Bruxelles chiede l’Iva al 25% l’Italia rimanda a dopo il voto

 

Bruxelles chiede l’Iva al 25% l’Italia rimanda a dopo il voto

Mentre il governo uscente grida in piazze e tivù che c’è la crescita, gli uffici parlamentari (i tecnici) suggeriscono agli enti locali la necessità d’alzare le tasse, per coprire gli aumenti siglati nei contratti dei dipendenti pubblici. Aumenti che sarebbero avvenuti senza coperture. Un deficit creato ad arte per agevolare la campagna elettorale dei sodali di Renzi e Gentiloni. Così l’aumento degli stipendi ha determinato un buco di circa un miliardo e mezzo. Giuseppe Pisauro (vertice dell’autorità di controllo) è perentorio: “la sostenibilità potrebbe essere messa a rischio in caso di revisioni, senza copertura finanziaria nell’ambito dello stesso settore, del sistema previdenziale attuale, e in particolare dell’ultima rilevante riforma attuata a fine 2011, che consente notevoli risparmi anche in prospettiva”. Così Pisauro anticipa che stanno per scattare le clausole di salvaguardia, che comporteranno entro fine 2018 l’aumento di aliquote Iva ed accise su carburanti, alcolici e tabacchi. L’Ue è perentoria nel chiedere quanto prima aumento di Iva, cancellazione d’ogni agevolazione fiscale e radicali tagli della spesa nei settori sanitari e trasportistici: ben 15 miliardi che, se non verranno reperiti entro il 31 dicembre 2018, comporteranno dal primo gennaio 2019 gli aumenti delle aliquote Iva del 25% (e oltre) e l’inevitabile pressione fiscale complessiva salirà oltre il 68%. La contrazione dei consumi all’indomani di queste misure spingerebbe l’Italia definitivamente nel baratro, a patto che non intervenga una nuova politica nazionalista in grado di mettere alla porta tutte le normative Ue ed i diktat fiscali di Bruxelles. Non è certo un caso che Bruxelles abbia rimandato il giudizio sulla “legge di Stabilità 2018” a dopo le politiche, e perché dall’Ue ritengono che queste misure possa attuarle solo un governo di “grosse koalition”: ecco perché il presidente della Repubblica spera che Renzi, Gentiloni e Berlusconi vadano pari, per convincerli ad un governo debole e mediato, ancora più succube dei poteri forti europei. In parole povere, il Pd (partito di maggioranza nel governo uscente) ha organizzato questo trappolone agli italiani confidando di diluirne la responsabilità con una “grosse koalition”. I democratici si dimostrano esecutori di un piano di rovina dell’Italia. In questo quadro desolante non va escluso un ritorno dell’IMU sulla prima casa, anzi d’una variante alla Mario Monti, l’iscrizione d’una ipoteca sull’intero patrimonio immobiliare italiano (pubblico e privato) presso la Bce. Le speranze sono riposte nel fatto che si torni a votare tra un anno, e che possano scendere in campo forze con voglia d’arginare la fame di mercati, finanza, Ue, Bce e speculatori internazionali (i cacciatori di crediti deteriorati). Ma qualche voce malevola suggerisce che i partiti di Grasso (Leu) e Di Maio (5 Stelle) potrebbero offrirsi come esecutori delle volontà di Bruxelles.

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