I parlamentari e il cambio di casacca

 

I parlamentari e il cambio di casacca

Se il buongiorno si vede dal mattino, anche questa legislatura – se durerà perlomeno un anno o due – si distinguerà per una caratteristica propria della politica italiana: quella del cambio di casacca.

Contrariamente a quanto annunciato un po’ da tutti in campagna elettorale, infatti, subito dopo il voto c’è stata una sorta di corsa ad accaparrarsi gli eventuali scontenti degli altri gruppi parlamentari. Sì, perché l’esito delle elezioni ha determinato una situazione talmente fluida, che, in qualunque direzione si vada, per formare un nuovo governo, all’interno dei diversi partiti o movimenti saranno in molti a restare con l’amaro in bocca e, dunque, a prepararsi non alle dimissioni, che cancellerebbero d’un colpo diritti e privilegi, ma al cambio di casacca.

Il primo a fiutare l’aria è stato, manco a dirlo, il più esperto in materia, Silvio Berlusconi, che, a urne ancora calde, ha subito corteggiato i malpancisti dei Cinquestelle, facendo sapere che le porte di Forza Italia erano aperte. Eppure, a più riprese e soprattutto in campagna elettorale, l’ex Cavaliere aveva tuonato contro i traditori, che cambiano colore in Parlamento, annunciando l’intenzione di modificare addirittura la Costituzione, per impedire ai parlamentari di saltare da un partito all’altro.

Se il buongiorno si vede dal mattino, anche questa legislatura – se durerà perlomeno un anno o due – si distinguerà per una caratteristica propria della politica italiana: quella del cambio di casacca.

Contrariamente a quanto annunciato un po’ da tutti in campagna elettorale, infatti, subito dopo il voto c’è stata una sorta di corsa ad accaparrarsi gli eventuali scontenti degli altri gruppi parlamentari. Sì, perché l’esito delle elezioni ha determinato una situazione talmente fluida, che, in qualunque direzione si vada, per formare un nuovo governo, all’interno dei diversi partiti o movimenti saranno in molti a restare con l’amaro in bocca e, dunque, a prepararsi non alle dimissioni, che cancellerebbero d’un colpo diritti e privilegi, ma al cambio di casacca.

Il primo a fiutare l’aria è stato, manco a dirlo, il più esperto in materia, Silvio Berlusconi, che, a urne ancora calde, ha subito corteggiato i malpancisti dei Cinquestelle, facendo sapere che le porte di Forza Italia erano aperte. Eppure, a più riprese e soprattutto in campagna elettorale, l’ex Cavaliere aveva tuonato contro i traditori, che cambiano colore in Parlamento, annunciando l’intenzione di modificare addirittura la Costituzione, per impedire ai parlamentari di saltare da un partito all’altro.

Tutto dimenticato in poche ore, ma questo non stupisce, perché parliamo di Berlusconi, che ha scordato spesso quanto dichiarato prima delle elezioni. Quello che meraviglia – e che ci fa prevedere un’altra legislatura all’insegna del cambio di casacca – è, piuttosto, quanto avviene all’interno del “rivoluzionario” Movimento 5stelle. Mentre il leader, Luigi Di Maio, tuonava contro le offerte, neanche troppo velate, ai parlamentari grillini e il neoeletto presidente della Camera, Roberto Fico, minacciava fuoco e fiamme contro i parlamentari “giravoltisti”, il gruppo senatoriale 5stelle, si dotava, infatti, di un regolamento interno, che apre, in modo chiaro, al tanto vituperato cambio di casacca: “Eventuali richieste di senatori provenienti da altri gruppi – recita il Regolamento dei 5stelle al Senato – potranno essere valutate, purché siano incensurati, non siano iscritti ad altro partito, non abbiano già svolto più di un mandato elettivo, oltre a quello in corso, e abbiano accettato previamente, e sottoscritto, il Codice etico”. Con buona pace di Di Maio e Fico. E, soprattutto, in barba ai tanti elettori, che hanno creduto di votare il cambiamento, barrando il simbolo con le cinque stelle.

Tutto dimenticato in poche ore, ma questo non stupisce, perché parliamo di Berlusconi, che ha scordato spesso quanto dichiarato prima delle elezioni. Quello che meraviglia – e che ci fa prevedere un’altra legislatura all’insegna del cambio di casacca – è, piuttosto, quanto avviene all’interno del “rivoluzionario” Movimento 5stelle. Mentre il leader, Luigi Di Maio, tuonava contro le offerte, neanche troppo velate, ai parlamentari grillini e il neoeletto presidente della Camera, Roberto Fico, minacciava fuoco e fiamme contro i parlamentari “giravoltisti”, il gruppo senatoriale 5stelle, si dotava, infatti, di un regolamento interno, che apre, in modo chiaro, al tanto vituperato cambio di casacca: “Eventuali richieste di senatori provenienti da altri gruppi – recita il Regolamento dei 5stelle al Senato – potranno essere valutate, purché siano incensurati, non siano iscritti ad altro partito, non abbiano già svolto più di un mandato elettivo, oltre a quello in corso, e abbiano accettato previamente, e sottoscritto, il Codice etico”. Con buona pace di Di Maio e Fico. E, soprattutto, in barba ai tanti elettori, che hanno creduto di votare il cambiamento, barrando il simbolo con le cinque stelle.

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