Il lavoro

 

Il lavoro

di Adriano Tilgher

Quali sono i temi politici reali su cui  è indispensabile aprire il confronto e, se necessario, lo scontro? Sicuramente il lavoro, poi la moneta, con la sua proprietà e la sua scarsezza, la finanziarizzazione del potere, il sistema bancario, l’inefficienza del sistema giudiziario,  la crisi del sistema politico e lo studio di nuove forme di partecipazione del cittadino alla vita ed alle decisioni politiche, lo sfascio della scuola e la ridefinizione dei suoi obiettivi con il conseguente adeguamento dei vari corsi e dei programmi, la vera Europa.

Oggi, nella visione economicista e liberista della società, il lavoro viene considerato soltanto un costo di produzione e, per le leggi di mercato, i costi vanno tagliati. Se poi consideriamo che gli alti livelli di disoccupazione odierni sono il frutto anche di una ancora limitata informatizzazione e robotizzazione dei grandi trust industriali, possiamo intuire quale sarà il livello di occupazione quando la sostituzione dell’uomo con le macchine sarà completata.

Si rende quindi necessaria e fondamentale una nuova e diversa concezione del Lavoro; ma non è sufficiente, occorre anche studiare nuove forme lavoro e predisporre le scuole per la formazione a queste novità.

Nella mostruosa concezione liberista dei rapporti umani la fa da padrone il profitto economico individuale, senza tenere in alcuna considerazione il profitto sociale: ovvero tutta l’utilità che deriva per la comunità da un corretto rapporto sociale.

Va restituita pertanto al lavoro tutta la sua valenza sociale perché nel lavoro c’è la dignità di un uomo, la crescita delle famiglie, lo sviluppo della comunità, l’affermazione della Nazione come momento storico, politico e culturale.

Uscire dalla concezione liberista del lavoro per giungere ad una sua valutazione sociale, anche dal punto di vista strettamente economico, è il primo obiettivo dell’azione politica. Questa dottrina che ha grandi riferimenti culturali è anche l’anima della dottrina sociale della Chiesa e trova grandi sostegni in alcune encicliche papali.

Ed ecco che entra in gioco la Politica (non la politichetta venduta e incapace di oggi) che ha il compito di ristabilire l’esatto rapporto tra la forza lavoro ed il capitale; davanti a chi detiene le risorse si può opporre solo la “resistenza” di chi detiene la forza del numero, e i politici, tramite la delega dei cittadini, hanno questa forza ma non la esercitano perché sono diventati espressione di lobbies economiche e, grazie anche alle ultime riforme elettorali, si sono totalmente disancorati dai propri elettori; sancendo così la morte della politica ed il trionfo dell’economia.

In questo quadro desolante diventa ovvio collegare la diversa concezione del lavoro con una diversa classe dirigente, che sappia, con la propria ricreata integrità morale, porsi come interlocutore capace e, se necessario, come oppositore strenuo alle prevaricanti mene del potere economico-finanziario. Se si riconosce la forza sociale del lavoro, questo sforzo va fatto.

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