Precariato in aumento e ultracinquantenni al lavoro

 

Precariato in aumento e ultracinquantenni al lavoro

 

Gli ultimi dati comunicati dall’ISTAT sull’occupazione confermano l’aggravarsi dei lavori a tempo determinato e precari. Nel quarto trimestre del 2017 sono stati registrati 108.000 contratti a tempo determinato ma nel contempo ne sono cessati 34.000 a tempo indeterminato, e il totale dei contratti a tempo determinato è salito a ben 1.891.000 unità.

Da tener presente che il contratto a tempo determinato, secondo la legislazione fascista rimasta immutata fino a quando non è stata fatta modificare da una direttiva dell’Unione Europea, era previsto per determinate situazioni: sostituzioni di lavoratori assenti per malattia, maternità o altre cause oppure per l’effettuazione di lavorazioni particolari da concludersi in un determinato periodo di tempo.

Inoltre, vi erano limiti al loro rinnovo da giustificare motivatamente e, dopo un certo periodo di tempo, nel caso che si proseguisse con quel contratto nonostante fossero oggettivamente cessate le motivazioni originarie, si trasformava automaticamente in contratto a tempo indeterminato.

Questa concezione, che aveva solide basi giuridiche, è stato stravolto dall’Unione Europea e dai passivi esecutori dei governi italiani. La legge sull’occupazione emanata da Renzi (il cosiddetto job act) ne ha esteso e ratificata la pratica: e l’aumento costante di questi contratti è la conseguenza della cessazione degli sgravi contributivi previsti da quella legge. Cessati gli sgravi, è cessata anche l’occupazione a tempo indeterminato.

Oltre a ciò, poi, sono aumentati i lavori cosiddetti occasionali: lavoratori a chiamata, lavoratori intermittenti, lavoratori in somministrazione, insomma tutte fattispecie predisposte per impedire la stabilità del rapporto di lavoro. Stabilità che è necessaria, soprattutto ai giovani, per programmare la loro vita: matrimonio, casa, figli, formazione continua, progresso in carriera (questi due ultimi aspetti sono importanti perché altrimenti si ricomincia ogni volta da capo, magari in comparti economici diversi).

A complicare la situazione occupazionale dei giovani, ci si è messa anche la famigerata riforma pensionistica della professoressa Fornero in Deaglio (il marito, come il cognato, in gioventù avevano aderito a “Lotta Continua”…) la quale – allungando l’età pensionabile – ha impedito il normale ricambio (turn over, viene chiamato) delle forze lavorative con il risultato che i giovani o sono disoccupati o sono precari mentre aumentano gli occupati ultracinquantenni…

Questo è il risultato delle politiche liberiste al servizio delle multinazionali adottate dal governo del partito democratico. L’auspicio è che le forze politiche che hanno vinto le ultime elezioni politiche sappiano invertire questa perversa tendenza, la quale ha il risultato di non dare speranza ai giovani che sono spesso costretti ad emigrare, e di bloccare lavoratori anziani che avrebbero il diritto e il desiderio di andare in pensione magari dopo ben 40 anni di contribuzione lavorativa!

 

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