Il risultato elettorale lascia francamente perplessi e non pochi sono i timori per un ritorno alle urne nei prossimi mesi, se non in giugno, massimo ad ottobre.
L’atmosfera è costruita sulle perplessità, animata da interessate e subdole riserve da parte degli uomini di uno dei due maggiori, non voglio scrivere grandi per non ingenerare equivoci, sconfitti.
Ho ascoltato casualmente Gasparri definire i consensi raccolti da Casa Pound e dal Popolo della Famiglia “dannosi per il centro destra”, quasi i sostenitori dei due raggruppamenti fossero turlupinati elettori di FI. Ho letto un intervento acido e carico di inutili sospetti di un esponente abitualmente equilibrato del minestrone berlusconiano. Romani, infatti, esclude, quasi a soggiogare, inciuci tra Salvini e Di Maio, come non fosse stato consacrato nel tempo e rilanciato con i “patti di desistenza”, disseminati nella Penisola, l’intesa tra Berlusconi e Renzi attraverso i buoni uffici di Verdini. Sull’edizione on line del foglio di famiglia, è apparsa una nota, costruita sulla sufficienza e sulla spocchia, a danno di Giorgia Meloni. Si è arrivati già a prevedere un futuro, sui banchi dell’opposizione, per i “patrioti” in caso di una maggioranza parlamentare, creata dal presidente Mattarella, diversa da quella di centro destra presentata agli elettori. A proposito dell’etichetta “patrioti” sarebbe utile e significativo che FdI la utilizzasse sistematicamente, così da conservare, rilanciare ed individuare la propria insopprimibile identità e sancire la propria autonomia.
Berlusconi, dopo le lunghe e farsesche sceneggiate sul nome del candidato premier, aveva gettato sul tavolo, determinata e risolutiva, la carta del fido Tajani ma ora deve ripiegare le sue ambizioni e schierarsi dietro e in subordine a Salvini. E’ problematico, a dirla con schiettezza, ipotizzare una soluzione del genere, di allineamento e di condizionamento per un autocrate della sua storia. Non per niente si è già parlato di “amarezza” per il sorpasso.
Il risultato delle regioni meridionali, poi, decreta la inequivocabile sconfessione della classe dirigente forzista (e pensare che Fitto nel dilettantesco “fuori onda” carpito, senza ammissioni di colpa, anticipava il disastro) e di sinistra (e De Luca?) degli ultimi decenni, un coacervo di disattenti e superficiali politicanti, incapaci di seguire e curare i bisogni, le necessità ed i problemi di una società costretta, con un voto disperato e dalle oscure prospettive, alla scelta grillina.
All’ approccio spocchioso e colonizzatore del gruppo dirigente berlusconiano è stata emblematica e squillante la risposta degli elettori campani alla candidatura di Sgarbi contro il meschinello Di Maio.