Lavoratori uccisi dal liberal-capitalismo

 

Lavoratori uccisi dal liberal-capitalismo

Anche nella scorsa settimana, ci sono state molte morti sul lavoro. E alcune di queste sono indubbiamente dovute alla scarsa manutenzione e attenzione: la fuoriuscita di un getto di acciaio fuso nella fabbrica di Padova delle “Acciaierie Venete” e il distacco di una lastra di metallo a Sovere (Bergamo) nel cantiere della ELTI, che hanno provocato gravissime ferite e morti, sono eventi prevedibili per il tipo di lavorazioni effettuate. Eppure, incidenti simili stanno succedendo con un impressionante crescendo.

Ricordiamo al riguardo che le leggi in vigore stabiliscono che l’imprenditore debba tutelare il lavoratore alle sue dipendenze, e non da poco tempo. Lo stabilì già il Codice Civile (emesso nel 1942, firmato da Benito Mussolini e tuttora vigente) che all’art. 2087 recita : “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Notate bene l’ultimo periodo: si parla, già allora, di “personalità morale”, cosa che verrà scoperta solo nell’ultimo decennio inventandosi le parole inglesi “mobbing” e “stalking”… L’art. 41 della Costituzione Repubblicana – che qualcuno chiama (erroneamente) “antifascista” – non usa questo termine ma lo nasconde dietro le parole “dignità umana”. Inoltre, nel 2008 fu approvato, dopo un lungo e costruttivo confronto con le Parti Sociali, il Testo Unico sulla sicurezza che stabiliva norme dettagliate e soprattutto l’istituzione nelle aziende dei “Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”. La vigilanza era affidata al Ministero del Lavoro che a sua volta avrebbe dovuto costituire una Commissione Nazionale per la Sicurezza sul Lavoro.

Perché allora accadono questi gravissimi incidenti? Per due ragioni principali. La prima è l’abuso degli appalti e dei subappalti, in modo che le responsabilità vengono scaricate dall’uno all’altro dei datori di lavoro, e le piccole aziende subappaltanti non hanno i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; la seconda, è l’utilizzo incontrollato di lavoratori precari e stranieri (non a caso, negli ultimi incidenti sono stati coinvolti romeni e croati). E’ noto che costoro non conoscono e non hanno la cultura sociale di pretendere l’applicazione corretta delle norme di sicurezza, perché la loro principale preoccupazione è quella di avere un’occupazione anche se poco retribuita nonostante il rischio che comporta (si parla di 1.100 -1.200 euro al mese). Insomma, l’immigrazione e il precariato forniscono le vittime predestinate agli infortuni sul lavoro: e gli imprenditori che li utilizzano spesso sfuggono alle loro responsabilità e conseguenze anche penali. Per il gravissimo incendio a Torino nello stabilimento della “Thyssens Krupp” dove morirono sette operai, ci sono state nel 2017 (dopo dieci anni!) pesanti condanne agli amministratori ma – essendo cittadini tedeschi – non sono state mai scontate, e probabilmente non lo saranno mai…

A monte, vi è poi la responsabilità politica (e morale) del Ministero del Lavoro, attualmente affidato ad un ex-comunista-capitalista della Lega delle Cooperative che brilla per la sua assenza anche in questi momenti e non fa funzionare come dovrebbe gli Ispettorati e la Commissione Nazionale per la Sicurezza sul lavoro.

Insomma, il liberal-capitalismo accumula utili sulla salute e spesso la vita dei lavoratori, agevolato indirettamente dalle “liberalizzazioni” in materia di rapporti di lavoro e dall’ignavia delle istituzioni che dovrebbero, in base alle leggi vigenti, vigilare e punire comportamenti pericolosi.

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