Il pelo dell’uovo; verso una elezione ancor più frammentaria

 

Il pelo dell’uovo; verso una elezione ancor più frammentaria

Superati i cliché del politichese, orientati verso un politically correct, forma più ipocrita del “je pense“, qualcuno pensa e ordina e gli altri, demagogicamente schiavizzati, lavorano, quali sono i progetti reali della Reapolitik di oggi? La lingua italiana ha definitivamente con il suo popolo non solo deposto, ma annientato qualsiasi tipo di arma, fosse anche un vecchio e arrugginito coltello da cucina, e ha optato, oramai, per una lenta eutanasia del pensiero, della parola, dell’opera e dell’omissione. Ma noi, ultimo baluardo del Pensiero Forte, non possiamo che assistere sgomenti ad una retrocessione irreversibile di un sistema già abbondantemente collassato su se stesso. Ci avevano abituati alla legge “truffa” Degasperiana; poi si è passati con lo stesso (h)umore al proporzionale, poi al Mattarellum, al porcellum, al rosatellum; ora, mutadis im-mutandis, all’ Italicum -porcata Renziana – puntando, in realtà, negli anni  sempre e solo ad un tacito consenso che dal bicameralismo imperfetto si è riversato nella finta democrazia mascherata -ripeto – da demagogia dei numeri. Non è mai esistita una struttura ossea del concetto REALE di Stato e ciò ha permesso, alla stessa classe politica dirigente, di formarsi alla scuola del nulla più tetro, ribadendo il concetto limite degli stessi Padri fondatori che la norma non regolarizza ma sancisce. Noi, siamo nati da un bug (continuiamo con l’anglosassone perché no?), si direbbe oggi, più che da un programma distinto con punti saldi alla base e ciò a cui assistiamo ne è la risultante più logica e evidente. Gli stati del resto non si governano con i pater nostri e le caramelle finiscono in fretta anche per il popolo “liberato” soprattutto quando quest’ultimo è composto da “inconsapevoli” diabetici malati di quello zucchero che li porterà inesorabilmente alla morte e allora? Quali programmi senza progetto? quale formazione in campo potrà davvero avere l’ardire di affermare che il diverso è nel segno impresso nella cabina elettorale se – nel frattempo – si saranno rubati anche la matita per il voto? Non è una questione di schieramenti né ideologie; non è campanilismo e nemmeno una lotta tra guelfi e ghibellini. E Allora, cosa è? Semplicemente una serie di golpe voluti dalla BCE e da chi tiene in scacco l’entourage politico organizzativo, a mezzo dei giochi con le scatole cinesi: le stesse da cui è nato quel finto e claudicante progetto che si è riversato nella parola EURO. Votare il 4 marzo significa ribadire sic et simpliciter questo concetto; è la vittoria della post-demagogia sul buon senso, se vogliamo, anche comune; è la vittoria della strategia monetaria sui diritti, sullo stato sociale, sull’assistenza, sulla stessa ineguagliabile idea di Stato salvaguardata ed esportata nelle società civili per decenni a dispetto dei golpe Napolitano/Renzi /Gentiloni e di quant’altri nei paesi ricchi, poi divenuti grazie a questo “stragismo” poveri, si sono ribellati a quella formula falsamente diretta di approvvigionamento voti e consensi con chi poi sostenevano neppure di conoscere, una volta avuta la marchetta – pagata con cene e buoni di benzina – di “noi schiavi“ che li avevamo votati. Oggi a distanza di scarsi 17 giorni dal voto la situazione “porcellizzata” di un Renzi Berlusconi o Napolitano bis e tris non ci stupirebbe, perché continuando con queste logiche il naufragare non più dolce è a portata di voto.

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