Negli scorsi giorni, in occasione della celebrazione della “Giornata della memoria”, dalla Casa Bianca è giunto un messaggio, firmato dal presidente Trump, che l’ha definita una “lezione per prevenire nuovi orrori contro l’umanità”, aggiungendo che gli Stati Uniti hanno “un debito con i sopravvissuti dell’Olocausto”. Il Capo della nazione d’Oltreoceano ha dimenticato di celebrare al fianco degli ebrei, i milioni di uomini e di donne orrendamente cancellati dalla vita, perché non esiste traccia in quello Stato, allora stretto alleato, degli innumerevoli “arcipelaghi Gulag” . Così come ha omesso il ricordo delle migliaia di italiani e di giapponesi di ogni età, scomparsi sotto le bombe convenzionali e atomiche. Purtroppo nell’Italia “fluida”, sempre più espropriata dei valori autentici e degni del nome, non di quelli anacronistici e criticabilissimi dell’antifascismo, difesi dal tizio di cognome Renzi, con un’attenzione curiosa e maliziosa sono coltivati episodi e vicende dalla strage di Portella della Ginestra in avanti, senza che siano illustrati momenti drammatici, da decenni affondati o addirittura negati. Di fronte all’encomiabile fatica compiuta per ricostruire il “triste destino degli internati militari italiani” in Germania, nessuna iniziativa è stata assunta dai governi di centro – “destra” e tanto meno è inserita nel programma del nascituro esecutivo, attento e preoccupato di tutto fuorché dei valori morali, per recuperare e riportare nel risalto mai conosciuto la fatica storica di Arrigo Petacco, Quelli che dissero no. 8 settembre 1943: la scelta degli italiani nei campi di prigionia inglesi e americani. Dapprima ha segnalato in termini più che mai eloquenti la “scarsità delle fonti ufficiali” e la “delicatezza” politica (la cosiddetta intangibile “verità dei vincitori”) dell’argomento. Il giornalista, onesto e leale rivisitatore del passato, poi, ha cercato, riuscendovi, in barba alle carenze ed ai vuoti, di ripercorrere la vita e l’esperienza dei soldati italiani, che, “lontani migliaia di chilometri dalla loro patria, andarono incontro, vuoi per fedeltà ideologica al fascismo (e poi alla RSI), vuoi per orgoglio o, più semplicemente, per coerente dignità militare, a un futuro denso di incognite e di rischi” e principalmente di discriminanti misure. Non è esagerato e retorico considerare il lavoro, pubblicato da Mondadori nel 2011, “una tessera significativa, spesso rimasta in penombra, di quel mosaico di esperienze e avventure personali, che ha caratterizzato l’”altra Resistenza”.