Di Luciano Lago
Nella notte del 2 febbraio l’aviazione degli Stati Uniti, con una operazione in grande stile, ha attaccato decine di obiettivi in Iraq e Siria. Questa è stata la risposta che Washington ha voluto dare all’attacco di droni contro una base americana in Siria (vicino al confine della Giordania) e all’uccisione di diversi soldati USA. Una risposta che è continuata con varie ondate di bombardamenti nei giorni successivi.
L’obiettivo dell’operazione era dare una risposta forte alle milizie filo iraniane che operano nei due paesi, Siria e Iraq e scoraggiare ulteriori attacchi contro le basi USA. A poche ore di distanza si è già verificato un nuovo attacco contro una base americana nel nord della Siria.
Secondo gli analisti, gli Stati Uniti hanno fatto per l’ennesima volta un errore di calcolo con la loro operazione e stanno scatenando un conflitto su larga scala in tutto il Medio Oriente che si ritorcerà a loro danno. Risulta facile prevedere che ogni attacco di ritorsione USA provocherà la reazione delle forze della resistenza sciita che sarà rivolta contro le tante basi dell’occupazione USA in SIria e in Iraq.
In pratica, con le loro dichiarazioni e con gli attacchi aerei generalizzati in Iraq, Siria e Yemen, gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra alle forze sciite che sono presenti in tutti i paesi del medio Oriente, dall’Iraq alla Siria, dal Libano allo Yemen, oltre che all’Iran.
Sebbene queste forze abbiano tutte un largo grado di autonomia, nonostante la peculiarità di ciascuna di esse, il denominatore comune è quello della religione sciita, del sostegno dell’Iran e l’ostilità contro Israele e gli Stati Uniti. Di conseguenza gli Stati Uniti e Israele si trovano contemporaneamente in guerra con tutti i paesi dove sono insediate queste forze. Inutile dire che il coordinamento tra tutte le milizie sciite diventerà operativo e consolidato molto più di quanto lo era prima, vista la necessità di organizzarsi contro il nemico comune. Già si è saputo che gli Houthi yemeniti hanno proclamato che si uniranno alla vendetta sciita
Il portavoce dell’esercito iracheno Yahya Rasoul ha detto che anche le aree lungo il confine con la Siria sono sotto tiro. Ha sottolineato che gli attacchi “rappresentano una violazione della sovranità irachena e minano gli sforzi del governo iracheno, creando una minaccia che trascinerà l’Iraq e la regione verso conseguenze indesiderabili”.
Altrettanto forte la condanna del governo di Damasco che da tempo vede decine o centinaia di attacchi di Israele e degli Stati Uniti sul suo territorio con pretesti vari.
La Russia ha richiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza all’ONU.
Tra gli obiettivi colpiti dall’offensiva USA, gli americani citano posti di comando, centri di intelligence, depositi di missili, droni, armi e altre strutture per la logistica delle munizioni per l’IRGC e i suoi alleati. Inoltre, secondo l’AFP, potrebbe essere stata colpita la sede del comando delle forze della milizia sciita. In realtà molte di queste installazioni erano state abbandonate per tempo in vista dell’imminente attacco USA, peraltro preannunciato. Questo ha limitato le perdite umane.
Le dichiarazioni di Biden e dei suoi collaboratori sono al limite della farsa, considerando che questi ha continuato ad affermare che “…Gli Stati Uniti non cercano il conflitto in Medio Oriente o in qualsiasi altra parte del mondo”, come se i bombardamenti allargati già a 4 paesi dell’area non costituiscano di per sè già un allargamento del conflitto iniziato a Gaza.
Washington ha cercato la vendetta per il colpo subito alla sua base militare in Siria ma non si azzarda a colpire l’Iran, considerato il mandante degli attacchi alle basi USA, moltiplicatisi nelle ultime settimane, perché sa che questo porterebbe a delle reazioni molto pericolose da Teheran che dispone di armi micidiali e del sostegno di Russia e Cina.
Nonostante questa simulata prudenza, l’amministrazione Biden dovrà realizzare a breve che tutte le basi militari USA nella regione saranno adesso, più di prima, il bersaglio preferenziale delle forze sciite e questa situazione diventerà presto insostenibile. Gli Stati Uniti si troveranno presto alla vigilia di decisioni difficili, ritirarsi per non rischiare le vite degli americani in Iraq e Siria o inviare “stivali sul terreno” per rinforzare la loro presenza militare in quei paesi e mettere in una qualche sicurezza le basi USA. Una scelta molto difficile perché sarebbe riaprire il dossier Iraq, che a suo tempo Washington voleva chiudere, o in alternativa una fuga ignominiosa dimostrando l’ennesimo fallimento della politica americana.
Si deve considerare che, per quanto forti e ben armati, le forze USA si trovano ad operare in territorio ostile dove sono odiati da tutti per i disastri causati e per l’occupazione illegale ed inoltre in Siria si troverebbero a fianco a fianco delle forze russe che legittimamente, al contrario degli USA, sono presenti in quel paese con basi russe e installazioni militari.
Dalle illazioni dei media USA, si comprende che il programma di Washington è quello di continuare una serie di attacchi ad ondate successive e questo non farà che esasperare la situazione.
Gli attacchi statunitensi porteranno alla conseguenza che ciascuno dei gruppi delle milizie sciite, che saranno colpite dai bombardamenti americani, inizierà a vendicarsi e lancerà attacchi di ritorsione.
Quando gli americani hanno pianificato gli attacchi, a quanto pare non hanno calcolato la risposta. Ovvero, è stata scatenata una grande guerra contro gli sciiti in quasi tutto il Medio Oriente”.
Il vaso di Pandora si è quindi aperto. Sarà difficile chiuderlo a breve.