitò le sue uscite pubbliche, non spese una parola sulla vicenda del figlio e rinunciò anche all’incarico di Presidente del Consiglio, che gli venne offerto nel frattempo.
Dopo un anno, il figlio Piero venne scagionato da tutte le accuse, ma Piccioni pose fine alla sua carriere politica. Paragonarlo oggi a personaggi come La Russa o la Santanché, che mostrano un’arroganza straordinaria e una stupidità politica fuori dal comune, sarebbe davvero ingeneroso. Per lui e per tutti quegli uomini che, nella Prima Repubblica, pur sbagliando molto, avevano ricostruito l’Italia. La stessa Italia che gli “scienziati” della cosiddetta seconda Repubblica (quale??) e del terzo Millennio stanno portando, inesorabilmente, verso la fine.
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