Il reddito universale d’inoperosità umana


 

Il reddito universale d’inoperosità umana

L’abolizione del “reddito di cittadinanza” crea attriti nella maggioranza come nell’opposizione. Sembra che in pochi abbiano compreso la filosofia che sottende il pagare l’uomo per non lavorare: in Italia il sostegno era comunque vincolato all’impegno a cercare e ad accettare un lavoro. Al posto del “sussidio pentastellato” arriva il “supporto per la formazione e il lavoro” (Sfl), ed in buona compagnia del “sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl). Quindi il governo italiano va in controtendenza ai paesi nordeuropei, varando la “piattaforma per l’incrocio tra domanda e offerta di formazione e lavoro”. A questo punto è lecito domandarsi se il potere politico italiano creda ancora nel lavoro umano, soprattutto se questa scelta non possa subire reprimende da Bruxelles: è noto che l’Unione europea stia spingendo perché i robot sostituiscano gli umani.

Ma veniamo ai segnali del potere dati sotto forma di messaggi televisivi. Nella programmazione televisiva di Focus è stato dato tanto spazio al viaggio documentaristico di un gruppo di scandinavi: hanno raggiunto a bordo di canoe l’estremo lembo di un fiordo che sfiora con una lingua di ghiaccio il Polo Nord. I canoisti toccano i grandi iceberg, quindi parlano del clima: di come i ghiacci si starebbero sciogliendo e, soprattutto, incolpano il lavoro umano di ogni disastro ambientale. Propaganda o ci credono davvero? Viene spontaneo fare zapping. Sulle reti Mediaset c’è un approfondimento sul “reddito di cittadinanza”, e viene confrontato con similari misure di sostegno nei paesi del Nord Europa. Così passa l’intervista ad una beneficiaria di “reddito universale” in Danimarca e poi di alcuni pubblici funzionari di Bruxelles, Copenaghen, Stoccolma…: tutti concordi nel dire che il “reddito di cittadinanza” non è un sostegno emergenziale ma sistemico, utile a permettere una naturale integrazione sul lavoro tra uomini e umanoidi (intelligenza artificiale, robotica). Soprattutto un reddito gratuito, senza nulla in cambio: o meglio, serve a far accettare all’uomo che il suo posto nella catena produttiva venga preso da una macchina elettronica, e per il bene del Pianeta.

Di fatto si va a riscrivere il “patto sociale”, per molti versi a sovvertirlo: un reddito in cambio di nulla, o meglio soldi a uomini che rinunciano a lavorare. Dopo circa trecento anni, il patto o “contratto sociale” torna ad escludere il lavoro umano dall’essere fulcro di rimescolamento delle classi sociali. Il contratto sul lavoro tra esseri umani s’è dimostrato fondamentale per affrancarci da condizioni di instabilità ed insicurezza. Prima di quel patto la facevano da padrone la mancanza di regole, il sopruso. Quel patto ha aperto politicamente al contrattualismo, origine della moderna società fatta da governati e governanti: tutti umani tra loro in accordo. Lo stesso potere politico si fonda sul contratto sociale che pone fine allo stato di natura, alla prevaricazione giustificata dal rango sociale.

Ora ci chiediamo se l’attuale potere politico europeo non sia da considerare illegittimo, nel momento in cui straccia il patto tra uomini alla base dello nostro stato moderno. Si sostiene questo perché vorrebbero privarci del lavoro, del diritto all’operosità umana, in nome di nuove tecnologie utili a curare il clima da un presunto inquinamento da “fattore antropico” (lavoro umano): è una decisione presa in conciliaboli non eletti democraticamente, e che restaurano il diritto del signore a decidere sul lavoro del servo. Nei circoli di ricchi gestori del pianeta propalano queste teorie.

Di conseguenza noi s’invoca il diritto alla resistenza, alla ribellione. Perché non ci sono soldi che bastino a pagare la rinuncia all’operosità umana, al lavoro. Il potere ci sta dicendo che la crescita per non inquinare deve essere garantita dall’intelligenza artificiale? Che l’uomo deve essere pagato per starsene a ciondolare? Ma veniamo alle origini di questo “reddito di cittadinanza”. Il “reddito minimo europeo” era nato come “misura di inclusione sociale”, volto a contrastare la povertà: un sussidio in denaro versato ai cittadini meno abbienti e ai disoccupati in età lavorativa, per consentire loro di condurre una vita dignitosa.

Oggi l’Occidente intero vorrebbe estendere a tutti lo stesso ammortizzatore, anche a chi ha una casa o un terreno, una piccola o media bottega, e per accompagnare i lavoratori alla dismissione della propria attività. Ci dicono che questo permetterebbe ai robot di sostituirci, che limitando le attività umane si ridurrebbe il tasso d’inquinamento ambientale. Intanto gli “ambientalisti” scandinavi (non è dato sapere pagati da chi) sarebbero pronti a candidare alle elezioni l’Intelligenza Artificiale. Troppa gente ci inizia a credere, reputando che più intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione significhi giustizia ed imparzialità, dimenticando che dietro la robotica ci sono pochissimi gestori. A questo punto ci chiediamo come si possa convincere la gente che solo il lavoro tradizionale ci potrà garantire libertà ed indipendenza di pensiero politico. Soprattutto che, una società dove metà degli umani dovesse accettare soldi elettronici per non lavorare, sarebbe segno d’una rinuncia al futuro, l’accettare che pochi ricchi possano gestirci come fossimo il loro giardino zoologico privato…buoni per tutti gli usi, per esperimenti sociali come farmaceutici: come i nani alla corte di Pietro il Grande, buoni per ogni divertimento.

 

 

Immagine: https://www.fondazioneluigieinaudi.it/

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