Zelensky-NATO: questo matrimonio non s’ha da fare
Mentre scrivo si sta concludendo il summit della NATO a Vilnius. C’era grande aspettativa per le due giornate che hanno visto protagonisti tutti i Paesi dell’Alleanza Atlantica con la straordinaria partecipazione del super ospite Zelensky, tuttavia, l’incontro sembra essersi concluso, come al solito, con tante promesse e niente di fatto.
Male, a tratti malissimo per il guitto Zelensky, trattato più come una mascotte che come un capo di stato, fatto sfilare e poi lasciato solo sul palco in balia della stampa. Il comico ucraino si aspettava infatti un invito ufficiale dell’Ucraina nella NATO, o quantomeno la definizione precisa di un percorso per la sua integrazione, invece più che di qualche promessa e di qualche pacca sulla spalla, il giullare di corte è uscito da Vilnius a mani vuote, tanto che non ha nascosto i suoi malumori con un tweet, dicendo: “l’Ucraina merita rispetto, è assurdo che non ci sia una data né per l’invito né per l’ingresso dell’Ucraina”.
Il clima certo non era dei migliori; questo summit avrebbe dovuto essere quello in cui i leader del “mondo libero”, avrebbero celebrato la riuscita della controffensiva ucraina, organizzata a tavolino con le élite militare d’Occidente, e soprattutto con le sue armi. Controffensiva che invece non riesce a produrre che migliaia di morti ucraini, e la distruzione di un numero importante di mezzi e attrezzature, addirittura in alcuni settori del fronte i Russi stanno pure avanzando. Insomma per le vacanza in Crimea del pagliaccio Zelensky pare ci sia ancora tempo.
Non possiamo certo biasimare la NATO, poiché è chiaro a tutti o quasi (a parte i piccoli Paesi Baltici, i quali però contribuiscono all’alleanza con percentuali irrisorie), che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, vista la situazione attuale, comporterebbe una guerra totale con Mosca, e questo non è neanche nei pensieri più lontani degli americani, i quali non hanno mancato di specificare che un conflitto armato con la Federazione Russa non avverrà mai sotto l’amministrazione Biden, a seguire anche la Germania ha condiviso i timori di Washington e si è detta assolutamente contraria all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, almeno fino alla fine del conflitto.
In sostanza, a parte le solite cantilene anti-russe, la retorica sul rinforzo del fianco orientale della NATO e l’ingresso della Svezia, il quale però deve essere ancora ratificato dal parlamento della Turchia in autunno, i punti salienti di questo summit sono stati:
– L’Ucraina diventerà un membro della NATO quando tutte le condizioni saranno soddisfatte e quando tutti i membri saranno d’accordo.
– Sarà istituito un consiglio NATO-Ucraina.
– E’ stato approvato un piano pluriennale di aiuti per far sì che si arrivi alla completa interoperabilità tra le forze armate dell’Ucraina e quelle della NATO.
Tutto è ovviamente logico; può sembrare assurdo che proprio i due Paesi che hanno proposto il consiglio NATO-Ucraina, siano coloro che si sono opposti in maniera inequivocabile all’ingresso del Paese nella NATO, ovvero Germania e USA, in realtà, come ha già sottolineato il giornalista Daniele Dell’Orco, questa manovra verte nella direzione di “israelizzare” l’Ucraina. Fa molto più comodo infatti un’Ucraina modello Israele, ovvero un partner dell’Occidente a tutti gli effetti, una potenza militare-tecnologica in costante avanzamento, con la quale è possibile organizzare operazioni congiunte, accordi vantaggiosi, ma senza avere obblighi legali. Ciò salverebbe capra e cavoli, poiché si potrebbe dire “blindato” il fianco orientale della NATO, senza che la stessa debba rischiare di entrare in guerra un giorno sì e l’altro pure.
Il terzo punto allora, va proprio in questa direzione, cioè la militarizzazione totale dell’Ucraina, la fornitura perpetua di armi, non tanto perché raggiunga i famosi standard NATO, quanto per evitare che sia sconfitta nel giro di poco tempo. Con questo pacchetto “pluriennale” di aiuti, quindi, sarà possibile tenere impegnata la Federazione Russa ancora per un po’, così da potersi concentrare sul riarmo dell’Europa, sulle commesse miliardarie che questo comporta e sull’ormai acerrimo nemico dell’Occidente, la Cina.
Il mondo dell’ovest quindi, non è cambiato, c’è sempre qualcuno che deve morire perché qualcun altro possa guadagnare.
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