L’Italia e l’Europa chiedono manette per pensieri e parole
Circa tre anni fa iniziava a serpeggiare in Italia, che segue a pappagallo le proposte dell’Unione europea, l’idea d’inserire nel codice alcune fattispecie di reato sulla falsa riga del delitto di negazionismo francese. Ovvero l’articolo 9 della legge Gayssot del 13 luglio 1990, dal nome del deputato comunista autore dell’omonima legge volta a reprimere espressioni e propaganda xenofoba.
Ecco che al Consiglio dei Ministri dell’OSCE, e in seno all’Ufficio europeo per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR), sotto pandemia iniziava a circolare l’idea di vestire di negazionismo la propaganda contro le norme sanitarie, il negare malattie, il non credere alle sentenze della magistratura e quindi criticarle, non ultima la negazione della crisi climatica.
Il verde italiano Angelo Bonelli è il parlamentare che vorrebbe quest’allargamento del reato d’opinione (una nuova fattispecie penale) per incriminare chi manifestasse pensieri negazionisti sulla cosiddetta “crisi climatica”. A ruota seguirebbe l’introduzione di negazionismo sanitario e giudiziario. Qui si pone il problema di quanto possa essere legittimo introdurre questi nuovi reati in totale deroga alla libertà d’opinione tutelata dalla nostra Costituzione. Fino ad oggi, incriminare un essere umano in base ai pensieri che avesse concupito ci è stato possibile apprenderlo solo dai film di fantascienza come Minority Report, per altro tratto dal racconto visionario di Philip Dick. Anche perché il diritto in Italia si dovrebbe basare sul principio di materialità, ovvero che è impossibile incriminare qualsiasi condotta priva di manifestazione esteriore.
Di fatto, ed in barba alla tanto sbandierata democrazia, si vorrebbero introdurre nuovi reati d’espressione, per punire col carcere qualsivoglia dissenso scritto o verbale, grafico o pittorico, teatrale e cinematografico.
Pensieri ed idee che non producono ingiuria o diffamazione, ma confutano i principi etici e morali imposti da chi ha le redini finanziarie di Europa e Usa. Tornano così in auge reati come vilipendio, propaganda, apologia, e naturalmente lesa maestà nei riguardi del prestigio dei rappresentati istituzionali di banche, ONU, OMS, UE, USA, UNESCO, multinazionali e fondazioni collegate a Soros, i Clinton, i Gates, Bezos… Il sentimento nazionale e quello religioso vengono così posti in subordine alle trovate commerciali e mendaci su clima e sanità. L’aspetto del negazionismo giudiziario serba invece aspetti antichi e reconditi, già alla base della politica di certi magistrati che fornivano sponda a Pci e “strategia della tensione”.
Magistrati e politici che hanno agito sempre in barba alla massima latina alla base dell’azione penale: “cogitationispoenamnemopatitur”, ovvero “nessuno può subire una pena per i suoi pensieri”.
Ma in questa Italiapavida ed opportunista certe trovate potrebbero trovare tutte le porte aperte. Basti pensare che si continua a voler credere che, le sviste dello Stato si possano appellare come errori giudiziari e del fisco, o come sbagli innocenti delle amministrazioni locali e dei vari burocrati. Non errori ma di soprusi, consumati con piena volontà e coscienza di magistrati, pubblici funzionari e dirigenti vari di questo Stato che in pochi si permettono di criticare, temendo finire nel mirino dei gestori della cosa pubblica.
Qualcuno obietterà che lo Stato comunque risarcisce chi danneggiato da condanne e detenzioni ingiuste: ai faciloni di sistema lo scrivente risponde che, gli innocenti per ottenere giustizia e risarcimento devono comunque mettere mano al portafoglio, e chi non ha soldi per difendersi si tiene il sopruso. Solo i benestanti, condannati ingiustamente con sentenza definitiva, riescono a venire assolti nel processo di revisione perché hanno la forza economica di difendersi. Dal canto suo lo Stato ci dice che la giustizia ha costi che competono quelli della sanità, e così viene fatto tutto ricadere sulle spalle dei cittadini: al gratuito patrocinio ricorrono coloro che non hanno più nulla da perdere e, generalmente, vengono assistiti alla pari del medico della mutua che chiede al paziente la mail con i sintomi, perché non ha tempo da perdere in visite.
In Italia dal 1991 al 31 dicembre 2022 si contano per difetto 30.778 casi di ingiusta detenzione. Ogni anno circa mille italiani finiscono in carcere senza alcuna colpa. Centinaia di migliaia sono i processi e le indagini messe in piedi per distruggere imprese, famiglie e patrimoni, utili a ridurre in miseria cittadini invisi a qualche potente di Stato. Oppure persecuzioni e teoremi accusatori funzionali all’azione politica di partiti come il Partito Democratico.
Dal 1992 ad oggi lo Stato ha risarcito circa 1000 milioni di euro (mille milioni) alle vittime della giustizia: una media annua di circa 30milioni euro. Nel solo 2022 hanno chiesto risarcimento per ingiusta detenzione ed errori giudiziari vari circa seicento persone: più del triplo sarebbero i perseguitati effettivi, ma non hanno la forza di reagire e di farsi risarcire. Influisce sul fenomeno la tendenza persecutoria di molti magistrati. Poi il risarcimento non rappresenta certo un ristoro al danno subito, perché lo Stato respinge la stragrande maggioranza delle domande e comunque liquida sempre l’importo minimo per legge. Lo Stato dice che la giustizia costa cara, omettendo che la spesa va tutta in stipendi a magistrati e funzionari vari. A questo aggiungiamo che i figli di certi magistrati importanti vengono assunti in Rai, Mediaset e nella carta stampata “istituzionale”, nonché ai vertici di banche, assicurazioni, ministeri ed enti vari, e spesso finiscono anche in Parlamento e all’Unione Europea…allora cari signori noi possiamo solo peccare col pensiero, perché i fatti sono roba loro, che se la cantano e se la suonano.
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