Autocoscienza e Comunità: sono questi gli strumenti attraverso cui la Donna Frontista raggiungerà quello che, parafrasando Kant, può essere definito un “Aufklarung Femminile” (1), ovvero l’uscita da uno stato di minorità non imputabile, stavolta, né a loro stesse né ai fantasmi della società patriarcale, ma a un mostro ideologico prodotto dalla cultura liberal-capitalista, il femminismo, un abominio che nulla ha a che spartire con la gloriosa storia di Olympe de Gouges, Emmeline Pankhurst grandi esponenti del pensiero femminile moderno, di cui invece il movimento femminista contemporaneo rappresenta solo una degenerazione funzionale all’attuale sistema economico-sociale.
Questo, attraverso i mezzi della propaganda liberale io-centrica, ha operato negli anni una progressiva virilizzazione del Femminile, distruggendone l’unità biologica, affettiva e psicologica, e promuovendo non l’emancipazione della donna dall’uomo, ma della donna da se stessa. Il motivo? L’abbattimento dei costi di uno stato sociale costruito sulle esigenze della Lavoratrice. La Maternità costa troppo? Ecco allora che il capitalista, attraverso il megafono femminista, risponde con una vera e propria campagna denigratoria nei confronti della medesima: diventare madre non rientra fra gli obiettivi della donna moderna, i figli sono solo un ostacolo che si contrappone alla sua realizzazione, che per ragioni puramente economiche esige che essa sia libera da qualsiasi legame familiare, etico e morale, in perfetto accordo con la narrazione liberale. Poco importa se questo violenta la natura della Donna e i suoi affetti più profondi: emancipare la donna dalla maternità vuol dire avere lavoratrici più efficienti, efficienza ottenuta mascherando ragioni puramente economiche con un altro leitmotiv della propaganda liberista: i diritti civili. Non essere una donna è diventato quindi un diritto civile e gli stessi media hanno abilmente contribuito a costruire il mito della donna “forte”, “libera”, “indipendente”, ma soprattutto aderente a un preciso modello, quello maschile, non solo nelle esigenze, ma anche e soprattutto nell’habitus.Risulta essenziale, a questo punto, il recupero di una autentica coscienza di genere da contrapporre con forza al femminismo,braccio ideologico del capitalismo, che come una moderna dea Kali si propone la distruzione di tutto ciò che possa definirsi umano. L’autocoscienza appare, quindi, l’unica via percorribile per acquisire la piena consapevolezza dei propri diritti, ma soprattutto dei propri doveri, ed è qui che entra in gioco la dimensione comunitaria, all’interno della quale la Donna potrà e dovrà esprimere pienamente le proprie doti intellettuali, senza mai per questo abiurare al suo ruolo di madre, non solamente dei propri figli, ma soprattutto della società. A tal proposito risulta decisivo il recupero del pensiero di Jane Addams, premio nobel per la pace del 1931, e della sua idea di “maternità sociale”, attraverso cui migliorare la Comunità per renderla a misura di donna e di bambino: “(…)Il valore della donna per gli Stati moderni, continuamente costretti ad affrontare riforme sociali, consiste nel fatto che gli statisti oggi sono impegnati nel tentativo di trasformare la nuova sensibilità sociale in azione politica. I tentativi in corso in vari Paesi d’Europa di estendere alle malattie i principi delle assicurazioni sociali e di controllare la disoccupazione attraverso gli uffici nazionali di collocamento non sono tanto delle riforme sociali quanto degli enormi elementi di una grande costruzione di ingegneria sociale, per la quale il parere delle donne è assolutamente indispensabile. Ovunque le Commissioni governative si avvalgono delle testimonianze delle donne per legiferare in materia di qualità di abitazioni, servizio sanitario, istruzione, assistenza alle persone a carico e molte altre misure riformatrici, perché è ovviamente pericoloso affidare dei delicati esperimenti sociali agli uomini, che sono rimasti completamente estranei alle preoccupazioni sociali e che sono stati eletti a ricoprire cariche legislative unicamente in base a quelle che in passato si consideravano questioni politiche. ” (2)
Per la Addams è dunque irrinunciabile la sensibilità femminile per migliorare la Comunità, fino a quel punto pensata e declinata solo in senso maschile, e la maternità non risulta solamente un istinto biologico, ma un patrimonio di esperienze e conoscenze che deve essere valorizzato e messo a servizio dello Stato.
Alla luce di tutto questo l’unica domanda che rimane è: che fare?Non può esistere emancipazione, né un reale movimento femminile organizzato senza che si scardini il sistema di disvalori liberista su cui si fonda la società odierna. Senza considerare i diritti della donna all’interno di una più ampia ridefinizione della dimensione sociale essi continueranno a essere parole vuote, prive di contenuto. La rivoluzione femminile deve essere,quindi, anche e soprattutto una rivoluzione politica e sociale portata avanti da Uomini e Donne di buona volontà al fine di inaugurare una nuova era in cui maschile e femminile potranno cooperare insieme per costruire un mondo più giusto.
Alle Femmine il Femminismo, alle Donne la Rivoluzione!
(1) Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? (Risposta alla Domanda: che cos’ l’Illuminismo?), 1784
(2) in Anna Rossi Doria, La Libertà delle donne. Voci della tradizione politica suffragista, Torino, Rosemberg & Sellier, 1990
Federica Florio